Siamo arrivati alla fine della giornata più faticosa che abbiamo affrontato fino a questo momento. Siamo nella stanza di un motel. Enorme. Tre camere, cucina e bagno. La stufa è al massimo e ci concediamo qualche momento di relax prima di prepararci per la cena e per andare a letto. Il motel è uno dei pochi esercizi commerciali del paese, insieme ad un supermercato e ad un paio di cafe.
Ci siamo svegliati la mattina congelati, dopo una notte in cui la temperatura è scesa fino a cinque gradi. Il freddo ci ha fatto dormire poco e male, ad eccezione dei bimbi che, con un sacco a pelo adatto alle basse temperature, hanno dormito come due angioletti.
Micky è la prima a svegliarsi e, per riscaldare un po’ l’ambiente ha messo a bollire dell’acqua raccolta nel fiume. Facciamo una abbondante colazione e ci laviamo nel fiumiciattolo. L’acqua gelata anestetizza i piedi, ma è una bella sensazione. La giornata è fredda, ma assolata. Ci mettiamo la crema solare protezione 50 per evitare scottature.
Raccogliamo le nostre cose e ci mettiamo in sella. Dopo pochi chilometri la strada inizia a salire. Inizialmente affrontiamo la salita sui pedali, dopo a spinta. Il Miche accusa, noi cerchiamo di tirargli su il morale con canzoni e giochi. Dopo due ore non abbiamo percorso ancora dieci chilometri. È frustrante avere questo ritmo. Se continuiamo così difficilmente riusciremo a percorre i cinquanta chilometri che ci separano da Cheviot.
Non ci diamo per vinti, aumentiamo il numero delle pause per far mangiare i bimbi in modo che abbiano le giuste energie. Intanto poco oltre il guard rail degli alberi di ciliegio colmi di frutti. Il Miche ed io gridiamo al resto della compagnia, poco più avanti, di aspettarci, quindi scendiamo di bici e facciamo una scorta di ciliegie rossissime e succosissime. La scoperta delle ciliegie porta un po’ di euforia, specialmente nel Miche che ha trovato il suo frutto preferito, e serve ad alzare un po’ il morale.
Pedaliamo e spingiamo per un’altra ora prima di fermarci a pranzo in una piazzola. Un tavolino e due panchine ci permettono di mangiare comodamente. Lenticchie, tonno, pane e salame, mele e ciliegie. Una coppia di cicloturisti che proviene dalla direzione opposta alla nostra invece e si ferma. Marysa, canadese, e il suo fidanzato Thane, inglese stanno girando la Nuova Zelanda in bicicletta il più leggeri possibile. poche cose dietro e biciclette da corsa. Ci chiedono informazioni su come ci organizziamo per avere tutto dietro e per non far mancare niente ai bimbi. Li invitiamo a mangiare con noi, ma hanno mangiato da poco. Dopo quattro chiacchiere e un selfie di gruppo ci salutiamo.
È ora di ripartire. Mancano circa trenta chilometri a Cheviot e, se sono complicati come quelli percorsi fino ad ora, dobbiamo iniziare a pensare a delle alternative. Cibo ne abbiamo in abbondanza, abbiamo la tenda, non abbiamo molta acqua, ma è pieno di fiumi quindi non sarebbe un problema.
Proseguiamo misurando il grado di stanchezza e capendo di conseguenza cosa fare. Il fatto che i bimbi ridano per niente e su cose senza senso è indice di stanchezza, quindi ogni quaranta minuti ci fermiamo per far mangiare loro qualcosa e riprendere fiato.
Finalmente alle sette di sera vediamo il cartello Cheviot. Siamo arrivati.
È tardi per metterci a cercare un posto per piantare la tenda, e il motel del paese può fare decisamente al caso nostro. Ai bimbi piace meno rispetto a dormire in tenda, ma un po’ di comodità al termine di tanta fatica non ci fa male e poi è possibile riposare sicuramente meglio.
Mentre i bimbi e Micky fanno la doccia io vado al supermercato. Stasera fettine di maiale alla griglia e fagiolini lessi con maionese.
Una bella cena e collassiamo nel letto. Domani ci aspettano circa sessanta chilometri che dovrebbero essere prevalentemente in salita, ma con delle salite alla nostra portata.