Siamo pronti. Abbiamo abbondantemente superato i mille chilometri. Abbiamo pedalato in quattro nazioni, attraverso foreste, campagne, paesi e città. Ci siamo bagnati per la pioggia, abbiamo avuto freddo, abbiamo sudato. Ci siamo sentiti sporchi dopo giornate di fango e polvere e ci siamo lavati con una doccetta attaccata ad un albero o rilassati in una doccia di hotel. Ci siamo scoraggiati e ci siamo dati forza, ci siamo fatti male con lividi e abrasioni e abbiamo le gambe piene punture di insetto. Abbiamo riso e abbiamo pianto. Abbiamo imparato a leggere il cirillico e a comunicare con queste persone che sembrano fredde, ma sono curiose come noi di fare conoscenza. Oggi invaderemo Mosca, con le nostre biciclette provate dal viaggio, con il nostro entusiasmo e la nostra confusione. MOSCA ARRIVIAMO!
Ci svegliamo prima del solito nel nostro bivacco nel bosco cittadino. Micky ha già ordinato, come al solito le borse fuori dalla tenda.
Colazione, una lavata con la fredda doccetta legata al ramo di un grosso albero e in sella.
Usciamo da Nachabino tra traffico e odore di smog per immetterci di nuovo nella grande arteria che conduce a Mosca.
Lavori per nuove infrastrutture e nuovi sottoservizi si susseguono con centinaia di operai al lavoro. Si capisce che la Russia è in espansione.
Attraversiamo krasnogorsk, una città alle porte di Mosca. Siamo colpiti dalle decine, forse centinaia di palazzi tutti uguali. Oltre venti piani per circa una ventina di appartamenti per piano. Centinaia di migliaia di persone vivono in appartamenti tutti uguali; a noi sembra alienante. Sembra un annientamento della personalità dell’individuo. Non una tendina colorata non una tenda che possa far distinguere tra la gente. Forse non ne sentono la necessità, forse vanno avanti e non ci pensano o non hanno il tempo di pensarci, forse non serve pensarci perché una tendina non cambierà la loro esistenza. Ci sono navette davanti a questi alveari che portano chissà dove, sicuramente ingranaggi del solito tran tran di tutti i giorni. È impensabile che ci siano posti auto per tutti. Le auto che girano sono comunque belle e di grossa cilindrata.
Io e Dudu, uno di fianco all’altro, giochiamo a stimare di quante persone possono vivere in questi enormi quartieri dormitorio. Estendiamo poi la conversazione sulla stima quanti soldi in shampoo possono spendere annualmente in quei quartieri. Gli spiego così la “stima di Fermi”, un metodo di stima per l’analisi dimensionale di un qualcosa partendo da delle assunzioni. Così, oltre alle gambe, alleniamo anche la mente 🤓.
Parlando e pedalando entriamo a Mosca senza rendercene conto. Anche qui palazzoni e grattacieli. Altri in costruzione su intere colline.
Tanti parchi, tante aree per bambini, tanti spazi per fare sport e per rilassarsi o leggere un libro. Non una carta in terra o aree verdi abbandonate. L’ordine e la pulizia, insieme ai servizi ai cittadini ci colpiscono. Siamo solo in periferia. Questa non è la Mosca che ci viene raccontata in occidente.
Ci fermiamo nell’area sport del parco per pranzare. Ragazzi che giocano a basket, altri a calcetto, un gruppo di persone concentrati agli attrezzi. È una città viva e da vivere.
Piano piano ci spostiamo verso il centro.
Le strade diventano a otto, dieci, dodici corsie. Per attraversarle ci sono grandi sottopassaggi, con rampe per le biciclette. Passiamo accanto allo stadio dello Spartak Mosca, moderno, colorato di bianco e rosso, i colori sociali della squadra; la statua di un guerriero spartano a dominare la piazza di fronte all’ingresso principale.
In lontananza la city. Grattacieli altissimi, ricoperti di specchi argentati e dorati, dominano lo skyline.
Arriviamo così nel quartiere con i grattacieli più alti d’Europa. Il più alto conta 95 piani. Sono tutti in stile post moderno, ed insieme formano un quartiere bellissimo e futuristico.
Ci dirigiamo ora verso il planetario. Il più grande d’Europa. Un signore all’ingresso ci fa entrare con le biciclette, garantendoci che ci guarda i bagagli. Facciamo il biglietto ed entriamo per visitare la grande sala delle stelle e il lunario. Entriamo, in esposizione meteoriti e rocce lunari; fotografie di Yuri Gagarin un po’ ovunque. Qui è un eroe. Nella sala delle stelle delle poltrone che ci mettono nella posizione più comoda per guardare la volta celeste. Uno strano proiettore ci mostra le costellazioni con tanto di voce narrante in russo. Non capiamo niente, ma siamo rapiti dalle immagini che sono proiettate nel soffitto semisferico. Poi è la volta del lunario. Li, oltre a reperti lunari tanti giochi interattivi che spiegano la gravità, e il comportamento dei corpi sulla luna. Ci passiamo due ore, ma non basterebbe una giornata intera. Una esperienza fantastica ed educativa.
È arrivato il momento di entrare nella piazza rossa con la bici. La nostra conquista simbolica di Mosca.
Tutti in bici. Siamo pronti. Sfiliamo trionfalmente tra le vie della città come centurioni romani moderni. La vediamo in lontananza. L’emozione sale. Arriviamo all’ingresso della piazza. Metal detector e polizia. Ci informiamo per entrare. La piazza rossa è chiusa fino al primo settembre per un festival musicale. È possibile visitare, dalle dieci alle quindici, la cattedrale di San Basilio.
Una delusione, ma noi Mosca l’abbiamo comunque conquistata. Attraversiamo il centro per arrivare all’ostello dove dormiremo. Le vie del centro sono addobbate con farfalle specchiate che riflettono le luci e creano un atmosfera fiabesca. Si susseguono negozi con brand lussuosi e per strada si vedono auto di lusso e supercar rombanti, ma è la maestosità dei palazzi a colpirci. I palazzi sono enormi, eleganti e decorati con marmi e stucchi pregiati.
È tardi e da domani avremo tutto il tempo di vivere questa città, sforzandoci di viverla come la vivono i moscoviti.
Arriviamo all’Artist Hostel, a poco più di un chilometro dalla piazza rossa. È pulito e carino. In compenso il personale è maleducato e arrogante. Per fortuna ci passeremo poco tempo.
Dopo una spesa al vicino supermercato e una cena nella cucina comune andiamo a letto. Domani Mosca ci aspetta.