Il Giappone, un paese tanto lontano quanto affascinante. Ci è entrato dentro da piccoli con i cartoni animati e non ci ha più abbandonato. In un cassetto nel nostro cervello c’è già tutto. I templi, con i monaci e i loro riti, come il vecchio Sakurambo di Lamu. Le campagne verdi di Sampei. I dorayaki, i dolcetti di cui era ghiottissimo Doraemon, e gli onigiri, polpette di riso bianco ripiene di salmone, tonno o altro, che nei cartoni animati si portavano a scuola come merenda. Per non parlare delle divise degli scolari.
E’ giunto il momento di aprire quel cassetto e respirare, vivere, assaporare il più possibile di questo meraviglioso Giappone. Pedaleremo tra campagne, villaggi di contadini e di pescatori e terme naturali, ma anche città storiche e metropoli ultramoderne.
Partenza da Milano Malpensa alle 15:15, un volo di oltre 12 ore e arrivo a Tokyo Narita alle 10:35 locali, le 03:35 italiane. Scendiamo dall’aereo e una hostess giapponese con una vocina da cartone animato offre, ad ogni passeggero, un sorriso e un saluto di benvenuto, in giapponese.
L’aeroporto è pulito ed ordinato come ci possiamo aspettare. Abbiamo il primo impatto con i wc giapponesi, pieni di bottoni che presto impareremo a conoscere ed utilizzare. Hanno tre diversi getti di acqua per lavare, un getto d’aria per asciugare. È possibile riprodurre un sottofondo di acqua che scende, per coprire eventuali rumori imbarazzanti e deodorare l’ambiente.
Ritiriamo le bici e, neanche il tempo di prendere confidenza con l’ambiente, che occorre prendere un autobus che ci conduce ad un altro terminal per prendere un volo interno per Fukuoka.
Al check in siamo costretti a fare il solito gioco delle tre carte per i pesi di bagagli a mano e biciclette. Il bagaglio a mano può pesare al massimo 7 kg e noi abbiamo una media di 8,5 kg a testa. Le biciclette possono pesare al massimo 20 kg e, forse quella di Micky ci rientra, mentre le altre, avendo riempito le sacche con borse, attrezzi, medicinali e altro superano i 20 kg in scioltezza. Carta vince carta perde, e pesiamo ciò che vogliamo. Check in superato!
Ormai sicuri di non avere più intoppi, avendo già fatto i controlli di sicurezza a Malpensa, rimaniamo bloccati ai controlli di sicurezza. Fortunatamente siamo in abbondante anticipo; dopo oltre mezz’ora di attesa veniamo liberati anche se il set di riparazioni rimane orfano di una pinza rimasta in aeroporto a Tokyo, tra mille scuse di una gentilissima signora.
Poco più di due ore di volo, un po’ ballerine a causa di un temporale che ci ha fatto sobbalzare per un bel po’, e arriviamo a Fukuoka. Ritiro e montaggio bici e via verso l’albergo.
Appena arrivati per strada facciamo un ripasso sulle regole da tenere. In Giappone si guida a sinistra. Poco meno di quattro chilometri e siamo nel nostro ryokan, un albergo tradizionale giapponese che ci porta in un altro mondo e in un altro tempo.
Le scarpe rimangono all’ingresso, dentro si gira in calzini o in ciabatte rese disponibili per gli ospiti e disposte in una ordinata fila.
Il signore dell’albergo non conosce una parola di inglese. La comunicazione avviene a gesti, interrotti di tanto in tanto da occhioni sgranati stampati nella faccia del signore dell’albergo e una X fatta con le mani per indicare che non aveva capito una parola.
La stanza è minimal. I futon per terra piegati con cura, due kimono piegati e adagiati sul futon e un tavolino con l’occorrente per un tè tradizionale, diversissimo dal nostro. Dudu e il Miche, ovviamente dormiranno in kimono.
È già tardi, e dopo quasi un giorno e mezzo che non dormiamo siamo distrutti. Cena comprata in un mini market a base di onigiri al tonno, frittate di gamberi e carne e zuppa. Poi a letto.
Domattina bagno caldo tradizionale nel ryokan e poi a prendere i treno per Beppu, da dove inizieremo, finalmente, a pedalare.