Siamo per la seconda notte consecutiva nella nostra tenda nell’unico un campeggio di Vestmannaeyjar, una piccola cittadina nelle isole Vestmann; più precisamente nell’isola Heimaey, l’unica abitabile del minuscolo arcipelago al largo della costa meridionale dell’Islanda.
Il luogo, che solo ieri sera abbiamo deciso di visitare deviando dalla percorso pianificato, ci ha colpito particolarmente tanto che abbiamo deciso di trascorrere un ulteriore giorno in questa isoletta che sembra un luogo incantato.
Il campeggio si trova esattamente al centro della piccola valle di Herjólfsdalur. Lo scenario è di una bellezza spaventosa, da qualunque angolazione si guardi. Siamo circondati da altissime e verdi rocce che si innalzano su tutti i lati come un gigantesco anfiteatro naturale.
Ci svegliamo sotto la cascata Skógafoss intorno alle 7. La notte è stata particolare; il forte rumore della massa d’acqua ci ha tenuto compagnia.
Dovremo pedalare circa cinquanta chilometri per arrivare a Landeyjahöfn, un piccolissimo villaggio dal quale parte il traghetto per l’isola di Heimaey.
Il traghetto parte alle 8:15, 10:45, 13:15, 15:45, e poi ogni ora e mezza fino alle 23:15.
Se saremo bravi e veloci prenderemo quello delle 13:15.
Ci prepariamo e partiamo. Lungo la Hringvegur un vento fortissimo ci frena; forti raffiche ci spingono verso il centro della carreggiata. Occorre fare attenzione. La strada è molto trafficata da auto e pullman di turisti che non sempre sono rispettosi di chi viaggia su due ruote.
Il vento rende necessario effettuare più soste del solito, nelle quali ne approfittiamo per fare uno spuntino o qualche foto. Avanziamo lentissimi: la nostra velocità è inferiore a 10 km/h ed il traghetto delle 13:15 è a forte rischio.
Finalmente svoltiamo a sinistra. La strada corre dritta verso il porto di Landeyjahöfn. Il vento finalmente è a nostro favore. Ci spinge fino a farci tenere una media di 30 km/h.
Arriviamo in tempo per il traghetto.
Saliamo. Durante la traversata riusciamo a vedere la famosa casa più isolata al mondo, che si trova su una piccola isola dell’arcipelago.
Quarantacinque minuti e siamo sull’isola di Heimaey. La cittadina di Vestmannaeyjar è più grande di quello che ci saremmo immaginati. Negozi, villette, un campo da calcio calcato dalle squadre maschili e femminili più titolate d’Islanda, e ogni sorta di servizio. Niente di simile abbiamo incontrato in questi giorni.
Pedaliamo i circa due chilometri che ci separano dal campeggio e montiamo la tenda.
Abbiamo metà pomeriggio libero. Michela ne approfitta per lavorare un po’ e utilizzare la lavatrice per lavare un po’ di vestiti che, tra umidità e polvere, ormai vivono di vita propria.
Io accompagno Niccolò e Michelangelo sulla cima di una delle ripidissime rocce che svettano sul campeggio.
Il sentiero strettissimo corre quasi verticale. In pochi metri sale moltissimo, inoltre il vento aumenta notevolmente con l’altezza. Arriviamo a 200 metri dalla vetta; qui il vento è talmente forte da essere pericoloso. Mi dispiace per i ragazzi, ma si torna a valle. Michelangelo per tutto il viaggio di ritorno mugugna, ma gli passerà.
Arriviamo al campeggio. Io e Michelangelo rimaniamo a rilassarci e a controllare che l’ascugattice ci restituisca i vestiti finalmente asciutti, Niccolò e Micky vanno a fare la spesa.
Intanto arrivano i nostri compagni di viaggio acquisiti: Sebastian e Fabian. Avrebbero dovuto dirigersi verso nord, attraverso strade sterrate, ma Fabian ha rotto due raggi, pertanto hanno deciso di venire a visitare l’isola.
Arrivano Niccolò e Micky. Cena e a letto presto. La nostra applicazione per le previsioni delle aurore boreali ci segnala che tra mezzanotte e le due avremo un indice Kp pari a 4.
L’indice Kp è una scala dell’attività geomagnetica che può assumere valori da 0 a 9. Più l’indice Kp è elevato, maggiori sono le possibilità di vedere l’aurora, anche se indici maggiori di 7 sono estremamente rari.
Ovviamente anche la latitudine è importante. In Islanda con un indice Kp maggiore di 3 ci sono delle possibilità di vederla.
A mezzanotte suona la sveglia. La prima ad alzarsi e Micky che torna subito a chiamarci.
C’è l’aurora boreale!
Niccolò si precipita fuori, seguito da me e da un assonnatissimo Michelangelo. In cielo c’è un leggero drappeggio verdastro che dal mare si estende verso la nostra tenda. Siamo increduli. Stiamo vedendo l’aurora boreale. Prima l’incanto, poi le fotografie, che anche se sono in grado di rappresentare quello che vediamo non possono trasmettere l’emozione che si prova in quel momento.
È freddo, pertanto dopo un po’ torniamo all’abbraccio caldo, è un po’ puzzolente, del nostro sacco a pelo, felicissimi. Forse non è stata l’aurora boreale del secolo, ma è stata sufficiente a farci emozionare come un bambino nella notte di Natale.
Ci svegliamo la mattina felici, prendiamo le bici ed andiamo nella vicina scogliera a vedere le pulcinelle di mare. Nelle isole Vestmann risiede la gran parte della popolazione mondiale e nei pressi della Elephant Rock, la scogliera vicino al nostro campeggio, nidifica la colonia più grande del mondo.
Sono piccoli uccelli neri col petto bianco, ali corte e un grosso becco coloratissimo. Conosciuti come puffin, in Italia sono chiamati pulcinelle di mare per via del loro aspetto, che ricorda famosa maschera napoletana.
Sono tantissime e volano velocissime, tanto che è impresa ardua fotografarle. Vengono dal mare, alcune con il pesce in bocca per andare a posarsi sulla scogliera e nutrire i piccoli. Rimaniamo più di un’ora in contemplazione, affascinati dal luogo e dai suoi piccoli e simpatici abitanti.
Dopo un attimo di terrore, dovuto al fatto che Niccolò ha quasi perso il drone in volo, torniamo al campeggio, smontiamo la tenda e carichiamo le bici. Siamo pronti per tornare nella grande isola di ghiaccio e fuoco.
Il programma è il seguente: prendere il traghetto delle 12:00 e pedalare per una cinquantina di chilometri, dormire e domani percorrere altri 40 chilometri per arrivare a Selfoss da dove prenderemo un’auto per raggiungere Húsavík, nell’estremo nord dell’isola. Da li il giorno seguente usciremo in barca per provare a vedere le balene.
I programmi sono belli da fare per il gusto di disfarli e lasciare il posto all’improvvisazione. L’isola ci affascina e ci intriga troppo per non goderla un altro giorno, inoltre ci piacerebbe fare un trekking sul vulcano Eldfell, che nel 1973 distrusse quasi completamente la città.
Ci guardiamo un attimo e decidiamo. Rimaniamo. Domani recupereremo il ritardo prendendo un pullman fino a Selfoss.
Oggi ci godremo il trekking sul vulcano, sicuramente più eccitante di pedalare 90 chilometri lungo la Hringvegur.
Scarichiamo di nuovo le bici e montiamo di nuovo la tenda. Zaino, scarpe e ci mettiamo in cammino verso il vulcano.
Il 23 gennaio 1973, nel cuore della notte, gli abitanti nella città di Vestmannaeya videro la strada, orti, e terreni iniziare a sputare fuoco. Enormi fontane di lava provenienti dalla terra si alzavano fino a 150 metri di altezza.
Si aprì una fessura vulcanica sul lato orientale dell’isola. In un paio di mesi nacque un nuovo vulcano, che fu chiamato Eldfell, la Montagna di Fuoco. Distrusse 400 case e il resto dell’isola fu una sepolto sotto uno spesso strato di cenere.
La passeggiata verso la cima di Eldfell è decisame piacevole. Partiamo dal campeggio e attraversiamo la città, dopodiché prendiamo una strada che si snoda tra i campi di lava prima di salire sulle pendici del vulcano. La prima parte del sentiero è coperta dalla vegetazione che sta riconquistando il territorio sottratto dalla lava nel 1973.
Ora inizia Eldfellsvegur, la strada tra il campo di lava e il vulcano. Un forte odore di zolfo ci accompagna nella salita. È una strada ghiaiosa è scoscesa che conduce sul bordo del cratere. Il paesaggio è molto colorato; i colori variano dal nero al, rosso, al marrone, al giallo al bianco fino al grigio.
I panorami sono spettacolari in qualunque direzione si guardi. Dalla cima, guardando verso la città si vede l’impressionante colata lavica che l’ha distrutta e ha ampliato l’isola di due chilometri quadrati. Dall’altro lato si vedono altre piccole isole dell’arcipelago. Da alcune fessure la terra emette ancora del fumo ed è calda, tanto che abbiamo le suole delle scarpe e i piedi bollenti.
È il momento di scendere. Tornando verso il campeggio facciamo la spesa.
Cena tranquilla a base di polpette e purè è una birra insieme a Sebastian e Fabian prima di andare a letto. Stavolta salutiamo davvero i nostri amici tedeschi. Noi proseguiamo il viaggio, loro devono andare a Reykjavik per riparare la bici di Fabian.
Domani lasceremo questa meravigliosa isola per passare tre giorni da turisti.