Due giorni per ricominciare a sognare. Tanto ci è voluto per trasferirci dall’estremo nord della Lapponia fino a Pori, da dove il viaggio è ripartito, acquisendo nuova linfa.
Ora siamo a Irjanne, un piccolo villaggio di 300 anime tra i campi coltivati a cereali e patate, in una vecchia casa contadina del 1820; è completamente in legno e soprattutto è tutta per noi. L’arredamento è povero, ma è bello così. Due enormi stufe a legna, una nella grande camera, dove dormivano numerose persone, e una nella sala servono per riscaldare le fredde serate invernali. Un vecchio pavimento fatto di tavole, pitturate con una vernice grigio chiaro, cigola ad ogni nostro passo. Le finestre, bianche, con inglesine, si affacciano sul giardino impreziosito da vecchi alberi di melo carichi di frutti rossi come quelli disegnati dai bambini
Abbiamo lasciato ieri mattina Karigasgemi. I rimpianti non servono a niente, ora c’è da mettere a fuoco il percorso che faremo lungo “l’Archipelago Trail”. Lasciamo il campeggio e andiamo ad aspettare l’unico pullman giornaliero che porta a Rovaniemi; parte alle 10:50 in punto. C’è un po’ di preoccupazione sul fatto che si riesca a caricarci tutte e quattro le bici.
Arriva il pullman. L’autista, un tipo magro sulla sessantina, con due baffetti brizzolati e il viso segnato dalle rughe, scolpite dalle dure condizioni climatiche di queste parti, ci viene incontro con un sorriso stampato sul volto. È un ottimo biglietto da visita. Significa che non ci farà storie per bici e bagagli. Lo aiuto a caricare le bici e le fisso con una cinghia all’intelaiatura del portabagagli affinché non si possano muovere. Saliamo in pullman e partiamo. Ripercorriamo in senso contrario i circa quattrocentocinquanta chilometri che ci separano da Rovaniemi, prima lungo la 92, poi lungo la E75.
Dal finestrino insieme ai luoghi da dove siamo passati vediamo scorrere scene di un viaggio vissuto; le gioie e le emozioni, la fatica e il sudore, i locali, le casette nel bosco, le renne, i laghi e le foreste. Siamo pervasi da un miscuglio di emozioni e nostalgia.
Arriviamo a Rovaniemi alle 17:30. Otto gradi. È decisamente freddo. Prendiamo le bici e andiamo a prendere possesso della nostra stanza, nella dependance di un hotel centrale. Decisamente bruttina. Sette letti, una piccola cucina e un bagnetto; l’arredamento è sciatto e usurato, ma è pulita.
Per poche ore andrà benissimo; partiremo prima delle cinque del mattino per andare a prendere il treno in direzione Pori.
Lasciamo la stanza per un giro in centro. Siamo in Finlandia da diciassette giorni e non abbiamo ancora avuto occasione di andare a mangiare in un ristorante. In generale non siamo amanti del cenare fuori, ma questa è l’occasione giusta; saluteremo la Lapponia come si deve.
I negozi sono chiusi, dato che qui alle 18 in punto le saracinesche si abbassano. Facciamo un giro per scegliere il ristorante che ci ispira di più per mangiare qualcosa di cucina tipica lappone. La scelta è piuttosto semplice; i locali che offrono una cucina tradizionale sono tre o quattro. Alla fine abbiamo scelto il ristorante Nili. Il locale si presenta un po’ kitsch, con lampadari fatti di corna di renna, pelli di orso appese, e tutto quello che si può immaginare per scimmiottare uno stile lappone, che in realtà non esiste. Il cibo è decisamente buono e ben presentato. Il menu spazia da piatti a base di carne di orso, renna, o manzo locale a piatti a base di pesce quali salmone e coregone di fiumi e laghi locali. Il servizio è impeccabile. Una cameriera in abiti tradizionali ci porta del pane di segale abbinato a burro salato, ci spiega i piatti e ci prende le ordinazioni.
Crostini con mousse di salmone per tutti, poi Dudu ed io dividiamo due piatti: uno a base di renna e purè di patate e un filetto con patate arrosto e salse varie. Filetto anche per il Miche e coregone per Micky. Una cena eccellente.
La mattina successiva la sveglia è alle quattro e dieci. Prima delle cinque dobbiamo essere fuori per andare a prendere il treno. È meno freddo del previsto. Due chilometri di pedalata in una Rovaniemi deserta e siamo in stazione. Il treno è già sul binario. Sistemiamo le bici e ci mettiamo seduti. Cinque ore e mezzo per attivare a Tampere, da dove passiamo per la terza volta in venti giorni, dopodiché un’altra ora e mezzo per Pori.
Il tempo di confondermi e scendere una stazione prima, salvo poi straziarmi una gamba con il pedale per rientrare sul treno, e siamo arrivati.
Ora ci sono da pedalare circa quarantacinque chilometri prima di concludere la giornata, anche se non abbiamo ancora definito dove dormiremo.
Usciamo da Pori sotto una pioggia battente e siamo subito in aperta campagna. Il panorama è diverso rispetto a quello visto fino ad ieri. Non si vedono più renne e ai nostri lati le fattorie e i campi coltivati a segale e avena si alternano ai boschi e agli allevamento di mucche che, anche se non si vedono si fanno sentire dall’odore.
Il Miche ha un forte prurito al petto. Ci fermiamo e guardiamo bene cosa possa avere. Ha uno sfogo di bollicine su tutta la parte superiore del corpo. Una spalmata di Nivea e stasera vedremo come sta. Pensavamo di dormire in tenda, ma non sapendo come evolverà lo sfogo cutaneo del Miche, decidiamo di trovare un posto dove dormire. L’unica soluzione è una casa sul portale Airbnb.
Alle 18 siamo a Irjanne. Entriamo nell’aia della fattoria in cui abbiamo preso la casa. Una bambina bionda, con la carnagione chiarissima, esce da una casa con degli asciugamani in mano. Ci guarda timidamente, ci saluta, abbassa la testa e corre in casa. Esce suo padre ad accoglierci. Una persona che emana positività. Ci spiega come funziona la casa e ci saluta dicendoci che deve correre a lezione di yoga e che tornerà alle nove per assicurarsi che vada tutto bene.
Ci sistemiamo in questa vecchia casa che ci porta in un’altra epoca e in un altro mondo. Un vecchio pianoforte, il profumo di legno, le posate per mangiare come non se ne vedono più. Passiamo una serata piacevole.
Appena distesi nel letto ci addormentiamo all’istante, questa volta con il buio, dopo tanti giorni in cui la notte non era più scura.