La notte è passata tranquilla nonostante la febbre di Michelangelo e di Michela. Sveglia intorno alle 9 e controllo febbre. Michelangelo 37,3, Michela 37,7. Prendiamo la mattinata con calma.
Scendiamo nella piccola sala da pranzo del Riad per la colazione, che è abbondantissima. Ci viene servita una spremuta di arance, una specie di ciambellone fatto in casa, yogurt, tre diversi tipi di pancake da accompagnare con marmellate, miele e burro, del pane fresco, uova sode e alla coque, formaggini e le immancabili olive. Inoltre è possibile servirsi del te del caffè americano e del latte.
Io e Niccolò mangiamo come fossimo in carestia, Micky mangia pochino, Michelangelo no mangia quasi niente. Proviamo in tutti i modi a farlo mangiare, ma senza successo. Così può diventare un grosso problema.
Torniamo in camera per uscire poco dopo le undici, senza biciclette.
Ci inoltriamo nel labirinto della Medina di Fès, forse la più caratteristica e affascinante di tutto il Marocco, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Un dedalo di vicoli strettissimi, in continua salita o discesa che si intrecciano tra loro in modo apparentemente casuale.
Camminiamo lungo queste stradine, alcune decisamente dissestate, imbattendoci nei suk, suq o souq, i mercati tipici arabi. Sono divisi in zone per corporazioni artigianali.
Attraversiamo una zona dove ci sono banchi di prodotti alimentari. Mille colori, profumi di spezie e pane appena sfornato, dolciumi e di cibo cotto. Distese di datteri e frutta secca, collane di fichi secchi e secchi di olive. Polli vivi, macellati sul momento, teste di capra, di cammello, cesti di lumache che sgusciano ovunque, cassette di pesci ben disposti e odori nauseabondi. E ancora frutta, verdura, persone che spremono agrumi e melograni. Tutto pochi in metri.
La cosa che ci ha colpito è la differente sensibilità sul rispetto per gli animali che ci divide da questo popolo. Ci hanno disturbato particolarmente le galline per terra legate a due a due per le zampe al fine di mettere in mostra le uova.
Chiunque cerca di venderci le proprie merci i propri servizi con una insistenza che sfiora il fastidio.
Entriamo ora nella zona dell’artigianato. Qui troviamo botteghe di artigiani che lavorano cuoio, metalli e legno. I fabbri, dotati di martelli e mole fanno un gran baccano.
È poi la volta della zona delle pelli e delle concerie. Sulle facciate dei palazzi si vedono le pelli stese al sole ad asciugare. Ci sono i tintori che tingono le pelli in grandi vasche che hanno sul tetto dei palazzi. Vorremmo salire a vederli, ma il Miche inizia ad accusare la debolezza. Accusa stanchezza ed ha il viso bianco.
Decidiamo di incamminarci verso il Riad per farlo riposare.
Ci fermiamo in un postaccio per pranzare. Baguette con pollo per Niccolò, e omelette per me e Michela. Michelangelo niente!
L’omelette che pensavamo semplice è una frittata con patatine fritte, formaggio insalata, pomodori, carote olive e tanta cipolla messa dentro una baguette. Mangiamo in compagnia di un gattino che si fa accarezzare e ci fa le fusa.
Non è facile districarsi in quel labirinto e prima di arrivare al Riad giriamo un po’ a vuoto.
Sono passate da poco le tre e siamo già in camera. Michelangelo si addormenta subito e Micky poco dopo.
Un paio di ore di sonno servono per restituirgli un po’ di appetito. Un po’ di pane e miele e un mandarino sono un buon segnale.
Io e Niccolò decidiamo di uscire per comprare l’acqua per riempire le borracce e i fazzoletti di carta. L’acqua che beviamo deve essere rigorosamente in bottiglia, per evitare problemi gastrointestinali. Ci siamo protetti facendo una cura di fermenti lattici da sette giorni prima della partenza, ma non si sa mai.
Prima di uscire però contrattiamo per un altro massaggio e per la cena. A dire la verità la contrattazione la fa Micky. Io non sono portato per questo tipo di cose, anzi proprio non mi appartengono. Non chiedo mai lo sconto, pensare di trattare alla morte per qualsiasi cosa la riterrei una fatica immane.
Io e Niccolò usciamo senza addentrarci nei meandri della Medina. Un ragazzo giovane è piuttosto molesto ci segue provando a darci indicazioni. Noi sappiamo bene dove andare. Ci siamo spostati si e no di 200 metri dal Riad. Ci segue fino al negozio e poi fino al Riad, pretendendo poi di essere pagato. Ovviamente se ne torna a casa a mani vuote.
Ora possiamo goderci il massaggio con olio di argan. 45 minuti di puro relax. Prima io e Niccolò, poi Michelangelo e Micky. Michelangelo esercita un fascino particolare sulle massaggiatrici. Così come in Thailandia ha un trattamento di favore. Lo spogliano , gli piegano con cura i vestiti, lo massaggiano in due e lo rivestono. Il principino George non avrebbe un trattamento migliore.
È ora di cena. Michelangelo ha promesso che mangerà la tajine di pollo, limone e olive che ho mangiato io ieri sera. Si tratta di uno dei piatti della tradizione marocchina cotto dentro la tajine, una pentola in terracotta tipica dei paesi nordafricani.
Tajine anche per me e Niccolò. Io di polpette, Niccolò di manzo, prugne e sesamo. Per Micky invece una pastilla di verdure. Questo piatto tradizionale della cucina marocchina è sostanzialmente una torta salata le cui origini risalgono al XV secolo quando i Mori, scacciati dall’ Andalusia, si rifugiarono nel Nord Africa portando con loro diverse ricette fra cui quella di questa torta, in spagnolo pastel.
Dopo una cena deliziosa possiamo andare a letto. Stasera sono tutti senza febbre. Domani se la situazione febbrile andrà bene passeremo la mattina nella Medina, per poi prendere le bici ed iniziare a pedalare in direzione Meknes.