Dopo 36 ore di viaggio e spostamenti siamo finalmente a Seoul, in una micro camera dove ogni movimento richiede un’attenta organizzazione per sistemare i bagagli senza intralciare gli spazi.
La notte trascorsa all’aeroporto di Pechino è stata più complicata del previsto. Troviamo un angolo tranquillo e buio vicino a una presa per ricaricare i dispositivi. Io e Micky ci mettiamo a lavorare, Niccolò prepara una relazione di fisica e Michelangelo gioca.
Dopo un po’, il calore che ci aveva accolto svanisce: il riscaldamento viene spento e l’area diventa gelida. Prendiamo una cioccolata calda da Starbucks e proviamo a dormire, ma dopo tre ore siamo congelati. Ci spostiamo in un’area giochi per bambini, più calda e con il pavimento di gomma, perfetto per sdraiarsi. Purtroppo, verso le 3:30, una famiglia con tre bambini arriva rumorosamente, svegliando tutti. Dopo un’altra cioccolata calda e qualche passo per scaldarci, torniamo al gate in attesa dell’imbarco.
Il volo è breve e tranquillo. Atterriamo al Seoul-Incheon Airport, uno degli aeroporti più grandi e trafficati al mondo. La fila all’immigrazione scorre veloce. Recuperiamo i bagagli e aspettiamo le biciclette… ma ne arrivano solo tre.
Grazie all’AirTag, vediamo che la bici di Micky è in aeroporto, ma sembra bloccata in un’area diversa. Un addetto ci aiuta e presto ci troviamo davanti a un controllo approfondito. Una foto ai raggi X mostra una strana massa nella ruota posteriore della bici.
Ci vengono tolti i passaporti e veniamo condotti, con la bici incriminata, in una stanza come pericolosi narcotrafficanti. Davanti ad una nutrita squadra di poliziotti che mi indicano dove sia la strana massa. Sgonfio completamente la ruota e tolgo la camera d’aria anti foratura, in moda da permettere loro di fare tutte le verifiche necessarie. I poliziotti, sospettosi, non sono convinti. Dopo alcune spiegazioni, propongo di tagliare la camera d’aria, sapendo di averne un paio di scorta. Con cautela, il poliziotto la incide e ne esce, come avevo loro spiegato, solo del liquido verde sigillante. Scuse formali come solo in oriente si sa fare, passaporti restituiti e possiamo finalmente uscire.
Il nostro autista ci aspetta con un cartello. Mentre io gioco a Tetris per far entrare le biciclette nell’auto da 7 posti, Micky acquista una SIM dati e Niccolò si perde nel parcheggio.
Dopo un’ora e mezza di viaggio, entriamo nella foresta di grattacieli di Seoul. Arrivati in hotel, scarichiamo le bici e facciamo il check-in. Mentre io riparo la ruota e monto le biciclette, Micky riorganizza i bagagli nelle borse, bilanciando i pesi. La camera è davvero minuscola: quattro persone in uno spazio così piccolo devono essere veramente tolleranti. Decidiamo di uscire subito, lasciando la doccia per dopo.
Ci troviamo nel quartiere di Jongno, il cuore storico e culturale di Seoul. Qui la tradizione e la modernità si fondono in un mix unico: templi antichi e mercati tradizionali convivono con grattacieli e insegne luminose. Stasera faremo solo un assaggio della città, lasciando l’esplorazione più approfondita per gli ultimi giorni del viaggio.
Camminiamo infreddoliti nelle stradine strette, piene di locali caratteristici, negozietti di artigianato e pupazzi bizzarri tipici della cultura coreana. Tutto ci appare affascinante e lontano dalla nostra quotidianità.
Ci fermiamo a un banco di street food che vende ravioloni coreani: uno alla carne per Michelangelo e uno al kimchi per Micky, Niccolò e me. Il kimchi, con il suo sapore forte e piccante, è uno dei piatti più rappresentativi della cucina coreana, a base di cavolo napa fermentato e condito con peperoncino, aglio, zenzero e pasta di pesce fermentata. Un po’ forte, ma particolare e buono.
Mentre esploriamo, riceviamo una serie di alert in coreano sul cellulare. Niccolò usa Google Traduttore e scopriamo che alcune fermate della metropolitana sono chiuse per proteste vicino ai palazzi governativi: in queste ore stanno votando l’impeachment del presidente della Corea del Sud, ma l’atmosfera in città è sorprendentemente tranquilla.
Decidiamo di fermarci per cena in un piccolo locale che serve zuppe tradizionali e noodles coreani (guksu o myeon). Siamo esausti. Durante la cena, un ulteriore messaggio ci informa che una persona anziana si è persa, descrivendo il luogo in cui è stata vista l’ultima volta e i suoi abiti. L’utilizzo degli alert per ogni cosa riguardante la collettività è una cosa intelligente.
Dopo cena torniamo in hotel, distrutti. Su web leggiamo che il parlamento ha avviato il processo per impeachment. Una doccia calda e andiamo a dormire. Da domani, inizia l’avventura in bicicletta.