Siamo in una cabin nella Smiths Farm, una fattoria che offre anche ospitalità, dopo una giornata bella, intensa e lunghissima.
Ci svegliamo alle sei nel nostro primo bivacco neozelandese. Fuori si alternano acquazzoni a pioggerellina fitta. Siamo in mezzo ai monti dove non c’è niente ed abbiamo un programma piuttosto fitto, pertanto in qualche modo dobbiamo muoverci.
Ci occupiamo della colazione nella speranza che le condizioni meteo migliorino. Abbiamo una tisana fatta la sera prima e conservata in una bottiglia termica, ancora caldissima, accompagnata da biscotti e barrette varie. Ci godiamo la colazione chiacchierando e scherzando, protetti dalla nostra casina portatile, mentre fuori sembra che da un momento all’altro debba passare Noè con l’arca.
Il tempo non accenna a migliorare. Decidiamo di darci un limite. Alle otto ci muoveremo, raggiungeremo il primo locale dove consumare qualcosa di caldo, e decideremo il da farsi. Pedalare per sessanta chilometri sotto il diluvio non può essere un opzione accettabile, almeno per i bimbi.
Smontiamo la tenda e ci mettiamo in sella. La pioggia negli occhi è fastidiosa. La preoccupazione più grande è gestire l’umore del Miche, che se c’è una cosa che lo mette in crisi, è pedalare con la pioggia.
Sembra rilassato e tranquillo. Lo abbiamo caricato a dovere, anche se il suo umore peggiora con l’aumentare dei chilometri percorsi. Inoltre ci si mette anche una brutta caduta in discesa, fortunatamente senza gravi conseguenze. Comunque è urgente trovare un posto in cui fermarci. Sappiamo che a sette chilometri c’è un paesino; potrebbe fare al caso nostro.
Arriviamo nel minuscola paese. Una stazione di servizio, un negozio di agraria che serve le numerose fattorie dei dintorni, un locale e poco altro. Entriamo nel locale. Una specie di caffetteria che serve anche panini e torte salate.
Il personale è gentilissimo. Ci accampiamo ad un tavolo per quasi tre ore, mentre ci rifocilliamo ci riscaldiamo e carichiamo i vari dispositivi. Intanto la pioggia cala notevolmente. Ora piove ad intermittenza con qualche sprazzo di sole.
Decidiamo di ripartire. Il morale ora è piuttosto alto. Puntiamo verso Havelock, obiettivo minimo della giornata, ad una trentina di chilometri da noi. Poi decideremo se percorrere gli altri quindici chilometri che ci porterebbero al posto dove abbiamo pianificato di dormire.
Prima di Havelock ci concediamo solo una pausa nei pressi di un fiume dove nel 1860 una signora che stava facendo il bucato ha trovato delle pepite d’oro. Successivamente la zona ha richiamato cercatori d’oro da tutto l’impero britannico.
Havelock è una piccola cittadina nella regione di Marlborough in fondo a Pelorus Sound. I sound sono i fiordi neozelandesi. Entrando in in Havelock siamo colpiti da una serie di uccelli acquatici simili a cigni, completamente neri. Mi è subito venuta alla mente la teoria del cigno nero, che ho più volte raccontato a Dudu, tanto che ormai la conosce perfettamente.
—————- Angolo Alberto Angela —————-
Il cigno nero, è una specie di uccello scoperto in Australia verso la fine del Seicento. La sua scoperta inaspettata e la sua rarità lo hanno reso il protagonista di una metafora. Con l’espressione “cigno nero” si intende un evento raro, isolato, imprevedibile e inaspettato (che può essere sia positivo, sia negativo). Il filosofo e matematico libanese Nassim Nicholas Taleb ha elaborato una vera e propria teoria descritta Il cigno nero – Come l’improbabile governa la nostra vita. Spiega come la storia, ma anche la nostra vita stessa, siano segnate da avvenimenti sorprendenti, a cui diamo spiegazioni che spesso si dimostrano poco efficaci.
Un Cigno Nero ha le seguenti caratteristiche:
- l’evento è una sorpresa;
- l’evento ha un effetto spropositato;
- dopo la prima registrazione dell’evento, è razionalizzato dal senno di poi, e si vede se poteva essere predetto in qualche modo. Nella maggior parte dei casi la risposta è senza dubbio positiva.
———— Fine Angolo Alberto Angela ————
Arriviamo a Havelock, che si autodefinisce capitale mondiale delle cozze. La cittadina, che non arriva a cinquecento anime, ha concentrato tutte le proprie attività sulle cozze. Negozi, ristoranti e persino un museo.
Intanto ha smesso di piovere. Facciamo la spesa nell’unico mini market e proseguiamo verso Linkwater, la nostra meta finale. Costeggiamo il sound per per poi tagliare verso la campagna. Ci sono fattorie con mandrie al pascolo; migliaia di capi.
Una volta a Linkwater non ci resta che trovare un posto dove piantare la tenda. Il problema è che tutti i campi sono recintati per il pascolo. Non riusciamo a trovare uno spazio, anche minimo per sistemarci. Continuiamo a pedalare, ma al massimo alle sette dobbiamo aver trovato il posto: dobbiamo cucinare e sistemarci prima che cali l’oscurità.
Non c’è alcun posto dove bivaccare, ma fortunatamente troviamo una specie di campeggio. Una fattoria che integra i propri introiti offrendo spazi per la tenda e affittanti cabin. La differenza economica è esigua pertanto prendiamo una cabin per la notte. È sicuramente più confortevole e calda della tenda.
Mentre prepariamo la cena apriamo la tenda per permetterle di asciugare un minimo. Ceniamo mentre riprende a piovere intensamente. Dopo una giornata lunga e faticosa è ora di andare a letto.
Davanti a noi si apre un campo enorme. Gruppi di persone con la torcia in mano o sulla testa camminano tra l’erba alta del campo e spariscono in direzione del bosco. Vado a chiedere dove vanno, giusto per curiosità. Mi dicono che a mezz’ora di cammino, nel bosco, c’è una cascata e ci sono pareti intere di gloworms, degli insetti bioluminescenti.
Anche se abbiamo preso pioggia in abbondanza decidiamo di andare anche noi. Prendiamo da luce della bici come torcia, una mappa che era in camera ed andiamo. Il percorso attraversa diversi prati. Passiamo nel mezzo ad una mandria di mucche che al nostro passaggio si apre per cederci il passo, dopodiché iniziamo a salire nel bosco. È buio e il terreno, reso fangoso dalla pioggia, è scivoloso. Avanziamo con attenzione attraversano più volte dei corsi d’acqua, quando ad un certo punto, davanti a noi, notiamo che le pareti sono tutte illuminate.
Migliaia di lucine bianche ci regalano uno spettacolo incredibile. Difficile da descrivere. Sembra un presepe. Non abbiamo mai visto niente del genere. Proviamo a fare delle fotografie, ma vengono completamente buie; ci porteremo nel cuore questo spettacolo.
Ora davvero possiamo tornare alla nostra cabin e dormire. Mezz’ora di viaggio, ancora sotto la pioggia, una doccia calda e poi tutti a letto. Felici.