Siamo chiusi nella nostra tenda a Santa Cesarea Terme. Fuori le zanzare ci farebbero la festa. Domani supereremo i mille chilometri pedalati dal momento della nostra partenza, ma soprattutto arriveremo a De Finibus Terrae, la meta del nostro viaggio. Poi avremo due giorni per risalire un po’ il tacco dell’Italia fino ad arrivare a Lecce, dove prenderemo un treno che ci riporterà indietro.
Da Torre Rinalda ci muoviamo di prima mattina per arrivare a Torre Chianca, a circa cinque chilometri da noi, dove sappiamo esserci un bar per fare colazione. Il giorno prima non abbiamo trovato negozi né supermercati per rifornisci di cibo.
Il bar ha delle ottime paste che ci forniscono le calorie per affrontare un’altra giornata in sella. La prima è la grotta della Poesia, per la quale dobbiamo pedalare circa trentacinque chilometri.
Poche centinaia di metri e, a causa di una piccola distrazione, il Miche mette la ruota nello sterrato, perde il controllo della bici e finisce nei rovi. Rimane in sella come se stesse ancora pedalando, completamente incastrato nel pruneto. Cechiamo di alzare la bici piano piano, ma un rovo passa vicino all’occhio del Miche ed è incastrato nella bici. Intanto si fermano delle persone ad aiutarci: prima una coppia di ciclisti e poi una giovane dottoressa con la macchina. Liberiamo il Miche. Finalmente è in piedi accanto a noi e, a parte qualche graffio e qualche pruno sta bene, anche se sta ancora tremando per lo spavento. La dottoressa lo visita, e ci conferma che sta bene.
Ringraziamo chi si è fermato, coccoliamo un po’ il Miche e ripartiamo.
Proseguiamo lungo la costa. La strada è sbarrata perché è zona militare; alcuni militari stanno montando una tenda da campo. Chiediamo indicazioni per evitare la statale e proseguire tra pineta e strade secondarie, ma non è possibile.
Un flashback mi riporta improvvisamente a venticinque anni fa. Ci sono già stato! Chiedo se nella zona sia presente un poligono. Alla risposta affermativa mi torna a mente una notte di tanto tempo fa, durante il servizio militare a Brindisi. Eravamo in piena crisi albanese, quando barconi di profughi si riversavano sulle coste pugliesi in cerca di una vita migliore. Ricordo sparavamo con i proiettili traccianti verso il mare, quando improvvisamente l’esercitazione fu interrotta perché un gommone si stava avvicinando alla spiaggia.
Il caldo e la necessità di rimettersi in sella mi riportano alla realtà e a questo viaggio. Prendiamo la strada per San Cataldo, attraversiamo la meravigliosa riserva naturale delle Cesine, pedalando nei sentieri, tra il verde e il solo canto degli uccelli. Arriviamo a San Foca, dove ci fermiamo per comprare qualcosa per pranzo, dopodiché andiamo diretti alla grotta della Poesia.
Occorre pagare un biglietto per accedere al mare. Diverse persone stanno protestando, sostenendo che non si è mai pagato per entrare e che l’accesso al mare deve essere garantito. Noi lasciamo le bici all’ingresso, con l’assicurazione da parte chi controlla i biglietti che ci dia un’occhiata, dopodiché paghiamo il biglietto ed entriamo. Il posto è piuttosto affollato, ma troviamo un posticino su uno scoglio, scomodo ma isolato.
Da un grande buco su uno scoglio ci si tuffa in mare, circa cinque metri sotto di noi, da lì si può accedere alla grotta, in parte crollata, oppure attraverso un tunnel nuotare fino al mare aperto.
Esattamente in questi luoghi abitavano antiche popolazioni messapiche che hanno lasciato numerose iscrizioni in lingua messapica nella grotta stessa.
Ci tuffiamo e per quanto affollato cerchiamo godere della natura e di immaginarci la vita di un tempo in questi luoghi.
Rimaniamo un paio d’ore prima di riprendere il nostro percorso. La spiaggia di Torre dell’orso, segnalata come una delle più belle della
Puglia è affollatissima. Persone a venti centimetri di distanza l’una dall’altra. Decidiamo ci non fermarci e proseguire fino a Frassanito, dove troviamo un campeggio in una bella pineta con accesso al mare.
La prima giornata sulla costa salentina,tra grotte e brutte cadute, risolte con tanto spavento, è trascorsa.
Ci svegliamo la mattina presto quando il campeggio dorme sempre, una bella colazione e partiamo. Pedaliamo all’interno dell’Oasi protetta dei Laghi Alimini, tra pinete, laghi costieri e spiagge.
Arriviamo a Baia dei Turchi, così chiamata perché è il luogo dove, secondo la tradizione, dove sbarcarono i guerrieri turchi nel corso dell’assedio alla città di Otranto del XV secolo. Essendo le dieci di mattina in spiaggia ci sono poche persone. Lasciamo le bici a vista e ci conquistiamo un posticino nella spiaggia. L’acqua è cristallina e piuttosto calda; tanto basta per passare un’ora a mollo. Ci asciughiamo e attraverso uno strettissimo sentiero nella macchia mediterranea che dobbiamo percorrere con la bici a mano, tra rami e rovi arriviamo alla piscina naturale Baia dei Turchi, un’altro buco nella roccia che si affaccia su uno specchio d’acqua collegato al mare da una grotta. Anche qui il bagno è d’obbligo.
Poi tutta una tirata fino ad Otranto, il comune più a est d’Italia.
Ci fermiamo in una backery, un misto tra un bar, un panificio e una rosticceria, per un pranzo veloce a base di pizza e pasticciotto. Ripartiamo per andare a visitare il centro storico. Sfiliamo sotto il castello, poi saliamo su per una stradina che conduce alla splendida cattedrale risalente all’anno mille, con il suo enorme mosaico pavimentale. La cattedrale ha anche un valore simbolico per la città, infatti nel 1480 è stata teatro del massacro di ottocento fedeli e membri del clero rifugiatisi nel luogo sacro per sfuggire all’attacco dei turchi alla città.
Purtroppo la cattedrale è chiusa. Torniamo verso la strada principale per proseguire verso Porto Badisco, quando incontriamo uno strano trio.
Due cicloviaggitori e un pianista. Ci mettiamo a parlare con i due cicloviaggitori, Luca, un italiano e Franco, un argentino in coppia dalla frontiera con il Mali. Luca è in viaggio da 12 anni e ha praticamente girato il mondo, Franco da tre anni. Ha fatto dall’Argentina al Canada, poi ha preso un volo per Cape Town e ha risalito l’Africa. Tobia è un pianista da pianobar che fa la stagione a Otranto, nonché un sognatore. Ci invita a prendere un caffè con calma per fare due chiacchiere tutti insieme.
Ci ritroviamo a parlare dei nostri viaggi. Ovviamente Franco e soprattutto Luca ne hanno viste e passate di tutti i colori. Trascorriamo due ore insieme senza avere la percezione del tempo che scorre, ma il tempo è tiranno e dobbiamo salutarci. Ci aspettano ancora oltre 20 chilometri prima di arrivare al campeggio, dove vorremmo dormire, e dobbiamo fare in fretta perché si sta avvicinando un temporale.
Pedaliamo lungo la litoranea con un panorama strepitoso impreziosito dal cielo scuro del temporale.
Arriviamo a Porto Badisco dove, secondo la leggenda narrata da Virgilio nell’Eneide, è sbarcato Enea nel suo viaggio in Italia, in fuga da Troia.
Il paese, veramente piccolo, è famoso anche per i ricci di mare, tanto da essersi guadagnato l’appellativo di patria salentina dei ricci di mare. Un porticciolo qualche casa, pochi ristoranti e un un bar, il bar da Carlo, dove da decenni si possono gustare ricci di mare freschissimi.
Intanto il temporale è passato sfiorandoci solamente. Micky deve partecipare ad una teleconferenza, per cui troviamo un posto tranquillo dove lei possa parlare al telefono e i bimbi possano mangiare qualcosa. La piazza con affaccio sul mare davanti al bar Carlo è perfetta.
Mentre Micky lavora andiamo a vedere se riusciamo a mangiare qualche riccio di mare, ma data l’ora sono già finiti. Ci consoliamo con un gelato per il Miche, un panino per Dudu e un caffè al ghiaccio con latte di mandorle per me.
Micky finisce ed è ora di andare. Proseguiamo sulla splendida litoranea fino a Santa Cesarea Terme. Una sosta per la spesa e andiamo verso il campeggio.
È finita un’altra giornata. Domani finalmente raggiungeremo la nostra meta.
Foto primo giorno
Foto secondo giorno
Comments
1 commentoTommaso
Ago 28, 2020Che figata! E che tuffi il miche e Nicco 😎
Alessandro Falleni
Ago 28, 2020Una bella esperienza 😊