Havlíčkův Brod, una città storica della Vysočina, una regione caratterizzata da colline ondulate, foreste dense, fiumi e laghi nel cuore della Repubblica Ceca. Siamo al riparo in un mini appartamento all’interno di un hotel di periferia costruito in un ex dormitorio per lavoratori. Fuori è decisamente freddo e piove, così come, ad intermittenza, ha piovuto per tutta la giornata.
La sveglia mattutina è il rumore della pioggia sul tetto della nostra camera. La giornata si preannuncia piuttosto impegnativa. Appena sentiamo aprire il piccolo caffè al piano di sotto, scendiamo per la colazione. Siamo i primi clienti e la signora ci fa sentire coccolati. Ci serve della frutta fresca, dei waffle fatti con l’impasto dei croissant insieme a salumi, formaggi, marmellate e Nutella. Yogurt, pane tostato e latte macchiato completano una colazione abbondante.
Ormai ha quasi smesso di piovere. Carichiamo le bici e partiamo, anche se Niccolò zoppica per aver battuto violentemente il ginocchio sulle scale. Iniziamo a pedalare, ma il ginocchio continua a fargli male ed è gonfio. Ci fermiamo in un supermercato per comprare del ghiaccio o qualcosa di simile. Ne veniamo fuori con un contorno di verdure miste surgelate; non sarà il top, ma è efficace.
Ripartiamo pronti per affrontare i primi venticinque chilometri completamente in salita, a tratti con pendenze di oltre il 10%. Micky soffre parecchio le salite e, anche se non molla mai, si scoraggia vedendo la strada che sale. Dai 200 metri s.l.m dai quali siamo partiti, ora balliamo costantemente tra i 500 e i 550 su un tracciato decisamente mosso.
Ci fermiamo in un parco giochi pulito e curato, vicino a uno stagno. Il minuscolo paese è deserto e non ha neanche un negozio. Possiamo riposarci un po’; Niccolò e Michelangelo mangiano del pane con la marmellata, mentre un gattino nero, come il nostro Brivido Cosmico, ci gira intorno chiedendo coccole e distribuendo fusa.
Intanto, ricomincia a piovere. Prima di ripartire indossiamo le giacche da acqua. Continuiamo a salire e attraversiamo un bosco di querce. Procedo a zigzag cercando di schiacciare quante più ghiande possibile, ma sentendo i continui scoppiettii, probabilmente non sono il solo.
Finalmente scendiamo. Dopo 55 chilometri e quasi 800 metri di dislivello, arriviamo in hotel. L’appartamento ha una bella vasca, così ci regaliamo una mezz’ora ciascuno di relax. Michelangelo è esausto e non ha la forza di andare a cena fuori.
L’appartamento non ha una vera e propria cucina, ma ha un forno a microonde. Andiamo nel vicino supermercato Billa a vedere come possiamo combinare la cena. È quasi ora di chiusura. Ne usciamo con del pane, un’improbabile salsina da spalmare a base di bacon e salmone (scelta da Niccolò), del pollo cotto al girarrosto, alette di pollo fritte, delle minestrine di verdure e quattro dessert.
Domani sarà una tappa di scarico a causa delle difficoltà nel trovare un posto per dormire. Trentacinque chilometri con poco meno di cinquecento metri di dislivello possono permetterci di fare le cose con calma.