Siamo an Istanbul, l’erede di Costantinopoli e di Bisanzio, la città più grande della Turchia; una vera metropoli di oltre 16 milioni di abitanti. Una città con più di 2000 anni di storia. Fondata come Bisanzio nel 667 a.C sulla riva europea del Bosforo, è stata la capitale dell’Impero Romano d’Oriente e dell’Impero Ottomano.
Ed è qui la destinazione finale di questo nostro viaggio. Ora ci rimangono dei giorni per visitare la città prima di tornare in Italia.
La giornata è stata lunga è faticosa e con qualche imprevisto a cui far fronte.
Ci svegliamo a Silivri piuttosto eccitati. Oggi arriveremo a Istanbul. La colazione è misera, ma, visto l’hotel, non avevamo grandi aspettative.
La bici di Niccolò ha nuovamente una ruota a terra. Ieri la posteriore, oggi l’anteriore. Il copertone è pieno di spine ed io ho terminato liquido sigillante antiforatura per le gomme tubless e, da testone, ho sbagliato a portare le camere d’aria di ricambio. Ne ho due per la bici del Miche, che ha ruote più piccole rispetto al noi, anziché una per il Miche e una per noi.
Fortunatamente a circa due chilometri c’è una ciclo officina. Gonfiando la ruota un paio di volte nel breve tragitto arriviamo all’officina. Sono gentilissimi. Ci mettono un po’ a capire, ma poi prendono la bici. Purtroppo non hanno liquido sigillante, quindi montano una camera d’aria. Guardano le nostre bici come fossero astronavi, cercando, senza che riusciamo a capire nulla, di farci mille domande
È il momento di pagare. Ci chiede 600 lire turche, che corrispondono a circa 18 euro. Considerando il costo della vita in Turchia è decisamente caro.
Paghiamo e, mentre stiamo partendo, assistiamo ad un energetico rimprovero da parte del proprietario verso chi ci ha ci ha chiesto i soldi, dopodiché il proprietario ci chiama e ci restituisce una parte di quanto pagato.
Abbiamo fatto decisamente tardi sono quasi le 11 e siamo ancora a Silivri. La giornata è calda e soleggiata, ma soffia un vento fortissimo e, soprattutto, contrario. Avanziamo con fatica ed i chilometri non passano mai.
Viaggiamo parallelamente alla superstrada con poche soste per riprendere fiato e per bere qualcosa di fresco.
Finalmente arriviamo su una bella ciclabile lungo il mare che seguiremo per dodici chilometri. Chi fa il bagno, chi prende il sole, chi fa un picnic. Sarebbe perfetta e godibile; peccato per il vento che non ci dà tregua.
Niccolò e Michelangelo hanno fame e ci fermiamo a pranzare ad un chioschetto. Hamburger e coca per loro, coca zero per Micky e me. Mentre aspettiamo di ricevere il cibo un genio sui sessant’anni, con bandana e occhiali a goccia specchiati, decide che quello è il luogo ideale nel quale insegnare alla sua compagna ad andare in scooter. Nella pista ciclabile. Con i bambini che scorrazzano. Signora bocciata, visto che si è subito schiantata sulla bici del Miche ferma, fortunatamente senza conseguenze.
Pranzo veloce e ripartiamo. Attraversiamo Avcilar, un comune del distretto metropolitano di Istanbul. Il caldo delle due è terribile. Una bella gelateria richiama la nostra attenzione; potrebbe fare al caso nostro per darci sollievo dalla calura.
Entriamo. Un ragazzo con la la faccia da rocker: capelli ricci lunghissimi e bandana viola, ci da il benvenuto da dietro un bancone con decine di gusti. Ci tiene a dirci che fa tutto lui con ingredienti naturali. Gli diamo fiducia e ordiniamo quattro coppette.
Quando prende il gelato con la paletta per metterlo nella coppetta notiamo che non è cremoso some il nostro, ma più filante, quasi colloso. Al gusto è ottimo, ma la consistenza è decisamente differente.
Si tratta del dondurma, il gelato turco, la cui caratteristica è proprio la sua consistenza gommosa, appiccicosa e filante, sommato al fatto che non si scioglie così facilmente.
Oltre agli ingredienti tradizionalmente utilizzati per il gelato quali latte, creme, zucchero, frutta, nel dondurma sono presenti il salep, un addensante naturale chiamato ottenuto da farina ricavata dalla radice dell’orchidea, e il mastic, una resina vegetale che gli conferisce ala sua tipica consistenza gommosa e filante. Il gelato più che leccarlo si morde.
Prima di ripartire facciamo il bis con un’altra coppetta ciascuno.
Finisce la ciclabile e ci ritroviamo in una strada ad alta percorrenza. Siamo vicini al porto. I camion ci sfrecciano accanto veloci e troppo vicini. Obiettivamente pedalare qui è un po’ pericoloso. Qualche chilometro ed arriviamo ad un porticciolo da dove prendiamo un traghetto per arrivare quasi nel centro di Istanbul. Ci ricorda l’arrivo a Manhattan. Nell’attesa Niccolò e Michelangelo mangiano un panino con pesce alla griglia, cipolla e insalata.
Mezz’ora di navigazione e siamo an Istanbul. Per arrivare in hotel mancano otto chilometri di ciclabile e cinque di strada nel mezzo all’asfissiante traffico cittadino.
La ciclabile segue un bel parco che si affaccia sul mare; è affollato di famiglie, persone che fanno sport e ragazzi che giocano. Una cosa curiosa è il fatto che siamo disponibili così tante aree dotate di attrezzi per allenarsi, a dire il vero numerosissime anche in tutta la Turchia che abbiamo visto.
Siamo ora nel centro. Il traffico è congestionato. Un concerto di clacson che suonano. Il rispetto per noi ciclisti è pari a zero. Qui vige la legge della giungla. Le auto guadagnano ogni singolo metro con la prepotenza.
Sono le otto di sera quando, entriamo nella grande piazza Sultanahmet. Di fronte a noi la Moschea di Santa Sofia, alle nostre spalle la Moschea Blu. Sono imponenti e bellissime. Una foto veloce con le bici e via. Ci sarà tutto il tempo per visitarle nei prossimi giorni.
Il nostro hotel è a meno di cinquecento metri dalla piazza. Il ragazzo della reception e gentilissimo. Ci cambia la stanza, rispetto a quella che avevamo assegnata, per farci dormire al piano terra. In questo modo possiamo mettere le bici in camera.
Usciamo velocemente per cenare. Il vicino Domino’s Pizza è una soluzione pratica e veloce. Poi doccia e a letto. Siamo stanchissimi.
Nei prossimi tre giorni visiteremo questa bellissima e caotica città ricca di storia.