Siamo a Gareup-ri, un piccolo villaggio di campagna nel cuore della Corea del Sud, dopo una giornata di pedalate tra paesaggi rurali: colline ondulate parzialmente coperte di neve, campi coltivati e piccoli corsi d’acqua ormai gelati.
La mattina ci svegliamo a Juncheon-ri sotto una leggera coltre di neve fresca. Il termometro segna -9°C. Fuori ci aspettano Chloe e sua madre, che ci invitano a prendere un tè caldo nella loro casa, moderna e ben arredata. Oltre al tè, ci servono delle uova sode dal curioso albume marrone, più saporite di quelle a cui siamo abituati. Chloe le chiama “uova grigliate” e ci mostra un recipiente di coccio nel quale vengono cotte senza acqua.
Mentre chiacchieriamo, sua madre ci scatta foto e registra video, con una particolare simpatia per Michelangelo, che abbraccia con affetto materno. Dopo calorosi saluti, riprendiamo le nostre biciclette, coperte da uno strato di neve e ghiaccio, e ci mettiamo in viaggio.
Il paesaggio invernale della campagna coreana è incantevole: campi gelati, colline imbiancate e alberi spogli. Nei cortili delle case sparse vediamo file ordinate di onggi, i tradizionali contenitori in terracotta smaltata nera, usati per la fermentazione del kimchi e di altri alimenti tipici. I cani, legati a catene corte o rinchiusi in gabbie anguste, abbaiano al nostro passaggio, suscitando in noi un senso di tristezza. I gatti, al contrario, liberi e piuttosto grassocci, gironzolando tranquilli tra le stradine innevate.
Seguiamo una bella pista ciclabile che costeggia un piccolo fiume parzialmente congelato. Il vento gelido fa ondeggiare le canne mentre, disturbati dal nostro passaggio, un airone solitario e alcuni germani reali dal collo verde si alzano in volo.
Costeggiamo ora un grande lago ghiacciato prima di arrivare a una piccola cittadina. Mancano circa dieci chilometri alla nostra destinazione e decidiamo di chiedere indicazioni per trovare la casa in cui dormiremo. Ci fermiamo presso un benzinaio, dove un ragazzo sta facendo rifornimento. Ci sembra sveglio e pronto ad aiutarci, ma ci sbagliamo: ci vuole quasi mezz’ora per spiegargli cosa ci serve.
Gli mostriamo l’indirizzo su Naver Map, l’app di navigazione preferita in Corea, poiché Google Maps qui funziona solo in parte a causa delle restrizioni governative legate alla sicurezza nazionale. Dopo quasi un’ora otteniamo le informazioni, ringraziamo per la disponibilità e ci mettiamo sulla strada indicata.
Arrivati nei pressi della nostra destinazione, vediamo un muratore che fuma una sigaretta in santa pace. Gli chiediamo informazioni e, con un gesto, ci indica la casa, specificando che la porta è aperta. Poco dopo, riceviamo un messaggio dal proprietario che ci conferma di poter entrare.
La casa è semplice ma pulita: un tavolo, un fornello e alcuni futon impilati in un angolo. Dentro fa freddissimo. Accendiamo il riscaldamento a pavimento, che lentamente scalda l’ambiente, ma il bagno resta gelido.
Ci resta un ultimo problema: la cena. Non c’è nulla nei dintorni e l’unico ristorante vicino è chiuso. Troviamo però un locale a venti minuti a piedi e decidiamo di tentare la sorte. Fuori la temperatura è scesa a -10°C. Arriviamo congelati, ma per fortuna il ristorante è aperto.
Servono solo carne. Veniamo fatti accomodare in una piccola stanza privata, con un tavolo al centro e numerosi piattini di salse e contorni tipici coreani. Una signora ci invita a seguirla nella stanza accanto, una macelleria. In vetrina ci sono tagli di manzo Hanwoo, la carne locale coreana pregiata, simile al Wagyu giapponese ma meno grassa, con una marmorizzazione perfetta di venature di grasso che garantiscono tenerezza e sapore intenso.
Torniamo al tavolo. Al centro è posizionata una piccola griglia con grosso pezzo di grasso viene usato per ungere la piastra. Con le bacchette, adagiamo i piccoli pezzi di Hanwoo sulla griglia: un pizzico di sale e la magia è fatta. Assaggiamo anche le salse, ma preferiamo la carne al naturale per la sua bontà.
La cena è costosa, ma ne vale la pena. D’altra parte, non avevamo molte alternative. Usciti dal ristorante, affrontiamo un altro gelido tratto di strada fino alla nostra casa, ormai riscaldata.
Dopo aver sistemato qualche appunto di viaggio e le email di lavoro ci addormentiamo esausti, pronti per un’altra fredda giornata nella campagna coreana.