Siamo bloccati a Invercargill. Le biciclette sono legate. I bagagli disfatti in una cabin da due posti, l’unica disponibile per questa notte. Fuori incombe la bufera. Un vento fortissimo, vicino ai 100 km/h, e una pioggia che, a ondate, sferza la città, ci ha fermato in questa piccola e grigia cittadina.
Ci svegliamo la mattina a Edendale. Il tempo è pessimo. Piove e c’è un forte vento. Attendiamo che la pioggia cali di intensità e partiamo imboccando la statale che conduce a Invercargill. Dudu non si sente bene; lamenta mal di pancia e un malessere generale, anche se per gran parte della mattina ha giocato col Miche. Probabilmente è un malessere passeggero, tuttavia rallentiamo ulteriormente e facciamo attenzione che non peggiori. Lo teniamo calmo e diamo più tempo per il recupero. I bimbi sono sempre al primo posto.
Il malessere, piano piano, fortunatamente svanisce, ma il vento aumenta. Ora si fa davvero fatica a stare in piedi. Si procede pianissimo e ogni folata più forte rischia di scaraventarci a terra.
Un pick-up rallenta, alla guida un signore mi chiede se è tutto ok e io, facendo attenzione a lasciare con una mano il manubrio, gli faccio cenno con il pollice che va tutto bene. Ci saluta e riprende la marcia. Intanto il vento continua ad aumentare, tanto da far cadere il Miche.
Passano dieci minuti e il pick-up blu torna indietro, fa inversione e mi si affianca. L’uomo, con una espressione preoccupata, mi dice che sta andando ad Invercargill a trovare sua madre e che con quel vento, per noi, sarà difficile arrivarci, inoltre è previsto un ulteriore peggioramento. Ha un carrello e si offre di caricare le bici sul carrello. Vista la situazione, accettiamo di buon grado ringraziandolo.
A bordo oltre a Keith i suoi quattro figli, Kaitlyn, una ragazzina di 12 anni, Joshua un bambino di 10 anni e le gemelline Annah e Jessica di 8 anni. Con un po’ di disappunto da parte nostra Kaith fa accomodare i bambini nel cassone coperto del pick-up, insieme ai nostri bagagli. Avrebbe dovuto essere il nostro posto, ma comanda Keith e i bambini sono ben felici di andare dietro 😊. Ci accolgono con simpatia e curiosità. Keith è un commerciante di trattori e un volontario dei vigili del fuoco. Passa il tempo libero con i figli o facendo dei giri in bicicletta. Durante il viaggio parliamo di un po’ di tutto.
Arriviamo ad Invercargill in tarda mattinata. Keith ci aiuta a scaricare le bici e i bagagli; facciamo qualche foto insieme e ci salutiamo.
Il tempo continua ad essere pessimo. Pioggia e vento. Andiamo al campeggio nel quale abbiamo riservato una cabin per l’ultimo giorno. Speriamo che ne abbia una libera per stasera, poiché il vento non ci consente di dormire in tenda. Fortunatamente ne è rimasta una libera. Prendiamo possesso della cabin e usciamo senza biciclette, anche se è domenica, e probabilmente i negozi saranno chiusi. Mentre giriamo in centro tra le vetrine spente ricevo una mail sul blog da parte di Keith. Mi dice che ha parlato con sua mamma e, se vogliamo, la madre può ospitarci a casa sua fino a quando rimarremo a Invercargill. Che bella persona abbiamo incontrato.
Decliniamo l’invito ringraziando sentitamente, ma abbiamo già preso la cabin, inoltre non vorremmo disturbare.
Ci scambiamo qualche email e ci accordiamo che se domani non andremo in bici, a causa del vento che dovrebbe ulteriormente rafforzarsi, ci sentiremo.
Intanto, dopo una spesa in centro al supermercato e una birra al negozio di liquori (perché qui in Nuova Zelanda la licenza per i liquori è comunale e a Invercargill la licenza ce l’ha un solo negozio che vende ogni genere di liquore) torniamo al campeggio. Passiamo il resto del pomeriggio nella sala comune a tra compiti e tv, dove guardiamo prima il bel talk show di Ellen DeGeneres e poi “Seven Worlds One planet”, un bel documentario di David Attenborough. Relax assoluto prima di una doccia, e una bella dormita.
Ci svegliamo piuttosto presto, ma è chiaro sin dalle primissime ore della mattina che non prenderemo la bici nemmeno oggi. Il vento ci sposta anche nel breve tragitto tra la cabin e la cucina. La pioggia è torrenziale. Durante la colazione discutiamo il da farsi.
Il nostro obiettivo di raggiungere Bluff, la punta più a sud dell’isola, sembra vacillare; se vogliamo raggiungerla, l’unica soluzione appare quella di prender un auto a noleggio.
Intanto mi scrive Keith il nostro nuovo buon amico neozelandese. “Cosa fate?”. Gli diciamo della nostra intenzione di raggiungere Bluff in auto e che stiamo uscendo per andare al vicino aeroporto a noleggiarne una.
Per lui, di andare a noleggiare un auto non se ne parla. Insiste per fornirci l’auto per il tempo che ci sarà necessaria. Non potendo sempre rifiutare, rischiando di essere scortesi di fronte a tanta gentilezza, accettiamo chiedendo se i suoi figli vogliono venire a Bluff con noi. Kaitlyn accetta volentieri.
Dopo una mezz’ora si presenta Naomi, la mamma di Keith, in auto con Kaitlyn. Ci fa salire e si accompagna a casa, dopodiché ci lascia l’auto, una volta che le abbiamo promesso che la sera ceneremo insieme.
In Nuova Zelanda, così come Inghilterra, e in tutto il Commonwealth, si guida a sinistra. Sembra facile, ma non lo è affatto. Devo guidare concentratissimo; la cosa a cui devo prestare più attenzione è il fatto che tendo a stare troppo sulla sinistra; inoltre ogni volta che voglio mettere la freccia aziono i tergicristalli, essendo i comandi invertiti. Non so se Kaitlyn si stia divertendo o sia terrorizzata, ma ride un sacco.
Arriviamo a Bluff. Dobbiamo camminare abbassati in avanti per non essere spazzati via dal vento. La missione è compiuta, anche se in modo un po’ roccambolesco.
Saliamo sulla collina che sovrasta Bluff prima di andare nella punta dove, su di un palo, sono collocati vari cartelli con le distanze da vari luoghi. New York è più vicino di Londra di quasi 5000 km!
Prima di tornare verso Invercargill mangiamo Fish & Chips in un piccolo locale deserto, ma con dell’ottimo cibo.
Una visita ai grandi magazzini, dove acquistiamo un piccolo dono per i quattro fratellini, un passaggio al negozio di liquori per un Sauvignon Blanc della regione del Canterbury e una fermata per comprare dei cheesecake prima di andare a cena da Noemi.
L’ultima prova prima della cena è quella di parcheggiare l’auto in uno strettissimo garage in un lato della casa al termine di uno stretto vialetto. Prova superata per un pelo!
Ad accoglierci la zia di Kaitlyn che vive cona mamma. Noemi è in cucina che sta preparando la cena e la tavola è apparecchiata.
La casa, dove Noemi ha cresciuto i suoi quattro figli, è disposta su di un piano, interamente in legno e con la moquette per terra. Nella sala una stufa alimentata con delle grosse pigne riscalda la stanza.
Keith arriva dal lavoro, e con lui la moglie Melanie. Ci salutiamo affettuosamente e ci mettiamo a tavola.
Il menù prevede tortino di carote, cavolo stufato, piccole patate lessate sulle quali mettere il burro, piselli e agnello bollito con una salsa scura e un condimento alla menta. A seguire due fantastiche torte al cioccolato, accompagnate da panna e gelato alla vaniglia. Una cena buonissima e tipica di queste parti insieme a delle persone piacevoli.
Alle undici torniamo alla nostra cabin. Domani sarà l’ultimo giorno in questo affascinante paese. Vediamo come sarà il tempo prima di decidere cosa fare.
Foto della prima giornata
Foto della secondta giornata
Comments
1 commentoFrancesca
Gen 8, 2020Mi dispiace per il tempo. Ma sai che questo post mi ha fatto venire le lacrime agli occhi dalla commozione? Che persone incredibilmente ospitali che avete incontrato!
Alessandro Falleni
Gen 8, 2020Francesca, noi crediamo che nel mondo le persone buone siano di più di quelle cattive. Questo ne è un esempio. Ora abbiamo degli amici dall’altra parte del mondo 😊