Il primo vero giorno a Kathmandu. Una giornata piena, tra templi, riti, preghiere, vie strette ed affollate, persone gentili, sorrisi di bambini e fiumi come fogne a cielo aperto. In un giorno abbiamo già capito la bellezza e i contrasti di questa città, punto di partenza di tanti alpinisti e escursionisti che si preparano alla scalata della vita. Una città che merita di essere sicuramente visitata e ancor di più vissuta.
Ci svegliamo nel quartiere periferico di Boudhanath che ci ha accolto ieri con il suo traffico e con la bellissima ed imponente Stupa, chiamata la stupa dell’illuminazione o Bodhi Stupa, la più grande del mondo, patrimonio mondiale dell’UNESCO, nonché il tempio buddhista più importante di Kathmandu.
Lo stupa è il monumento buddhista per eccellenza. Essa rappresenta l’immagine o manifestazione del Buddha, della sua Legge e dell’universo cosmico.
Ha un’architettura carica di simbolismo. La cupola alla base rappresenta il globo terrestre. Su ogni lato dello stupa sono disegnati due grandi occhi del Buddha che vede tutto e guarda tutto e rappresentano la conoscenza e la compassione. Sopra questi ultimi è presente il terzo occhio. Il ghirigoro poco sotto gli occhi è un simbolo nepalese (ek) che simboleggia l’unità. Al di sopra degli occhi del Buddha vi è una struttura simile a un cono o una piramide a gradini con 13 livelli che rappresentano gli stadi dell’illuminazione.
Ci godiamo lo Stupa alla luce del sole andando due alla volta; prima io e Niccolò, poi Micky e Michelangelo. All’interno delle prime mura si trovano i giardini ricchi di offerte floreali. In un angolo numerosi fedeli si inginocchiano e si prostrano su delle tavole di legno posizionate per terra, recitando i loro mantra.
È ora di prendere la bici e spostarci verso il centro della città. Lungo il percorso tanti bambini con la divisa scolastica che ci sorridono, ci salutano o cercano di comunicare con noi.
Ci immettiamo in strada. La pedalata è carica di tensione. Sarà che dobbiamo abituarci a questo modo di guidare, ma è veramente faticoso. Oltre ai mezzi che sfrecciano ovunque e al fatto che non esistono precedenze o regole si sentono continui colpi di clacson, utilizzato in un modo che a noi sembra inconcepibile.
Arriviamo ad un grosso incrocio presidiato da un poliziotto. Il criterio con il quale dirige il traffico è ignoto. Stiamo fermi oltre dieci minuti mente alternativamente fa passare tutti. Dietro a noi una fila interminabile di auto. Di fianco a noi almeno cento motorini e moto che rendono l’aria irrespirabile.
Finalmente ci fa passare, complice qualche motorino che impegna l’incrocio, bloccando di fatto la circolazione. Ora è davvero il caos. Non sappiamo dove andare. Pedaliamo in fila indiana sperando che nessuno ci faccia cadere.
Ora siamo nel centro di Kathmandu. Il programma dei prossimi due giorni sarà fittissimo. La prima tappa ci porta al tempio di Pashupatinath, il tempio induista più importante del Nepal, anch’esso patrimonio dell’UNESCO.
Sorge sulle rive del fiume Bagmati, che noi definiremmo più una fogna a cielo aperto. Il colore varia dal marrone scuro al nero e l’odore di fogna è forte. I rifiuti sono ovunque, sia sulle rive sia nel mezzo al fiume, eppure ci sono persone che fanno tranquillamente il bucato.
Arriviamo al tempio dedicato a Shiva, una delle divinità principali dell’induismo. L’induismo è una religione monoteista nella quale un unico Dio si manifesta in molteplici forme. Le
Divinità sono davvero moltissime, ma le principali sono tre: Brahama crea l’universo, Vishnu lo conserva e Shiva lo distrugge.
Non essendo di fede indù a noi non è permesso entrare, ma possiamo visitare l’enorme area adiacente costellata di numerosi piccoli templi. All’ingresso dell’area cattura subito la nostra attenzione una specie di santone con la faccia colorata di arancio sdraiato per terra insieme alla propria mucca. In generale qui l’igiene non è al primo posto. Prima andiamo io e Niccolò lasciando Micky e il Miche a custodire le biciclette.
All’area si accede scalzi. All’interno non troviamo quell’aspetto sacro che avremmo potuto aspettarci. Un gran trambusto di persone: chi canta, chi balla, chi prega, chi mangia; santoni dalle lunghe barbe bianche. Ci sono bancarelle che vendono offerte per gli dei e oggetti religiosi. Quello che colpisce è la moltitudine di colori che c’è e che trasmette gioia.
Torniamo alle biciclette per dare modo a Micky e al Miche di visitare il luogo.
Qui nel tempio di Pashupatinath sono cremati i defunti, secondo il rito induista e le ceneri sono disperse nel fiume. Un rito svolto correttamente assicura la reincarnazione.
Ora possiamo andare verso l’hotel Pendiamo possesso della stanza e scarichiamo i bagagli. Leghiamo le bici e andiamo a visitare il centro.
Andiamo a Swayambhunath conosciuto come il tempio delle scimmie. Una preghiera qui vale tredici miliardi di volte rispetto una preghiera recitata in ogni altro luogo. La stupa sorge sulla cima di una collina ed è raggiungibile attraverso la salita di 365 ripidissimi scalini.
Tutto intorno al tempio innumerevoli sacri macachi, che cercano cibo, si rincorrono, si spulciano e compiono qualche furto. Sono comunque meno invadenti dei macachi che in Thailandia hanno rubato le matite a Michelangelo.
Percorriamo i 365 gradini, tra statue buddhiste e induiste, macachi e venditori di ogni tipo di oggetto sacro e souvenir. Sulla cima la stupa con la classica architettura descritta in precedenza oltre ad una serie di templi più piccoli sia buddhisti sia induisti. La simbologia del luogo è sterminata. Occorrerebbe un tomo intero per poterla solo descrivere.
Ci soffermiamo davanti al tempio induista di Hariji. È dedicato a Harati Mandir, la dea del vaiolo e altre epidemie. Qui facciamo un rito indù che consiste nel ricevere il tilak, una sorta di benedizione ricevuta attraverso un segno rosso sulla fronte e posizionandosi un fiore sulla testa.
La presenza di questo tempio indica la mescolanza tra induismo e buddhismo nello sviluppo delle tendenze religiose del Nepal. Poiché i buddisti non avevano divinità per proteggersi dal temuto vaiolo, adottarono la divinità indù per ricevere assistenza.
Prima di lasciare il luogo acquistiamo delle bellissime bandierine di preghiera tibetane, generalmente utilizzate per benedire i luoghi, perché con il vento spargono le preghiere.
Torniamo ora verso l’hotel dove abbiamo prenotato quattro magnifici massaggi ayurvetici.
Al termine della giornata un massaggio con l’olio caldo è quello che ci vuole. Un’ora di relax e poi ceniamo in un vicino ristorante a base di un tipico piatto nepalese composto da del riso al centro e tante piccole ciotole intorno dal contenuto sconosciuto, ma buone.
Ora è davvero ora di andare a letto. Domani continueremo a conoscere le meraviglie di questa città che ci ha già conquistato.