Siamo a Greta Valley in una piccola e sporchissima cabin. L’arredamento è spartano, vecchio e consumato, la moquette è sporca, così come i copriletto. I letti hanno le lenzuola a fiorellini o a righe, inusuali per una struttura ricettiva, dove di solito la biancheria è rigorosamente bianca. Le coperte sono di lana, spesse e pesanti che, da sempre, mi danno un maggiore senso di protezione, rispetto ai più leggeri e caldi piumoni.
Dovevamo essere a Waipura, circa venticinque chilometri più avanti, invece, al termine di una giornata in cui abbiamo combattuto come leoni, ci siamo arresi alla manifesta e schiacciante superiorità della natura sul cicloviaggiatore, o almeno su noi quattro cicloviaggiatori.
I segnali negativi sono evidenti, sin dal mattino.
Ci svegliamo nella spaziosissima e caldissima camera del motel di Cheviot. Abbiamo dormito bene e profondamente per tutta la notte. Facciamo colazione con porridge, latte e cereali. Andiamo in bagno a lavarci, ma manca l’acqua, così come la corrente. Esco per andare a informare l’anziano signore, dall’aria da perfetto inglese, che gestisce il motel. Lui mi anticipa venendomi incontro. Sta avvisando tutti gli ospiti che, a causa del forte vento, un albero è caduto su un traliccio della corrente abbattendolo.
Ci laviamo nel giardino con l’acqua del pozzo, tanto per cambiare, carichiamo le bici e partiamo. Prima sosta al supermercato. Dobbiamo comprare il pranzo perché, per almeno quaranta chilometri non troveremo un alimentari, un bar né una casa. Solo strada e colline di pascoli e di grano. Arriviamo davanti al supermercato che è ovviamente chiuso a causa del blackout; manca la corrente a tutto il paese. Per il pranzo dovremo arrangiarci; una scorta di cibo la abbiamo sempre.
Ci mettiamo in strada. Sentiamo subito che è complicato pedalare. Il vento è fortissimo, come non lo abbiamo mai sentito. Micky il Miche e Dudu sono scaraventati più volte per terra, mentre io faccio molta fatica a resistere alle raffiche che ci spingono sul prato alla nostra sinistra. Il vento è talmente forte che a tratti occorre pedalare anche in discesa.
È dura. Ci ripariamo dietro dei grossi alberi per mangiare qualcosa. Un ragazzo in bicicletta si ferma con noi. Ha gli occhi rossi dal vento e si mette silenzioso seduto in terra. Gli offriamo un po’ del nostro cibo, ma rifiuta ringraziandoci; ha fatto colazione da poco. Riprendiamo il viaggio, salutandoci, tanto è certo che ci saremmo rivisti.
Più avanti degli alberi stracolmi di frutta richiamino la nostra attenzione. Uno è un albero dalle foglie rosse con dei frutti rosso scuro, identici alle ciliegie, tanto che penso possa essere una qualità di ciliegie. Assaggiandole sono una specie di incrocio tra una ciliegia e una susina, comunque buonissime. L’altro albero è un susino che produce delle susine piccole e gialle. Ne facciamo una bella scorta, mentre il viaggiatore solitario passa ancora salutandoci.
Carichi di frutta ci rimettiamo in sella. Il viaggiatore solitario è seduto sul ciglio della strada con il telefono in mano che guarda all’infinito. Un cenno e passiamo. L’ennesima forte folata di vento fa cadere Micky dalla bici, fortunatamente senza serie conseguenze.
In lontananza il viaggiatore solitario non è più solitario. Si ferma accanto a noi; con lui una ragazza dai tratti orientali con una bicicletta gialla, decisamente vissuta e carica di bagagli. Micky la riconosce subito.
È Jin, una ragazza sudcoreana che da dal 1 Settembre 2011 è in giro per il mondo in bicicletta. Durante un soggiorno per lavoro in Canada ha visto l’aurora boreale; quel momento le è stato di ispirazione per cambiare vita e intraprendere un lungo viaggio in giro per il mondo. È una vera rockstar del cicloturismo e Micky è una sua accanita follower su Instagram, tanto da chiamarla scherzosamente “la mia fidanzata”.
Abbiamo salutato Jin che subito ha voluto una foto ricordo con noi e condividere un pezzo di strada con noi. In questi ultimi otto anni le è capitato di pedalare con tante persone, ma mai con i bambini, quindi è molto felice di pedalare con due giovani cicloviaggiatori.
Jin apre il gruppo, poi il Miche, Micky, Dudu, io, e a chiudere la fila il suo amico neozelandese. Percorriamo una decina di chilometri insieme, sempre sotto uno sferzante vento. Fortunatamente ora la strada è prevalentemente pianeggiante. Per noi arriva l’ora di pranzo. I bimbi, che hanno un metabolismo da colibrì, richiedono del cibo, quindi, salutiamo Jin e il suo amico e ci fermiamo al riparo di grossi alberi a mangiare.
Finalmente il vento inizia a calare, ma non sappiamo se possa essere interpretato come un buon segno o meno. Minacciosi nuvoloni di addensano sopra le nostre teste.
Appena ripartiamo inizia a piovere, prima piano, poi sempre più forte. È una pioggia gelata che ci fa entrare subito il freddo. Ormai è certo che non riusciremo ad arrivare a Waipura, mancano ancora trentacinque chilometri per lo più collinari. Tra quindici chilometri c’è Greta Valley, dove possiamo fare un po’ di spesa e piantare la tenda. Arrivare lì entro le quattro è diventato il nostro obiettivo poiché per Google a quell’ora chiude il cafe, la nostra unica possibilità di comprare qualcosa da cucinare con il fornellino.
Canzoni e giochi aiutano a non pensare al freddo. Alle 15:15 mancano ancora sei chilometri, per lo più di salita. Decidiamo che, per non rischiare di trovare il cafe chiuso, mi avvio per comprare quel che è possibile.
Arrivo a Greta Valley congelato. Il Fossil Gallery Cafe è ancora aperto. Ai tavoli ci sono persone che consumano tè con delle enormi fette di torta. Entro gocciolante. Chiedo scusa per il fatto di bagnare ovunque mi appoggi e domando che ore chiude, anche se è evidente che non chiude alle quattro. Una signora gentile mi dice di non preoccuparmi, il locale chiude alle nove. Ordino una birra neozelandese “Three Boys” e mi siedo in una poltrona ad aspettare il resto della compagnia che arriva venti minuti dopo infreddolita. Qualcosa di caldo ci aiuta riscaldarci. Compriamo anche del miele di Manuka, relativamente a buon prezzo, anche se poi scopriamo che il prezzo sale in base alla quantità di un principio curativo, che è riportata sull’etichetta.
È deciso, rimaniamo a Greta Valley. È pur sempre un viaggio di piacere, e rischiare che qualcuno si ammali non è una opzione saggia. A questo punto dobbiamo trovare un mezzo per spostarci il giorno dopo a Christchurch. Le previsioni sono pessime, e fare ottanta chilometri in quelle condizioni sappiamo che è impossibile. Compriamo i biglietti della linea Intercity che alle 11:40 ci porta a Christchurch. Alle 13:10 saremo lì e avremo la possibilità di visitare la città. Comunque un’opzione interessante.
Dietro al cafe c’è un piccolo campeggio che affitta le cabin. Salutiamo la signora, promettendole che saremmo tornati per cena e andiamo a cercare di avere una cabin per la notte, in modo da poter asciugare tutto quel che indossiamo. La proprietaria ci accoglie con fare gentile. Paghiamo e ci accompagna alla nostra orrenda stanza. Il tempo di sistemarci e di fare una doccia che torniamo al cafe. Su di un tavolo da quattro c’è un biglietto con su scritto: “reserved Italian cycle family”. Ci piace. Fish & Chips per tutti e una pizza pollo affumicato mozzarella e marmellata di lamponi. 😱 Per ogni pizza di questo tipo sfornata muore un maestro pizzaiolo napoletano.
Mangiamo in fretta e andiamo a letto. Il Miche è distrutto e ha bisogno di una bella dormita al caldo, come tutti noi. Domani ci attende una giornata di relativo scarico per le gambe.
Comments
1 commentoSiriana
Dic 22, 2019Buongiorno “italian cycle family” ! Il Natale si avvicina (anche se vi avevo immaginato “immersi” in una gradevole estate australe…..ma siete più vicini all’Antartide che alla Terrazza Mascagni !) e quindi tanti tanti AUGURI a tutti voi, un BACIONE AI BIMBI e un sentito grazie….con il vostro “diario di bordo” mi appassiono e sogno.
Siriana
Alessandro Falleni
Dic 22, 2019Buongiorno Siriana, il Natale si avvicina, qui ancor di più. Il Miche ci scandisce le ore che ci separano dalla notte di Natale. Chissà se Babbo Natale riuscirà a trovarci anche da queste parti? 😊 Tanti auguri da tutti noi e in particolare da Dudu, che con la sua esuberanza è un elemento trainante della compagnia. Grazie per l’apprezzamento a questo diario, che vuol essere, per noi una memoria futura, per chi ci conosce una condivisione delle nostre esperienze, e per tutti la testimonianza, e magari qualche spunto, di un modo diverso di viaggiare con i bambini.