Al termine di tre giorni non particolarmente memorabili, siamo arrivati a Seghedino, Szeged in ungherese, la quarta città più grande dell’Ungheria, situata nel sud del paese.
Tre giorni che i cui protagonisti sono il caldo intenso e la monotonia dei paesaggi. Pedaliamo per ore su lunghe strade dritte. L’asfalto bollente ci offre, in lontananza, l’illusione di pozze d’acqua, come se fossimo degli assetati che attraversano un deserto.
Le temperature oscillano dai 33°C del mattino ai 38-39°C del primo pomeriggio. Con una temperatura esterna di 30°C, l’asfalto al sole può raggiungere i 55°C, ma con i 38°C stabili, la strada assolata arriva tranquillamente a 75°C. Un vero forno!
Lasciamo Budapest seguendo esclusivamente piste ciclabili. La città appare meno pulita rispetto alle altre tre capitali visitate in questo viaggio, ma gli standard sono comunque decisamente alti rispetto a quelli a cui siamo abituati.
Il panorama non offre molto, quindi ci adattiamo a osservare ciò che ci circonda. Le auto elettriche e ibride hanno la targa verde, mentre le altre hanno targhe bianche. Dopo una decina di chilometri di periferia, ritroviamo la campagna; inizia così una lunga serie di saliscendi sotto il sole. La strada torna pianeggiante.
Lungo il percorso non incontriamo città, ma solo piccoli e sparuti paesi che attraversiamo senza fermarci fino all’ora di pranzo. In uno di questi, un po’ più grande e dotato di un supermercato, facciamo una sosta. Incontriamo un ciclista danese che percorre la strada in senso contrario. Mangiamo insieme, condividendo una panchina all’ombra. Lui, partito da Sofia con una bici da strada e un equipaggiamento leggero, sta tornando in Danimarca.
Da lì, proseguiamo fino a Dabas, una piccola e desolata città nella contea di Pest. Saranno stati i quasi 40°C esterni, ma non c’è anima viva in giro. Restiamo in hotel al fresco dell’aria condizionata. Ottima cena in hotel, con zuppe e piatti tipici ungheresi.
La mattina del secondo giorno facciamo colazione e usciamo. La giornata si preannuncia tosta: sono le 9 del mattino e la temperatura è già di 33°C. Prendiamo la solita ciclabile monotona verso est. Lungo le strade vediamo molte persone che puliscono gli argini, riempiendo grossi sacchi neri di spazzatura.
Visto il paesaggio monotono e il caldo, decidiamo di distrarci ascoltando un audiolibro. Abbiamo scelto, votando tra vari titoli adatti a tutti, “Tre uomini in barca” di Jerome K. Jerome.
È un romanzo umoristico scritto nel 1889 che racconta le disavventure di tre amici, Jerome, George e Harris, che decidono di fare un viaggio in barca lungo il Tamigi per sfuggire allo stress della vita quotidiana. Accompagnati dal cane Montmorency, affrontano una serie di situazioni comiche e disastri, causati dalla loro goffaggine e inesperienza.
Ci piace il linguaggio con cui è scritto, lo humor inglese e la mancanza di volgarità. Inoltre è un interessante spaccato sugli usi e costumi vittoriani e sulla società dell’epoca. Il libro ci aiuta a non sentire la fatica e, soprattutto, sposta la conversazione dal caldo ai fatti buffi che accadono ai tre amici.
Arriviamo a Kiskunfélegyháza e dormiamo qualche chilometro oltre la città, in un maneggio che affitta anche camere, chiaramente in fase di ristrutturazione. Il proprietario ha un volto perfetto per interpretare il ruolo del cattivo in una commedia comica.
Dopo aver preso possesso della camera, in una struttura a un solo piano che comprende anche una cucina e una sala per ricevimenti, torno in città per fare la spesa per la cena e la colazione.
Ceniamo in compagnia di alcuni manovali rumeni, impegnati nella ristrutturazione degli edifici. Sono presi da una discussione con il proprietario sugli orari di lavoro, i quali, per quanto abbiamo capito, non rispettano esattamente la legge.
La mattina successiva, dopo aver preparato la colazione nella grande cucina, spartana ma funzionale, riprendiamo le bici e ci rimettiamo in marcia verso il confine rumeno, che attraverseremo domani. Imbocchiamo l’EuroVelo 11, la quarta EuroVelo che incontriamo in questo viaggio.
L’EuroVelo 11, conosciuta come “La Strada dell’Europa dell’Est”, si estende per circa 6.550 km, attraversando l’Europa da nord a sud, da Capo Nord, in Norvegia, fino ad Atene, in Grecia.
La ciclabile corre parallela alla statale. L’asfalto è liscio e scorrevole, ma non c’è un filo d’ombra. Durante la giornata, beviamo litri e litri d’acqua e continuiamo a seguire il nostro audiolibro.
Una foratura sotto il sole cocente, con l’asfalto bollente, rallenta un po’ il nostro ritmo. Procediamo per oltre dieci chilometri, fermandoci periodicamente a gonfiare la ruota con il nostro compressore portatile, fino a quando non troviamo una fontana e un po’ d’ombra per riparare la foratura in condizioni migliori per tutti.
Arriviamo a Seghedino, una bella cittadina con diversi edifici in stile Art Nouveau, costruiti per simboleggiare la rinascita dopo la grande inondazione del 1879, che devastò gran parte della città.
Dormiamo in una camera decisamente brutta e buia in una casa interamente adibita ad affittacamere. Il tempo di lasciare bici e bagagli ed usciamo.
Nella piazza centrale, al piano terra del Palazzo REÖK, un edificio noto per la sua architettura Art Nouveau con una facciata decorata con motivi floreali, una famosa pasticceria offre torte e gelati fantastici in un contesto a dir poco splendido. Ci sediamo nella elegante sala interna e ordiniamo delle bellissime coppe di gelato e delle ottime limonate.
Facciamo un giro nel centro con i monopattini elettrici, tra fontane che spruzzano acqua calda per la presenza di acque termali e palazzi storici, prima di cercare, senza molta fortuna, un posto carino dove mangiare.
Decidiamo per insalate comprate al supermercato e ceniamo in camera prima di andare a dormire. Domani attraverseremo l’ultimo confine di questo viaggio ed entreremo in Romania.