Passare da very normal people a very important people in un giorno. È quello che ci è accaduto oggi.
Dopo una colazione a base di frittata salatissima, ci prepariamo per uscire. La SIM card ovviamente non era in hotel, come ci avevano assicurato i due autisti, Orazio e Gaspare. Ci hanno raccontato questa bugia per non fermarsi ad un negozio Airtel, la compagnia telefonica locale.
La nostra priorità è quindi trovare una SIM card indiana per non rimanere isolati. Ci facciamo indicare il negozio più vicino dal ragazzo della reception.
Carichiamo e bici e ci gettiamo nel traffico, che anche se caotico, ci spaventa meno. Abbiamo imparato a prendere le misure a questo tipo di guida, anche se non ci abitueremo facilmente ad essere storditi dai clacson. D’altra parte il motto delle strade India è: “Good horn, good brakes and good luck!”
Poco meno di due chilometri e siamo fuori da Airtel Store; un gruppo di persone sta aspettando che apra. Ci mettiamo in coda, mentre una piccola folla, incuriosita da quattro stranieri occidentali in bicicletta, ci circonda.
Apre il negozio. Prendo il passaporto ed entro. Il manager mi invita a seguirlo davanti ad una commessa e saltando completamente la fila. La procedura per avere una SIM card prepagata è piuttosto lunga. Occorre fornire ogni sorta di informazione, dal livello di istruzione, al lavoro svolto fino ai dati anagrafici del padre.
Mentre sono impegnato a riempire fogli ed inserire codici noto che fuori ci sono almeno un centinaio di persone accalcate, con tanto di servizio d’ordine improvvisato. Preoccupato che fosse successo qualcosa esco dal negozio; è tutto tranquillo, semplicemente c’è la fila per fare i selfie con Micky, Niccolò e Michelangelo. I selfie? Ci avranno forse scambiate per qualche personaggio famoso?
Completo l’acquisto della SIM ed esco facendomi largo tra la folla. Mi chiedono qualche selfie e qualche fotografia, girano video e fanno qualche diretta sui social, prima di lasciarci andare.
Piano piano lasciamo Gorakhpur tra auto, camion mezzi arrugginiti con le gomme lisce come le auto di formula 1 e con carichi impossibili, biciclette utilizzate come mezzi da carico, risciò guidati da biciclette, Api Piaggio utilizzate come pulmini che ospitano fino a 10 persone, camioncini e ogni sorta di motorino e moto.
Ai lati della strada spazzatura e fogne a cielo aperto Il naso brucia dall’odore degli scarichi e della spazzatura, che, come forma di smaltimento, viene bruciata.
Ovunque ci sono cani randagi che cercano qualcosa da mangiare e mucche magrissime che mangiano la spazzatura. Un impatto visivo decisamente forte per questo primo giorno ufficiale di India.
Intanto superiamo un casello e ci immettiamo in autostrada. Non cambia molto rispetto alla statale. Il traffico non è più ordinato, le mucche girano tranquillamente, e poi noi stiamo viaggiando su un’autostrada in bicicletta.
Dai lati della strada le persone ci salutano come fossimo star, le moto si affiancano per farci video e foto, ed è complicato anche fermarci. Ad ogni sosta, anche brevissima, come per sistemare una borsa, siamo accerchiati da persone di tutte le età in cerca di selfie o un saluto. Siamo decisamente in imbarazzo.
È quasi ora di pranzo; due ragazzi su di una moto ormai viaggiano da almeno mezz’ora di fianco a noi. Uno di loro ci dice che per lui sarebbe un grande onore poterci offrire del tè. Rispondo, cortesemente, che ci fermeremo tra cinque chilometri quindi in quel momento non possiamo prendere il tè. Ci salutano e vanno via.
Pedaliamo fino al villaggio in cui abbiamo pianificato la sosta. Da un locale fatto di pochi assi di legno e un tetto di lamiera si sbraccia il ragazzo della moto. Non possiamo sfuggirgli. Ci fermiamo. Ci accoglie come fossimo cari amici invitandoci a prendere tutto quello che vogliamo perché siamo suoi ospiti. Prendiamo un té e dei samosa, una specie di triangolino di pasta fritta con all’interno un composto di patata speziata e piccantissima.
Parliamo con questo ragazzo, che ci dice che per lui siamo come fratelli, sempre immersi tra foto e selfie. Chiedo come mai tutta questa attenzione nei nostri confronti. Non siamo persone famose, ma una famiglia normale in bicicletta. Risponde che in queste zone non si vedono mai degli occidentali. Ci vedono bianchi, belli, ricchi ed incarniamo tutto quello che loro sognano di essere. Ci spiega che per tanti di loro solo poterci vedere è un sogno che si avvera. L’imbarazzo lascia il posto alla consapevolezza del luogo in cui siamo e se possiamo, in qualche modo, regalare un sorriso lo faremo.
Prima di partire sosta nella toilette. Il campo dietro al locale! Notiamo nella fogna adiacente galleggiare un enorme serpente morto. Almeno due metri. Chiedo se è un cobra ad un signore. Risponde che non è velenoso. I cobra sono nel campo dietro al locale e dobbiamo stare attenti. Perfetto. Noi abbiamo già fatto.
Ringraziamo tutti per l’affetto e ripartiamo, prima di declinare gentilmente un invito a cena. Lungo la strada regaliamo saluti e sorrisi. Alcune ragazze si mettono le mani nei capelli e battono i piedi urlando come fossimo rockstar. C’è spazio anche per un saluto ai parenti Un ragazzo in moto si affianca per salutarmi, poi improvvisa una videochiamata con la fidanzata e la sua famiglia affinché saluti anche loro, dopodiché passa da Michelangelo, Niccolò e Michela. Così hanno salutato tutti.
Finalmente arriviamo a a Kushinagar, luogo dove è morto ed è stato cremato Buddha. Entriamo all’hotel Imperial, un hotel decisamente di lusso per gli standard di questi luoghi. È già tardi, quindi la visita ai luoghi sacri è rimandata a domani.
Doccia e andiamo cena. Un gruppo di turisti cinesi sta mangiando. Ci sistemiamo in fondo alla stanza, accanto ad una coppia di ragazzi ed un monaco tibetano.
Un’abbondante cena a buffet e due chiacchiere con i nostri vicini di tavolo. I ragazzi sono di Singapore e ci hanno lasciano i contatti, nel caso passassimo da la. Stanno facendo tutti il Buddha Trail e, dal 27 al 31 dicembre, saranno a Bodh Goya per vedere il Dalai Lama. Noi arriveremo il 30. Ci suggeriscono di compilare un modulo online che ci permetterà di avere un pass per entrare nell’area dove il Dalai Lama incontrerà le persone. Ormai ci siamo. Non ci facciamo sfuggire l’occasione.
Prima di salutarci il monaco ci mette in guardia sul nostro tratto in Bihar. Lo stato del Bihar è ancor più povero dell’Uttar Pradesh, e il rischio di furti è concreto. Ci suggerisce di non tenere in vista cose di valore, quali i cellulari.
Siamo stanchi e la giornata è stata lunga. Dopo qualche foto con il personale di sala del ristorante andiamo a letto.
Domani trascorreremo la mattina a visitare i luoghi sacri, poi ci sposteremo di circa 35 chilometri per arrivare nella città di Deoria.