Dopo che io non ci sarò più, Ananda, gli uomini di fede visiteranno con fede, curiosità e devozione i quattro luoghi dove sono nato (….), dove ho raggiunto l’illuminazione (….), dove feci i primi sermoni e dove passai nel Nirvana (cit. Buddha)
Oggi visiteremo il primo del quattro luoghi sacri. Ha inizio il Buddha trail!
Ci troviamo a Lumbini al termine di una giornata nella quale non abbiamo affatto pedalato, ma che ci ha distrutto. È poco più di un villaggio, non particolarmente conosciuto e fuori dal turismo di massa. Eppure è un luogo di straordinaria importanza per i buddhisti.
La leggenda narra che qui, l’8 aprile 566 a.C, sia nato Siddhārtha Gautama, meglio conosciuto come Buddha. Per i buddhisti è l’equivalente di Betlemme per noi cattolici.
Ci svegliamo a Bharatpur. Alle 10 abbiamo il primo dei tre trasferimenti previsti in questo viaggio. Le distanze sono enormi e, se vogliamo vedere quello che abbiamo pianificato, occorre prendere qualche mezzo.
Nell’attesa prepariamo le bici per essere caricate ed osserviamo la vita della città. Ci sono bambini a zonzo, quelli che non vanno a scuola, ce ne sono altri con l’uniforme, che per le scuole di pregio consiste in un completo con giacca e cravatta, per le altre una tuta acetata.
L’occhio ci cade su bambina con la tuta acetata, lo zaino ed un paio di mocassini neri di almeno tre o quattro numeri più grandi. Guardiamo altri bambini. Molti di loro hanno gli stessi mocassini neri decisamente più grandi rispetto al piede.
Arriva il mezzo. Un van 12 posti solo per noi. Esagerati! Un ragazzo in moto viene solo per riscuotere i soldi e se ne va. Aiuto i due autisti a caricare le bici sul tetto del mezzo.
Partiamo. Il caos per uscire dalla città è totale. Per noi sarebbe davvero complicato guidare qui. I motorini, i tuk-tuk, le auto, i camion si infilano ovunque, ovviamente suonando il clacson energicamente. In giro si vedono numerose Vespe Piaggio. Chissà se veramente esistono concessionari Piaggio o se sono mezzi rubati e venduti all’estero.
La strada è sterrata ed il van, senza cinture di sicurezza, ha un grosso buco sul pavimento che fa riempire l’abitacolo di polvere. Dobbiamo percorrere circa 135 chilometri, nella speranza che la strada, uscendo dalla città, migliori.
La strada non accenna a migliorare. È un cantiere aperto. Stanno tagliando la giungla per fare posto a quella che sarà la strada tra Bharatpur e Lumbini. Enormi ruspe mangiano le colline e scavano ininterrottamente, squadre di operai costruiscono i muri di contenimento, altri escono dalla giungla con le biciclette e i motorini carichi di legna appena tagliata.
Per noi è un disastro. Percorrere con un furgone una strada sterrata con massi e buche enormi è faticosissimo. Dentro siamo sballottati come le palline di un flipper.
Pensavamo, pessimisticamente, di impiegare tre ore per percorrere i 135 chilometri, ma dopo due ore non siamo ancora a metà percorso e questo va a complicare il piano. Pensavamo di essere a Lumbini prima di pranzo e poterci dedicare all’area archeologica che circonda il luogo, invece arriviamo alle alle 15:30, dopo oltre 5 ore di viaggio. Distrutti dalla fatica.
Scarichiamo le bici dal tetto del furgone portiamo i bagagli in camera e usciamo, ma sono già passate le 16. Abbiamo poco più di un’ora prima che faccia buio.
Anche se è uno dei luoghi spirituali e di pellegrinaggio più importanti del mondo Lumbini non è assolutamente strutturato per accogliere pellegrini o semplicemente i turisti da tutto il mondo, anche se i cantieri sia per le infrastrutture sia per la costruzione di hotel sono tanti.
Lungo la strada facciamo zig zag tra le mucche che passeggiano indisturbate, fermando alle volte il traffico.
Entriamo dentro il parco di Lumbini. All’interno sono presenti 25 templi, costruiti da diversi paesi, appartenenti a due delle tre principali correnti di buddhismo, a sinistra i templi della corrente Mahayana, a destra quelli della corrente Theravada.
Ci togliamo le scarpe per entrare nell’area sacra, il cuore del parco. Qui si trova il Tempio di Maya Devi, la mamma di Buddha, una stupa che racchiude i resti di un tempio costruito nel III secolo avanti Cristo. Al suo interno si trova la pietra sulla quale la regina avrebbe dato alla luce il piccolo Siddharta.
Dietro al tempio uno specchio d’acqua racchiuso tra mattoni rossi che sarebbe lo stagno dove, secondo la leggenda, la regina Maya Devi si bagnò poco prima di dare alla luce il suo bambino.
Siddharta nasce da una famiglia ricca e potente discendente da una stirpe guerriera: il padre, Suddhodana, è re di uno degli Stati che compongono l’India del nord. Sua madre, la regina Maya Devi, durante il viaggio che la portava a partorire il primo figlio nella casa paterna, secondo la tradizione del tempo, mentre si bagnava in uno stagno per rinfrescarsi ebbe le doglie e partorì il futuro Buddha in un boschetto.
Intanto ci dirigiamo verso un albero di Bodhi un fico sacro sia per induisti che per i buddhisti. È adornato con centinaia di coloratissime bandierine di preghiera. Sotto di esso, in cerchio, numerosi monaci che recitano le preghiere.
Ci invitano a sedersi. Ci mischiamo tra di loro dove ci sono posti liberi. Cercano di comunicare in nepalese o comunque in una lingua a noi sconosciuta, ma senza alcun successo. Alla fine gli sguardi ed i gesti fanno sì che ci capiamo. Appoggiandoci un libro sulla testa e recitando una preghiera ci danno una benedizione, dopodiché ci annodano un braccialetto di filo giallo intorno al polso. Non sappiamo bene quello che hanno detto, ma il contesto, i gesti, i sorrisi, ci hanno trasmesso serenità e sensazioni buone.
Sono passate le 17 ed il sole è già tramontato. Usciamo dalla zona sacra per andare a visitare alcuni dei templi presenti nel parco, ma purtroppo sono tutti chiusi.
Torniamo verso l’hotel fermandoci a comprare dei rosari buddhisti. Cena abbondante e a letto. Domani attraverseremo il confine con l’India, speriamo senza particolari intoppi.