Siamo a Mohammedia, poco meno di trenta chilometri da Casablanca. Sono nel letto coperto con quasi trentanove di febbre al termine di una giornata faticosissima, pedalata per intero lungo la costa.
Ci svegliamo a Rabat dopo una notte un po’ tormentata. Tosse, raffreddore, brividi di freddo. Facciamo colazione nella sala comune insieme ad un turista cinese che sta facendo un dottorato in chimica a Strasburgo. È solo ed ha una gran voglia di chiacchierare con qualcuno; noi siamo perfetti. Mentre consumiamo la nostra colazione marocchina il ragazzo ci chiede di tutto e ci racconta il suo Marocco, compreso del tentativo di scippo del cellulare subito.
È ora di andare. Ci salutiamo ci prepariamo e prendiamo le bici. Usciamo dalla Medina per visitare i giardini andalusi all’interno della Muraglia degli Andalusi, ma sfortunatamente sono chiusi.
Guadagnamo la strada che costeggia l’oceano sulla quale rimarremo per tutto il giorno. Sembra veramente di essere in un altro paese, in un altro continente. Pedaliamo in un viale larghissimo con palme e verde pubblico curatissimo. L’oceano lo si vede a sprazzi a causa del susseguirsi di bellissime ville bianche in stile coloniale. Le strade sono percorse da auto di grossa cilindrata. Qui in pratica vivono i ricchi e la ricca borghesia di Rabat.
Anche i negozi vendono marchi internazionali, tanto che intorno all’ora di pranzo ci fermiamo ad un Domino’s Pizza. La pizza di Domino’s per noi fa vacanza. Due pepperoni large gustate sui tavolini fuori al sole in compagnia di due gattini voracissimi ci fanno morale.
Ripartiamo, ora le ville lasciano il posto a cantieri. Chilometri di cantieri con ville in costruzione. Le pubblicità a dire il vero non rappresentano la tipica famiglia marocchina, ma i personaggi sono chiaramente occidentali e i cartelli sono scritti soltanto in francese.
Terminate le case in costruzione ritroviamo la vita marocchina che abbiamo visto in questi giorni. Qui la fonte primaria di reddito è la pesca. C’è chi ha la canna da pesca in mano, chi pulisce il polpo sul marciapiede o chi sguscia vongole e cozze, disponendo i molluschi su un piattino, esposto polvere e al gas delle auto. Il top per una intossicazione.
Ci fermiamo per un tè alla menta in un localaccio lungo la strada. Niccolò lo gusta con una insalata, mentre Michelangelo con delle patatine fritte.
Io sento un po’ il fiato corto e le gambe non girano.
Mancano gli ultimi 17 chilometri a Mohammedi, una città di medie dimensioni ad una trentina di chilometri da Casablanca, che con un paio di soste superiamo.
Siamo quasi arrivati alla casa quando la bici di Michelangelo e la mia di toccano ed io cado a terra. La stanchezza, la poca attenzione e lucidità sono i responsabili principali della caduta.
Arriviamo a casa. Io doccia calda e a letto, dove scopro di avere la febbre alta. Michelangelo fa i compiti e Micky e Niccolò escono per comprare la cena.
Fortunatamente ci aspettano due giorni di tappe brevissime per visitare Casablanca, così avrò modo di riprendermi.