Samos. Fine della tredicesima tappa. Una delle più dure e forse delle più belle. O Cebreiro è alle spalle. Lasciata la regione di Leon y Castilla siamo finalmente in Galizia. Siamo anche decisamente in anticipo sulla tabella di marcia, tanto da pensare di arrivare a Santiago un giorno prima, anche se gli ultimi chilometri vorrei gustarmeli roccia dopo roccia, ruscello dopo ruscello, bosco dopo bosco. Panorami stupendi che ricordano quanto la fama della Galizia sia meritata. Solita sveglia all’alba in un oasi di pace con tanto di chiesetta. Un freddo che bloccava muscoli e articolazioni. Un veloce saluto alle gentilissime ospitalere e via, a conquistare O Cebreiro. La salita durissima, fatta un po’ in sella e un po’ a spinta. Il peso della bici e dei bagagli si faceva sentire tutto. Arrivare in vetta una conquista. Una chiesina pensata per farti sentire il benvenuto; all’interno una parete con i vangeli in tutte le lingue a disposizione per essere letti.
Il tempo di fare il pieno di sensazioni belle e di nuovo in sella verso il villaggio medievale di Tricastela, così chiamato perché una volta vi erano tre castelli, dove abbiamo pranzato. Dopo l’idea di allungare la tappa di una ventina di km per andare a dormire in un monastero medievale che da sempre accoglie i pellegrini. Sicuramente non una sistemazione a quattro stelle, ma affascinante. Ospitaleri gentili e cordiali. Alle 19:30 canti gregoriani eseguiti dai sette monaci che vivono nel monastero. Tra canti gregoriani e statue di templari che mozzano teste, sembrava di essere tornati indietro di quasi mille anni.
Ora non mi rimane che riposarmi per domani. Ci aspettano boschi, ruscelli da attraversare, vigneti e colline, ma soprattutto entrare negli ultimi 100 chilometri di cammino.
Notte.
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