Secondo e ultimo giorno nella capitale del Nepal. Da domani inizieremo a spostarci verso est percorrendo la valle di Kathmandu in direzione Lumbini, dove è nato Buddha.
Possiamo permetterci di dormire un pochino di più, poi da domani la sveglia suonerà prestissimo poiché alle 17 il sole tramonta.
Nella hall dell’hotel uno sherpa che si prepara a guidare tre messicani a 6000 metri. È un tipo simpatico e parla un ottimo inglese. Ci racconta del suo lavoro e dell’etimologia della parola Sherpa, ora utilizzata con il significato di guida, ma in Newari indica le persone che vivono nella parte più a est dell’Himalaya, pa significa “gente”, mentre sher o shar vuol dire “Oriente”.
Ci racconta di aver scalato tre volte l’Everest, mentre ci mostra orgogliosamente le sue foto sul “balcone” a quota 8400 metri, prima della salita finale.
Staremmo ad ascoltarlo per ore, ma noi dobbiamo uscire e lui deve andare a prendere i suoi clienti messicani.
Usciamo dall’hotel diretti verso la Durban Square cuore storico della vecchia Kathmandu, ovviamente patrimonio mondiale dell’UNESCO. Qui si concentrano templi, pagode, la vecchia residenza della famiglia reale nepalese, e la casa in cui risiede la Kumari, una bambina che per la religione induista rappresenta la dea vivente.
Potremmo perdere il conto delle ore non riuscendo a vedere davvero tutto.
Acquistiamo il biglietto per accedere al sito, parzialmente distrutto dal disastroso terremoto di magnitudo 7,8 che ha causato più di 8000 morti.
Un signore piccolino e sorridente ci stressa per farci da guida per 1000 rupie nepalesi, poco più di 7 euro. Inizialmente siamo intenzionati a fare, come sempre, tutto da soli, forti del bullet journal di Micky, un quadernino dove ha preso tonnellate di appunti ricavati dai tanti libri letti su Nepal e India, ma poi cediamo.
La nostra guida si chiama Doga, parla un inglese decente e ci riempie di nozioni sulla storia del Nepal e sui numerosi simboli religiosi che si trovano in ogni angolo.
Una campana viene suonata ogni giorno come segno di buon auspicio, mentre due grossi tamburi presenti nella piazza erano suonati in presenza di pericoli per avvisare o richiamare la popolazione.
Il palazzo reale, adibito ora a museo anche se sono visitabili solo alcune parti. Infine i templi di Taleju che sono aperti solo per le persone di fede indù e buddisti. Noi condividiamo la visita con una rumorosa e gioiosa scolaresca.
Il pezzo forte della piazza tuttavia è la residenza della Kumari, una bambina scelta attraverso un processo di selezione antico per diventare l’incarnazione umana della dea madre indù Durga.
La nostra guida ci conduce nel giardino dell’edificio di mattoni rossi e ci mostra la finestra da dove probabilmente si affaccerà la Kumari, poi si congeda dicendoci che il suo lavoro è finito e noi siamo rimasti soddisfatti.
Intanto il giardino si riempie di persone. Ci viene detto di mettere i cellulari in tasca e non fare assolutamente fotografie.
Quando la bambina di affaccerà guarderà le persone e senza dire niente risponderà alle domande non poste.
Finalmente la finestra si apre. Si affaccia una bambina di nove anni truccata e ben vestita. Onestamente non dà l’impressione di essere felice di essere lì ne di essere tranquilla. Si muove a scatti e non riesce a stare ferma. A me ha fatto tanta pena.
Il processo di selezione per essere eletta Kumari è antico e complicato.
Innanzi tutto possono diventare Kumari solo le bambine che hanno dai tre ai sette anni e che appartengono alle caste dei bramini, alla quale apparteneva il padre di Buddha.
Deve possedere ben trentadue caratteristiche fisiche, come ad esempio che non ci siano difetti fisici, che sia bella, che non abbia subito perdite di sangue e non abbia ferite o cicatrici. Alcune di queste caratteristiche sono decisamente strane e di difficile interpretazione come ad esempio che abbia le ciglia come quelle di una mucca, le cosce come un daino o una bella ombra.
Deve possedere anche dei requisiti caratteriali ancora più stringenti. Non deve essere spaventata o irrequieta, non può piangere.
Per valutare queste caratteristiche le potenziali Kumari devono affrontare una prova che ritengo sia spaventosa per delle bambine ma anche per adulti: la notte nera delle Kumari. Devono dormire in una stanza completamente buia tra teste di capre e 108 bufali morti; durante la notte uomini mascherati da demoni spaventano le bambine e quella che non si spaventa, non piange e che rimane impassibile è l’incarnazione della Dea.
Infine la bambina dovrà saper riconoscere gli effetti personali dell’ultima Kumari: ovviamente la Dea sa quali sono le proprie cose, altrimenti l’intero rito sarà ripetuto con altre bambine.
Una volta individuata la nuova dea-bambina, i sacerdoti procedono ad una serie di rituali segreti per pulire il suo corpo ed il suo spirito dalle esperienze precedenti, poi sarà truccata, vestita di rosso e portata verso la sua nuova casa. Senza genitori.
Rimarrà confinata nel palazzo fino a che sarà in carica, ovvero fino a quando non si ammala gravemente, si ferisce o ha le prime mestruazioni. In questo caso significa che la Dea Taleju ha abbandonato il corpo mortale.
Lasciamo la piazza colpiti da quanto abbiamo visto e soprattutto dalla storia di queste bambine.
Dovremmo andare a visitare il tempio d’oro, ma oltre ad essere lontano ci sono molti topi che girano liberi perché venerati. Non vorremmo andarcela a cercare. Ci incamminiamo verso il fiume Bagmati. Attraversiamo il mercato e poi strade completamente congestionate di persone e motorini. Qui la popolazione è decisamente più povera. Cucinano e si lavano per strada. Sono davvero vestiti di stracci, ma hanno sempre un sorriso o un gesto carino per salutare. I bambini giocano lungo l’inquinatissimo fiume felici e spensierati. Ci salutano ci sorridono. Nessuno che si rende molesto o invadente.
Pranziamo in un locale di questo quartiere. Quattro porzioni di riso con uova o pollo e verdure. Alcuni clienti lo mangiano con le mani. A noi viene servito con un biglietto da visita strappato da utilizzare come cucchiaio. Va benissimo.
Tornando verso l’hotel troviamo un negozio che ripara i cellulari. Chiedo se possono riparare il vetro della fotocamera del mio iPhone che si è rotto. Il ragazzo parte a corsa per andare a prendere il ricambio e in un quarto d’ora ho il cellulare come nuovo.
Un po’ di shopping in centro. Compriamo il “mad honey”, il rarissimo e costosissimo miele allucinogeno dell’Himalaya. È prodotto dalle api più grandi del mondo in alveari posizionati su pareti rocciose a strapiombo nel vuoto a oltre 2500 metri di altitudine. Due volte l’anno, in autunno e in primavera, i cosiddetti cacciatori di miele si arrampicano su scale fatte di canapa o bambù, lunghe anche 200 metri, sino ad arrivare agli alveari: circondati dalle api e praticamente senza indossare protezioni le stordiscono con il fumo e usano bastoni per staccare i favi e farli cadere in cesti posizionati più sotto.
Continuiamo a girare per il centro prima di andare a cena per le sette. Cena veloce e a letto. Domani inizieremo, finalmente, a pedalare anche se lasciamo a malincuore questa meravigliosa città.
Comments
1 commentoFrancesca
Dic 18, 2023Io aspetto che voi siate in viaggio solo per leggere i tuoi resoconti. Che pena per la bambina!! A voi, buon vento come sempre.