Giornata fredda, ma piuttosto soleggiata, pedalata tra la natura del Connecticut, stato che prende nome dal fiume che lo attraversa dove gli indiani chiamavano Quinnitukq-ut, “sul lungo il fiume delle maree”. Il 65% del territorio dello stato è coperto di boschi e foreste nei quali abbiamo trascorso la maggior parte della giornata.
Ci svegliamo presto come al solito. Alle 5 prepariamo colazione e allestiamo l’officina mobile per cercare di raddrizzare il cerchio posteriore della mia bici, completamente sbilenco. Una mezz’ora di lavoro per avere un cerchio decente, forse non perfettamente dritto, ma sufficientemente da evitare alla bici di sbandare da una parte all’altra.
Colazione a base di latte e cereali e usciamo. Imbocchiamo subito la East Coast Greenway, la meravigliosa ciclovia che estende per 4800 chilometri, dalla città di Calais,nel Maine, alla città di Key West, in Florida.
Pedaliamo in salita su un leggero sterrato che attraversa un bosco di querce bianche e aceri ormai spogli. Il terreno coperto da un tappeto di foglie secche ed enormi ghiande larghe e schiacciate, che offrono un ricco banchetto ai numerosi scoiattoli e agli altri animali del bosco.
Alla nostra destra una palude dall’aspetto spettrale, come quelle che si vedono nei cartoni animati di Scooby Doo. Alberi ormai secchi si levano dal centro della palude.
Ci fermiamo per fare qualche foto quando vediamo una diga in legno degna delle migliori opere ingegneristiche dell’uomo. Accanto alla diga alberi rosicchiati per metà pronti per essere abbattuti. Non avevamo mai visto una diga costruita dai castori.
Intorno alle 11 usciamo dal bosco e facciamo una piccola deviazione fino alla vicina statale. Un’area di servizio con un Dunkin Donut’s è l’ideale per fare qualcosa che è a metà tra una seconda colazione e un pranzo, visto che per i successivi trenta chilometri non troveremo niente. Un panino con uovo, cheddar e pancetta o prosciutto cotto; una cioccolata calda o caffè per riscaldarci e siamo pronti a ripartire. Una signora gigante e gentile, alta oltre un metro e novanta per tanti chili, si ferma a parlare con noi. È incuriosita da questo strano gruppo di cicloturisti ed interessata alle nostre biciclette.
Riprendiamo il viaggio e riprendiamo la Greenway. Continuiamo a salire con una pendenza tanto lieve che quasi non si sente. Viaggiamo tra colline di boschi e piccoli paesi con non più di una decina di case ciascuno. Ci divertiamo a guardare i giardini addobbati Numerose case espongono un cartello con la foto sorridente ed il numero dell’agente che ha l’esclusiva per la vendita.
Finalmente scolliniamo, ora la pista corre prevalentemente in discesa. Ci fermiamo a Manchester, una piccolo comune nella contea di Hartford. Qui c’è una clinica che fa i tamponi. Proviamo a chiedere se è possibile fare il test per il COVID19 al Miche, come previsto per i non vaccinati che entrano negli Stati Uniti. Riceviamo l’ennesimo due di picche, ma ci viene detto che possiamo utilizzare il kit per l’autodiagnosi..
Riprendiamo il viaggio su una pista in discesa che corre lungo una highway. Improvvisamente, dopo una curva larga e veloce, si vedono in lontananza i grattacieli di Hartford, la capitale del Connecticut. Si levano verso il cielo come un’isola, in mezzo alla pianura che li circonda. La temperatura si abbassa sensibilmente e un vento gelido e sferzante ci fa avvertire più freddo di quel che fa davvero. Siamo comunque al di sotto dello zero. Attraversiamo la periferia della città. In terra le pozze d’acqua sono ghiacciate.
Inaspettatamente vengo colto da una crisi di freddo. Ho le mani congelate e non riesco a muoverle dal dolore. Ho sicuramente sbagliato abbigliamento indossando dei guanti troppo leggeri. Micky mi porge i guanti lunghi da snowboard e mi aiuta a riscaldare le mani. Cinque minuti per riprendermi e ripartiamo. Siamo vicini all’hotel dove dormiremo. Attraversiamo la city, il cuore economico e finanziario di Hartford, sfilando vicino ad enormi grattacieli di uffici vuoti in una domenica prenatalizia.
Arriviamo nella zona industriale dove, uno accanto all’altro, sono disposti i concessionari dei vari marchi di auto. Proprio in questa zona, accanto al concessionario Honda, c’è il nostro Hotel. Il Super8, onestamente brutto, ma a buon mercato e, per passare la notte va decisamente bene; inoltre ci permettono di portare le biciclette in camera. Un cartello ci avvisa che la direzione si scusa di non poterci servire la colazione, inclusa nel prezzo. Perfetto!Non avendo supermercati nel raggio di cinque chilometri, ed essendo infreddoliti e pigri per riprendere la bici decidiamo di mangiare al vicino Burger King. Insalata per Micky e me, panino da star male una notte per Dudu e il Miche.
Torniamo in camera. Prima di andare a letto c’è da fare il tampone al Miche che si lamenta perché non vuole farlo. Una volta convinto, Micky procede a fargli il test: infila il bastoncino prima nel naso al Miche, poi lo immerge per un minuto nel liquido di contrasto. Ora non ci resta che attendere per dieci minuti. Se compariranno due linee, una blu e una rosa allora sarà positivo. Se comparirà solo la linea blu sarà negativo. Se invece comparirà solo la linea rosa il test dovrà essere ripetuto perché non valido. Fortunatamente dopo dieci minuti vediamo solo una linea blu. Fotografiamo tutto a il processo e conserviamo il risultato per eventuali richieste di prove, dopodiché andiamo tutti a letto.
Domani pedaleremo per circa ottanta chilometri in una giornata freddissima, durante la quale la temperatura oscillerà tra -7 e 0 gradi.