Siamo in una casetta in affitto in un villaggio di pescatori all’interno della riserva di Laem Son. Un villaggio di persone semplici, e cortesi che, anche in presenza di una comunicazione al limite del l’impossibile, cercano di farsi capire e di farci sentire il calore della loro piccola comunità.
È stata la giornata più dura da quando siamo arrivati. Cinquanta chilometri di ripetute pedalando lungo saliscendi decisamente impegnativi. Fortunatamente un cielo leggermente velato ha fatto si che la temperatura fosse piacevole.
Ci svegliamo nel nostro resort con mini parco acquatico. La colazione non è compresa, per cui ci siamo organizzati con del latte soia al cioccolato e qualche merendina, prefiggendoci di fermarci al primo negozio.
Carichiamo le bici e saliamo in sella. Una piccola sosta per salutare la signora del resort, che ci invita a fare colazione. Ci offre una bel piatto a base di uova, würstel, e del pane con burro dolce, accompagnati da caffè per me e cioccolato per Micky, Dudu e il Miche. Un gesto gentile.
Ringraziamo di cuore e ci mettiamo in viaggio. Il percorso si fa subito duro. Saliscendi impegnativi si susseguono ininterrottamente. I muscoli delle gambe bruciano, io aiuto un pochino il Miche spingendolo nelle salite.
Ci femiamo dopo una ventina di chilometri ad un piccolo negozio. Una signora sta confezionando una specie di caramelle, che, se abbiamo capito bene i suoi gesti, fanno bene alla gola. Sono davvero terribili, ed in più hanno il nocciolo. Ce ne regala una piccola confezione. Facciamo una seconda colazione a base di latte di soia e dolcetti locali e ripartiamo. Il negoziante ci viene incontro a salutarci e ci regala delle bottiglie d’acqua per il viaggio.
Intanto inizia una lunga e ripida salita. Scendiamo per spingere la bici, ogni passo che facciamo è uno in meno da fare. Una Mercedes ci suona e ci affianca. È l’avvocato conosciuto ieri che ci è venuto a salutare. Ci attende alla fine della salita e ci chiede dove dormiremo. Ci promette che ci verrà a trovare e se ne va.
Riprendiamo il nostro percorso di saliscendi concedendoci qualche pausa merenda. Arriviamo nel primo pomeriggio in un piccolo villaggio di pescatori. Qualche casa e un porticciolo. Dovremmo dormire qui, ma non sembra esserci niente che possa assomigliare ad un posto in cui passare la notte. Imbocchiamo una stradina privata, lì una casa corrisponde alla descrizione che abbiamo. Non c’è nessuno, ma è aperta. Entriamo. Dei post-it, attaccati al muro, scritti in inglese, ci indicano come funziona, altri sono frasi ricordo delle persone che ci hanno preceduto, quasi tutti in thailandese.
Come vicini di casa abbiamo una famiglia di pescatori al completo, dai nonni ai nipoti. Sono gentili, sorridono tanto e cercano di parlare con noi, anche se la comunicazione è davvero impossibile. Per quanti sforzi facciamo, proprio non riusciamo a capirci, ma ci sorridiamo, a vicenda, un monte 🙂
Ci portano dell’acqua e del caffè. Sono incuriositi da noi. Ci osservano in ogni cosa che facciamo, quasi da farci sentire a disagio, ma non lo fanno per invadenza, ma semplicemente per curiosità.
Dopo la doccia e un po’ di lavoro/relax/compiti decidiamo di andare a mangiare. Prendiamo le bici; quella di Micky ha una gomma a terra. Durante la riparazione si presenta l’avvocato, insieme a suo fratello e a sua mamma; ci fa il gesto di mangiare. Andiamo volentieri, anzi, ci farebbe piacere invitarli.
Prendiamo le bici, mentre loro ci seguono in auto. Ci indicano un ristorante. È un ristorante islamico che segue le regole halal. Ci sono delle piccole isole con tavoli bassi da quattro persone in cui si sta seduti per terra. Tutti ci sorridono e ci salutano. Con la nostra compagnia cerchiamo di parlare di tutto. Cercano di capire la nostra cultura, così come noi cerchiamo di capire la loro. Un altro signore si unisce al tavolo con noi. Deve parlare di lavoro con l’avvocato, ma cena con noi e cerca di interagire.
L’avvocato ci fa capire che conosce tutti, almeno fino a Krabi, dove concluderemo il nostro viaggio; per cui, se abbiamo bisogno di qualcosa non dobbiamo esitare a contattarlo. Davvero cortese, ma non ci spieghiamo come mai abbia amici ovunque e tutti lo salutino calorosamente. Per un momento pensiamo che sia un importante esponente della malavita locale.
C’è una maniera per sapere chi sia. Semplice. Glielo chiediamo. Ci mostra una foto di Arnold Schwarzenegger e, gensticolando, ci comunica: “Lui California, Trump America, io qui”. È il governatore della provincia in cui siamo. Digitando il suo nome su internet ci fa vedere la sua foto con vari personaggi e associazioni. Abbiamo conosciuto una brava persona, con la sua famiglia, per giunta anche importante.
Finita la cena rimaniamo a parlare un pochino, dopodiché ci salutiamo.
Dobbiamo tornare al nostro villaggio di pescatori. Domani ci aspettano circa sessanta chilometri.
Comments
1 commentoGiovannella
Gen 5, 2019A quale compagnia apparteneva la”pompa” di benzina….Total,Q8…..o Esso?😁😁😁😁😁