Un’altra giornata trascorsa nelle campagne del Bihar dove siamo accolti con il riguardo che si riserva ai migliori ospiti.
Sono le 7 in punto. Qualcuno sta bussando insistentemente alla porta della camera dove dormiamo io e Niccolò. Strano, la sveglia è per le 7:30. Sarà successo qualcosa? Apriamo assonnati, davanti a noi si presenta il cameriere invadente. Ci fa capire a gesti di aver già svegliato Micky e Michelangelo ed aver portato del tè. Tutto questo ovviamente per chiedere i soldi. Piuttosto seccati andiamo nell’altra camera lasciandolo fuori.
Ormai siamo svegli. Colazione e ci prepariamo. L’hotel, ovviamente non trova il pagamento effettuato tramite un portale. Hanno poca dimestichezza con la tecnologia e la maggior parte delle volte non riescono a trovare la prenotazione o il pagamento.
Mentre Micky e Niccolò cercano di risolvere la situazione mostrando le e-mail con la ricevuta del pagamento effettuato, Michelangelo ed io guardiamo a vista le bici. Una fila di persone tocca tutto quello che è possibile.
Riusciamo a partire, attraversiamo Babua e ritroviamo la campagna. Le mucche e le capre hanno una vita migliore rispetto a quelle delle città. Mangiano la paglia o gli avanzi di verdure in grosse ciotole di argilla, non sono magre e malate come quelle che si aggirano tra il traffico e i rifiuti.
Procediamo spediti lungo stradine asfaltate e viottoli sterrati, incontrando numerosi villaggi di poche case, alcune in mattoni rossi, impastati a mano, essiccati al sole e successivamente cotti in alte ciminiere di pietra, altre in materiale di recupero, legno o lamiera. Molte case hanno applicato sui muri esterni i dischi di sterco e paglia come isolante.
Ci fermiamo in un villaggio per pranzo. La curiosità nei nostri confronti sembra aumentare sempre di più. Il villaggio si raduna intorno a noi: domande, selfie video e dirette social. Riusciamo ad andare a mangiare due a due per riuscire a dare soddisfazione a tutte le persone e, contestualmente, tenere sotto controllo le biciclette.
Ci viene offerto del tè, in più a me preparano il famoso paan masala. Sono involtini abbastanza strani ripieni di tante cose sconosciute, spezie varie e canditi, arrotolate dentro una foglia di betel.
La masticazione di questo involtino dovrebbe provocare un certo effetto psicoattivo, favorire la concentrazione, far passare il senso della fatica e della fame, nonché a colorare di rosso la saliva.
In bocca si crea una poltiglia che si continua a masticare fino a quando ha gusto, così come un chewing-gum, dopodiché si sputa; effettivamente gli indiani sputano tanto e ovunque. Sputano per il gusto di sputare. Sputano sciacquandosi la bocca dopo il pasto con l’acqua raccolta con una piccola caraffa di plastica dai bidoni che ha ogni carretto che vende cibo. Sputano una roba rossa, risultato della masticazione del paan masala, che tinge il terreno. E durante il nostro tragitto di macchie rosse ne vediamo moltissime, sull’asfalto, sui muri e negli angoli delle strade.
Intanto, mentre Niccolò fa volare il drone tra l’eccitazione di bambini e uomini, Micky viene invitata da alcune bambine a visitare la casa dove abitano; lì troverà tutte le donne della loro famiglia.
La disuguaglianza tra uomini e donne in India si percepisce subito, ed il luogo dove più si evince è nelle strade dello villaggi e delle città dove la presenza predominante è maschile. Le donne che non lavorano stanno in casa.
Micky fa loro visita, accompagnata dalle bambine con le quali si era fatta delle fotografie. La casa è buia e austera. Le donne spolverano il polverosissimo divano prima di farla sedere. È un’ospite di riguardo.
Le fanno visitare la casa, la portano nel piccolo giardino e le fanno vedere con orgoglio l’orto. Vorrebbero prepararle il pranzo o un tè, ma dobbiamo andare via. Prima di salutarla le regalano dei guava dalla polpa bianca, un frutto dolce che cresce in zone tropicali, colti dal loro albero.
Noi intanto, a guardia delle bici, non ne possiamo più di selfie e dirette social. Appena torna Micky salutiamo tutti e ripartiamo, ovviamente scortati per qualche chilometro da moto e motorini con tre o quattro persone a bordo.
Imbocchiamo l’autostrada con la solita formazione tipo: prima Micky, seguita da Niccolò, poi Michelangelo ed a chiudere io. Dopo alcuni chilometri da un’auto bianca accostata su un lato della strada scendono quattro persone che fanno cenno di fermarci; una di loro ha un microfono ed un’altra una telecamera. Quello che sembra un inviato si avvicina a Micky e inizia a parlare in indiano nel microfono con la scritta CK TV, guardando fisso nella telecamera, poi si rivolge a Micky in inglese iniziando di fatto l’intervista. Prima le solite domande di rito, in stile “Non ci resta che piangere”, poi ci chiede qual è la nostra missione, cosa ci piace dell’India e soprattutto del Bihar. È una TV locale, ma il Bihar ha oltre 110 milioni di persone. Ci fa assaggiare la canna da zucchero.
A turno coinvolge tutti. Ci pone le domande in inglese e poi traduce per i telespettatori. Passiamo oltre un’ora a fare l’intervista mentre le altre due persone della troupe fanno da sevizio d’ordine, impedendo alla folla, che si è radunata intorno a noi, di frapporsi tra noi e la telecamera o che non siano troppo invadenti. Essere intervistati in autostrada è veramente una cosa strana.
È tardi e dobbiamo necessariamente ripartire per non trovarci a pedalare con il buio. L’inviato ci lascia il proprio numero di telefono per qualsiasi problema o qualsiasi cosa necessità che si possa avere nel Bihar.
Siamo di nuovo in sella. L’auto ci sorpassa ed il cameramen in piedi nell’auto con il busto fuori dal tettino apribile ci riprende mentre pedaliamo.
Nel giro di un’oretta arriviamo a Sasaram, un’antica città dimora di Sahasrabahu, un leggendario guerriero della mitologia indiana, nonché la città della dinastia Sur, che governò gran parte dell’India settentrionale tra il 1540 e il 1556.
È confusionaria come al solito. Il nostro hotel si trova al primo piano di un palazzo che si affaccia sul mercato cittadino. Portare le biciclette al sicuro per quelle scale ripide e strette è davvero una faticaccia. Ci sistemiamo e usciamo per un giro al mercato, anche se dopo poco dobbiamo tornare in camera perché Micky non si sente particolarmente in forma. Sospettiamo una intossicazione con qualcosa. Speriamo bene.
Cena in camera e subito a letto.