Avremmo dovuto essere a Bar, una moderna città sulla costa adriatica con il porto più grande del Montenegro, invece siamo a Podgorica, un luogo surreale dove il tempo sembra essersi fermato.
Palazzoni fatiscenti che richiamano la vecchia architettura sovietica e simboli della vecchia Jugoslavia, quando la città si chiamava ancora Titograd in onore del maresciallo Tito, capo del regime comunista Jugoslavo.
Dopo aver trascorso una notte tranquilla la sveglia delle sette suona con tuoni e fulmini. L’acqua cade ininterrottamente con violenza, tanto che, dopo neanche un ora, da una casa di fronte alla nostra finestra, una signora si impegna a svuotare la propria abitazione dall’acqua.
Speriamo che smetta di piovere, o almeno che diminuisca, perché così è difficile anche pedalare.
Facciamo colazione con calma, aspettiamo un’ora, ma il tempo non sembra migliorare.
Occorre pensare a qualcosa. Ad una sessantina di chilometri da Budva, al di là delle montagne, c’è Podgorica, la capitale del Montenegro.
Se riuscissimo ad arrivare a Podgorica, domani potremmo percorrere la sponda est del lago di Scutari, il più grande lago dei Balcani al confine tra Montenegro e Albania, ed arrivare nella città di che prende il nome dal lago, come da programma originale.
Cerco di prenotare quattro posti in pullman, ma ogni sito dice che i posti per Podgorica sono sold out. Con l’aiuto di una gentilissima cameriera cerchiamo un taxi o un transfer con un furgone in grado di trasportare le bici, ma anche questo tentativo non produce alcun risultato.
Indosso la giacca in goretex e vado direttamente al bus terminal. Spiego la situazione al ragazzo che vende i biglietti e lui mi rassicura dicendo che non ci sono problemi. Compro quattro biglietti per Podgorica per le 12:35.
Torno trionfante alla casa. Il check-out deve essere fatto entro le 12, pertanto ci godiamo un po’ di relax prima di prepararci ed andare verso il bus terminal sotto il diluvio.
Puntualmente, durante il tragitto, ci inzuppiamo di acqua, e, per le 12:20 siamo in attesa del nostro pullman della Royal Travel.
Finalmente arriva; davanti al conducente si crea una ressa di persone come se fosse una rockstar. Arriva il nostro turno, e, anche se il pullman non è al completo, e c’è ancora posto poter sistemare tranquillamente le bici, il conducente ci dice che dobbiamo attendere il pullman successivo, in arrivo tra dieci minuti. Un po’ contrariati attendiamo.
Passano i minuti e il pullman non arriva. Chiedo alla biglietteria e mi dicono che arriverà.
Dopo circa un’ora arriva. Ci avviciniamo con le biciclette al conducente, che abbastanza scocciato ci risponde che non le imbarcherà perché non ha posto. Insistiamo. Il posto c’è, ma è sempre più scortese. Il fatto è che non siamo disposti a lasciar perdere anche questa volta.
Alla fine si convince; controvoglia e brontolando ci fa mettere le bici e salire a bordo.
Un’ora e mezza di viaggio, tra montagne, cartelli con scritte in cirillico e bandiere del Montenegro, sempre utili per contribuire a rafforzare l’identità di uno stato giovane, e siamo nella capitale. Qui non piove. Prima di dedicarci alla visita della città, per la quale una mezza giornata appare più che sufficiente, andiamo a lasciare bici e bagagli in hotel.
Ora siamo pronti a visitare questa città che, per alcuni aspetti, ci ricorda alcune città russe che abbiamo attraversato nel viaggio da Varsavia a Mosca.
La prima tappa è la new town, la parte nuova di Podgorica, che a dispetto di quanto ho appena scritto ha pochissimo di tradizionale e moltissimo di occidentale. È ricca di negozi e ristoranti. Qui su un angolo di Republic Square svetta il Capital plaza, un edificio tutto in vetro che ospita un hotel ed un centro commerciale.
Proseguiamo fino alla Cattedrale della risurrezione di Cristo, che sorge in un area tra vecchi e malandati palazzi. È una delle chiese più importanti dell’intera regione balcanica.
La chiesa, iniziata nel 1993 ed inaugurata nel 1994 dal patriarca russo Alessio II e dal patriarca serbo Pavle, alla presenza di un gran numero di vescovi della chiesa ortodossa russa e della chiesa ortodossa serba è stata completata nel 2013.
Costruita in pietra bianca, con le sue sette croci e numerose sculture, la chiesa non ha uno stile ben difinito. Spazia tra il medievale, il romanico e il bizantino.
L’interno è molto bello. È interamente ricoperto da dipinti in oro e mosaici. Sembra di essere in una chiesa del trecento, fino a quando non si vede, tra i vari personaggi in calzamaglia e in tunica un uomo distinto con la cravatta, che onestamente strappa più di un sorriso.
Inoltre su una delle arcate superiori un affresco raffigura Tito, Marx e Engels che bruciano nelle fiamme dell’inferno.
Proseguiamo attraversando il Millennium brige, un ponte moderno che attraversa il fiume Morača, divenuto rapidamente uno dei simboli di Pogdorica.
Arriviamo nella città vecchia. Qui le piccole case in pietra fanno dimenticare i palazzoni delle periferie. Scendiamo per delle scale fino al punto in cui il fiume Ribnica si getta nella Morača. Attraversiamo un vecchio ponte in pietra. Intorno a noi quel che resta di una fortezza che per molti anni è stata utilizzata come magazzino di munizioni fino a quando nel 1978 fu quasi completamente distrutta da un fulmine che innescò un’esplosione.
Concludiamo il nostro piccolo tour alla torre dell’orologio. In una piazza ai limiti della città vecchia svetta questa torre costruita durante l’impero ottomano a metà del 1600 e ben conservata. Qualche foto e possiamo dedicarci alla cena.
Vogliamo andare da Pod Volat, un ristorante tipico ed economico piuttosto famoso in città a due passi dalla torre dell’orologio.
Arriviamo di fronte al locale, ma come da tradizione lo troviamo chiuso. Da oggi fino al 15 agosto.
Finiamo nel solito localaccio a mangiare Cevapi in piedi al bancone.
Ora possiamo tornare in hotel a riposarci. Domani costeggeremo il lago di Scutari ed attraverseremo il confine con l’Albania.