La Russia un’immensa distesa di terra che attraversa tutto il continente euroasiatico, fino a toccare quasi le Americhe. Noi ne percorreremo circa seicento chilometri, un tratto brevissimo a confronto della sua grandezza, ma nella nostra mente ormai la Russia è nostra.
Ci svegliamo in Lettonia, nel nostro meraviglioso bivacco. La nebbia avvolge completamente il lago e i prati ai piedi della collina. Siamo un isola sopra le nuvole. La rugiada imperla i prati intorno a noi e fa sembrare le tante ragnatele a forma di bozzolo,costruite tra in i fili d’erba, dei piccoli tesori luccicanti.
L’umidità e la temperatura, che durante la notte è scesa sotto i dieci gradi, ci ha infreddolito. Un latte caldo e del pane con marmellate di mirtilli e lamponi e miele ci rimettono al mondo.
È arrivato il momento dell’igiene personale. Abbiamo le docce portatili appese fuori ad un albero, ma la temperatura è proibitiva. Un atto di coraggio di Micky, Dudu e il Miche fa si che mi debba adeguare anch’io, anche se un po’ controvoglia. Fa freddo!
Prepariamo le borse, smontiamo la tenda, carichiamo le bici, salutiamo il nostro angolo di paradiso e partiamo.
Un paio di chilometri di sterrato un po’ impegnativo ci separano dalla strada asfaltata. Imbocchiamo la statale che porta dritti al confine. Un numero infinito di lunghi saliscendi ci accompagna negli ultimi chilometri di Lettonia. Lungo il percorso poche case, nessun negozio. Sappiamo che c’è il solito localaccio poco prima di entrare in Russia.
Ormai ci siamo. Una coda infinita di tir parcheggiati su di un lato della strada attende, non si sa bene cosa, prima di entrare in Russia. Li superiamo e dopo qualche chilometro entriamo del parcheggio del localaccio, il Texas cafe.
Il locale è piuttosto buio. Tutto in legno. Poche persone ai tavoli ed una signora bionda, dai tipici tratti nordici, dietro al bancone a pendere le ordinazioni.
Appoggiate le bici sotto la finestra, in modo da averle sempre sotto controllo, e entriamo.
La cameriera parla solo lettone e russo. Ci facciamo consigliare indicando il menù. Per i bimbi una specie di grande polpetta fritta con contorno di varie verdure: cetrioli, carote, pomodori, barbabietola rossa, più un purè di patate. Per me e Micky zuppa di polpettine e straccetti, rispettivamente di maiale e di pollo, saltati con cipolla accompagnati dal solito contorno.
Intanto il locale inizia a riempirsi di camionisti, dall’aria stanca e cattiva, e ragazzi spensierati.
Riprendiamo il cammino, il confine ormai dista poche centinaia di metri. Prima dobbiamo uscire dalla Lettonia. Due file arrivano a dei casottini in lamiera. Una per i camion, immensa, e una per auto e moto. Ci mettiamo in coda ordinati in questa ultima fila. Davanti a noi la Saab 93 di un ragazzo e due ragazzi visti al Texas cafe: stanno rientrando dalle vacanze. Il ragazzo esce e, in un perfetto inglese, ci dice che secondo lui possiamo scavalcare la fila. Dai doganieri nessun cenno pertanto preferiamo non rischiare di passare per i furbi di turno e rimaniamo in fila.
Ci mettiamo a parlare con loro. Sono di Mosca e, porgendoci un foglietto con i loro numeri telefonici, ci incoraggiano a contattarli per qualsiasi problema, lungo percorso o nella capitale.
Intanto veniamo chiamati. Un controllo ai passaporti, delle domande sulla destinazione e via ad un altro ufficio per il timbro.
Aspettiamo di entrare in Russia. Solita fila, ma questa volta sia le persone con le auto, sia in camionisti ci dicono di andare avanti. Pedaliamo tra i camion e le auto in fila tra chi ci suona e ci saluta e chi ci regala un semplice sorriso. Arrivati di fronte alla dogana russa una signora in uniforme ci chiama. Dobbiamo compilare dei fogli. Dopo è la volta di consegnarli. Poi un timbro, infine un altro controllo.
Alla fine, due ore e mezzo dopo aver lasciato il Texas cafe, e dopo otto diverse verifiche, in altrettanti casottini, dei passaporti siamo in Russia.
Ora l’obiettivo è trovare qualcosa per cena e un posto per piantare la nostra tenda.
Ci fermiamo ad una stazione di servizio lungo la strada che sembra avere le docce. Dopo una notte di bivacco, in previsione di un’altra in tenda, una doccia calda non ha prezzo. Ci viene detto di andare ad un hotel cinquanta metri più avanti.
Una signora gentile alla reception mi sorride, ma la comunicazione non riesce a decollare. Prendo la penna e il foglio sul bancone e disegno una doccia. Giochiamo a Pictionary?
Vittoria! La signora mi scrive il prezzo. Quattrocento rubli per quattro docce. Circa quattro euro. Perfetto. Ci da l’occorrente per fare la doccia e ci mima che a guardare le bici ci pensa lei.
Dopo una doccia calda siamo quattro persone nuove.
Ora dobbiamo cercare qualcosa da mangiare e provare ad attivare la scheda dati russa che siamo riusciti ad avere in Italia. Una connessione è fondamentale, anche perché Micky la usa per lavorare quotidianamente.
Di cibo neanche l’ombra. Le stazioni di rifornimento hanno solo snack, ma una ha un chiosco MTC, la compagnia telefonica della quale abbiamo la SIM. Il problema è che non c’è nessuno; solo un totem a disposizione, e soltanto in russo. La signora della stazione di servizio non ci è di molto aiuto. Si ferma un signore che ci mostra come fare, il totem però prende solo contanti. Io e Dudu andiamo a cambiare i rubli ad un’altra stazione di servizio vicina. Un onesto cambio da strozzino, con il 31% di commissioni, ma non abbiamo scelta.
Attiviamo la nostra scheda dati.
Non ci resta che trovare il posto per dormire.
Guardiamo vicino ad un lago, ma un ragazzo ci fa capire che è meglio se ce ne andiamo. Proseguiamo lungo la strada, dove vediamo un bosco che può essere un buon posto. Deve essere un po’ ripulito da rami marci e rovi, ma è quasi buio e non si può essere schizzinosi; inoltre sotto gli alberi c’è meno umidità.
Mentre piantiamo la tenda inizia a piovere. Ci chiudiamo dentro in fretta. Attingiamo alla nostra cambusa ambulante per prendere della minestrine liofilizzate. Calde e con un po’ di formaggio sono perfette. Consumiamo il nostro pasto caldo e a letto, sperando che domani non piova più.