Siamo tra Ranong e kapoe, pochi chilometri più a sud rispetto a ieri, ai bordi della riserva naturale di Laem Son.
Laem Son è l’area costiera protetta più estesa della Thailandia che comprende oltre cento chilometri di costa. Qui sono si possono ammirare, spiagge selvagge, barriere coralline, paludi di mangrovie e una giungla.
La tappa di oggi è brevissima, ma abbiamo in programma di visitare la riserva naturale e di passare un po’ di tempo nella spiaggia incontaminata di Hat Bang Ben.
La sveglia è impostata sempre sulle sei e trenta. Alle sette ci viene consegnata una gustosa colazione thailandese in camera. Riso con pollo per Il Miche, riso con pollo e uovo per Dudu, Micky e me. Ci prepariamo e andiamo a salutare la signora della casa, che, gentilmente, ci ha preparato un cestino da viaggio con dei ravioli di carne.
Imbocchiamo la strada principale sulla quale, dopo soli quindici chilometri, incontreremo il nostro resort.
La strada è un susseguirsi di saliscendi che impegnano notevolmente le gambe.
Pedalaliamo in piena campagna. Ai lati della strada le mucche legate agli alberi brucano l’erba e qualche capra scorrazza libera. Le persone, se possibile, sono ancora più gentili e sorridenti. Non passa auto o scooter che non ci saluti, così come le persone lungo la strada. I templi buddhisti hanno lasciato il posto alle moschee; nel sud della Thailandia la popolazione è prevalentemente di religione islamica. La maggioranza delle donne indossa l’hijab, alcune sono un po’ più coperte, altre non indossano alcun copricapo. Alcuni uomini indossano tipici abiti arabi.
Arriviamo prestissimo al nostro resort. Non capiamo il motivo per cui, anche se la maggior parte delle volte siamo i soli ospiti, non trovano la prenotazione o non si aspettano il nostro arrivo. Facciamo comunque il check-in. Il resort è composto da una serie di camere, che si affacciano in un giardino, dove sono presenti alcune piscine con tanto di scivoli.
Le piscine sono aperte, e convincere Dudu e il Miche ad andare a visitare la riserva naturale di Laem Son è stato complicato. Abbiamo, ovviamente, promesso loro che al ritorno sarebbero potuti andare in piscina.
La riserva dista circa dieci chilometri, la strada si abbassa e si inoltra tra le paludi di mangrovie. Dei cartelli ci indicano il pericolo di tsunami. Arrivati al parco paghiamo un biglietto per entrare. Un sentiero attraversa un bosco e ci conduce alla spiaggia di Hat Bang Ben. Una spiaggia immensa, piena di conchiglie e con pochissime persone. Di fronte a noi numerose isolette, dalla ormai classica forma a panettone, coperte di vegetazione.
Ci spogliamo e andiamo subito in acqua. Passiamo le tre ore successive a giocare con le onde e a raccogliere conchiglie.
E giunta l’ora di pranzo. Dobbiamo trovare un posto per mangiare qualcosa. Troviamo un localaccio all’aperto dove un po’ di persone stanno mangiando. Ci fermiamo anche noi. Il proprietario ci fa sedere al tavolo con altre persone. La lingua è una grande barriera, ma la voglia di comunicare è enorme. Aiutandoci con i gesti e utilizzando parole base di inglese riusciamo a capirci. Siamo comunque legati da una umanità ed una simpatia reciproca.
Uno di loro è un avvocato. Ci chiede se ci piace la Thailandia e ci da il benvenuto nel suo paese. Poi è incuriosito dal nostro viaggio, dal percorso che seguiamo e dall’Italia, così piano piano riusciamo a parlare di qualcosa. Il resto della comitiva intanto si scatta foto ricordo con i bimbi.
Arriva il nostro pranzo, i nostri amici ci salutano calorosamente se ne vanno. Il proprietario del locale ci informa che l’avvocato ha pagato il nostro pranzo. Un gesto davvero gentile. Lo salutiamo calorosamente e torniamo verso il resort. Dobbiamo onorare la promessa fatta ai bimbi.
Una volta arrivati, in un battibaleno, i bimbi sono pronti per la piscina. Provano tutti gli scivoli possibili e si divertono. Io faccio un giro nei dintorni, per trovare un locale dove cenare, dopodiché mi unisco a loro. Micky lavora.
Passiamo quasi due ore da scalmanati, senza sentire la fatica o il freddo. Saliamo e scendiamo dagli scivoli senza soluzione di continuità, provando anche formazioni fantasiose per la discesa e riprendendoci con la GoPro.
È quasi buio. Doccia e a cena in un ristorante vicino al resort. Sperimentiamo ancora cibi nuovi, questa volta a base di pesce e frutti di mare. Poi distrutti andiamo a letto.
Domani ci aspettano circa cinquanta chilometri non semplici.