Dopo due giornate intense, abbiamo lasciato alle spalle i verdi e misteriosi Carpazi, ritrovandoci immersi nelle pianure gialle e infuocate della Romania, dove il termometro segna 37 gradi.
Ci svegliamo a Pârâul Rece, quasi al valico. Ci aspetta un ultimo tratto di salita prima di iniziare la discesa. Anche se pedaliamo su una strada trafficata, gli occhi di tutti sono rivolti alla foresta, sperando di scorgere un’ombra nera tra gli alberi, un orso forse. Ma invano.
La discesa inizia accompagnata da una lunga e inspiegabile coda di automobili e camion quasi fermi. Forse un incidente. Procediamo lentamente lungo la fila, per chilometri. Lungo la strada, bambini vendono cestini di more e lamponi agli automobilisti in attesa, mentre una sfilza di bancarelle propone pelli, oggetti in legno e cianfrusaglie che sembrano più tirolesi che rumene.
La fila di veicoli si snoda per 15 chilometri, fino a Sinaia, la “Perla dei Carpazi”, celebre località turistica con montagne verdi d’estate e piste da sci innevate d’inverno, dove risiede il famoso castello di Peleș, considerato uno degli edifici più belli d’Europa.
Non c’è stato alcun incidente; il collo di bottiglia è proprio Sinaia, complice una rete stradale insufficiente.
Ci fermiamo nella pittoresca località per visitare il castello. Saliamo lungo una strada acciottolata per avere conferma, ancora una volta, che i monumenti famosi non ci vogliono. Il castello è completamente avvolto dalle impalcature e da tendoni per la ristrutturazione.
Attraversiamo la piccola località turistica, affollata di persone, e ci fermiamo in un parco per un pranzo leggero acquistato al supermercato, quando inizia a piovere. L’iniziale pioggerella si trasforma presto in un acquazzone, costringendoci a cercare riparo sotto una tettoia.
Con ancora più di venti chilometri da percorrere, attendiamo che la pioggia diminuisca, indossiamo le giacche impermeabili e ripartiamo. Non ci fermiamo più fino a Breaza, una cittadina circondata dalle colline subcarpatiche, dove ci accoglie una signora dalla carnagione bianchissima ed i capelli nero corvino. Se l’avessimo incontrata al castello di Dracula, avremmo potuto dubitare del suo essere viva. Dopo un po’ di relax, ceniamo in un vicino bistrot tra hamburger e piatti tipici per poi andare a letto.
La mattina seguente è luminosa e soleggiata. Facciamo colazione in camera con la nostra scorta di cibo, custodita nella dispensa mobile, ovvero borsa della bici di Michelangelo. Il caldo è già soffocante, con temperature mattutine ben sopra i trenta gradi.
Scendiamo di altitudine, lasciando il verde delle foreste per i campi di mais bruciati dal sole. Pedaliamo su strade secondarie a ritmo sostenuto, dovendo percorrere circa ottanta chilometri.
Attraversiamo piccoli paesi, dove non c’è molto da vedere, se non qualche mini market per una bibita fresca o un frutto. Incontriamo carretti trainati da cavalli carichi di fieno, legna o verdure, un affascinante spaccato della vita rurale rumena.
Gli ultimi quindici chilometri sono su strade sterrate e polverose, tra cantieri e mezzi pesanti che asfaltano nuove strade.
Finalmente arriviamo a Tâncăbești, l’ultima tappa prima di Bucarest. Abbiamo affittato due piccoli monolocali sul lago. Gli appartamenti, moderni e funzionali, si affacciano con un terrazzino sullo specchio d’acqua.
Oggi è previsto un altro dei riti indissolubili dei nostri viaggi: la spaghettata aglio, olio e peperoncino. Micky ed io usciamo a fare la spesa, mentre Michelangelo e Niccolò rimangono al fresco dell’aria condizionata. Fuori, il termometro segna trentasette gradi. Dopo un po’ di relax, cuciniamo e ci godiamo la spaghettata davanti a un tramonto sul lago. Domani arriveremo nella capitale.