Abbiamo concluso la parte più difficile e più lontana dal turismo di massa dell’isola.
Siamo in un campeggio a Vík í Mýrdal, letteralmente “Baia nella valle della palude”.
Come tutti i luoghi dell’isola è una zona tranquilla. Si trova infatti ai piedi del vulcano Katla, la cui cima è coperta dal ghiacciaio Mýrdalsjökull. Questo espone il piccolo villaggio a rischi di inondazione nel caso di eruzione da parte del vulcano.
Ci svegliamo intorno alle 7 dopo una notte dormita profondamente nel teatro degli allevatori islandesi. La tempesta è passata e, dopo una notte serena sta iniziando di nuovo a piovigginare.
L’ottima notizia è che tutto il nostro vestiario è asciutto, tenda compresa, anche se sappiamo che si tratta soltanto di una illusione.
Facciamo un’abbondante colazione, prepariamo i bagagli, spazziamo il teatro e puliamo la cucina affinché il luogo sia migliore di come lo abbiamo trovato.
Un messaggio di ringraziamento a Petur e partiamo.
Il percorso dovrebbe essere abbastanza semplice. Prevalentemente su asfalto, movimentato per i primi otto chilometri e poi quarantacinque chilometri di strada pianeggiante con un discreto vento a favore.
Prima di partire un doveroso intervento di manutenzione alle bici. Dopo tanta acqua catene e ingranaggi ne hanno sofferto. Olio per catene e WD40 per tutte e quattro le bici e in sella.
Complici il vento contrario, le ripide salite e una fastidiosa pioggerella, i primi otto chilometri non sono proprio una passeggiata.
Imbocchiamo poi la 1 o Hringvegur, la strada che percorre tutta il periplo dell’isola. Odiata e amata. Sempre uguale, pericolosa per il traffico, ma anche amichevole perché, anche se a distanza di circa cinquanta chilometri l’uno dall’altro, attraversa villaggi e città nei quali è possibile trovare almeno il minimo indispensabile.
Sulla Hringvegur il panorama cambia completamente.
Il paesaggio collinare, coperto da prati e soffice muschio verde lascia il posto ad una enorme distesa lavica, opera del temibile vulcano Katla.
Katla fa parte di uno dei sistemi vulcanici più vasti, più complessi e potenti del mondo, centrato sul vulcano Grímsvötn e che include anche il vulcano Laki e la fossa vulcanica di Eldgjá. La cadenza delle eruzioni varia tra i 13 e gli 80 anni, e l’ultima eruzione è avvenuta nel 1918, quindi basta fare due conti per capire che è piuttosto in ritardo.
I campi lavici intorno a noi sono meravigliosi. Chilometri quadrati di meravigliosa desolazione. Un paesaggio spoglio, desertico, lunare, ma assolutamente particolare.
Abbiamo finalmente il vento che ci spinge. E che vento. I chilometri scorrono velocemente. In lontananza si vede, finalmente, di nuovo l’oceano Atlantico.
Il campo di lava scura piano piano si colora di verde. La vita è più forte della distruzione e la lava inizia ad essere coperta da un tenero muschio verde.
Attraversiamo un lungo ponte che sovrasta un grande fiume dall’acqua trasparente e dalle sponde nerissime.
Inizia a piovere. Di nuovo. Prima piano, poi la pioggia diventa torrenziale.
Continuiamo per una decina di chilometri per poi fermarci nei pressi di un parco naturale. Una costruzione con la duplice funzione di belvedere sul parco e bagno ci offre riparo nella elegantissima zona bagni. Approfittiamo della sosta per fare merenda. Arriva un altro ragazzo in bici.
Silenziosamente tira fuori e smangiucchia un pacchetto di datteri, un alimento energetico piuttosto utilizzato dai ciclisti.
È italiano. Scambiamo due parole su bici e percorso, poi ci salutiamo dandoci appuntamento a Vik. Tanto c’è un solo campeggio!
Riprendiamo la strada sotto il diluvio. Ormai vogliamo arrivare. Gli ultimi venti chilometri che ci separano da Vik scorrono in meno di un’ora, che considerando un tratto di strada dissestata, è una gran media. Abbiamo però i piedi gelati.
Arriviamo a Vik poco prima delle due del pomeriggio. Fortunatamente nel centro del minuscolo villaggio c’è una specie di centro commerciale: un piccolo, supermercato, un Café e un enorme negozio di abbigliamento da escursionismo.
Prima di andare al campeggio ci fermiamo a pranzare al supermercato. Piove ancora e montare la tenda sotto il diluvio non è il massimo.
Lasagne per il Miche, chili con riso per Niccolò, patate gratinate per Micky e polpette con patate e verdure per me. Tutto facile con un microonde a disposizione e dei cibi precotti.
Passiamo oltre un’ora dentro il piccolo centro commerciale, ma non sembra voler smettere di piovere.
Micky è decisamente stanca di viaggiare costantemente con la pioggia e indossando indumenti bagnati o umidi.
Proviamo a cercare una stanza, ma è tutto occupato, tranne un monolocale in affitto per seicento euro al giorno. In caso di emergenza si può fare, ma oggi dormiremo in campeggio.
Il campeggio fortunatamente dispone di una cucina comune nella quale possiamo ripararci. In attesa di montare la tenda conosciamo Elia, il ragazzo incontrato in mattinata.
Anche lui si è trovato in difficoltà durante la tempesta. A causa del forte vento e della pioggia ha dovuto fermarsi e trovare un passaggio. Fortunatamente una coppia di turisti olandesi carica lui e le bici.
Finalmente smette di piovere. Andiamo di corsa montare la tenda.
Nel frattempo arrivano Sebastian e Fabian, la coppia di amici tedeschi conosciuti nella discesa del Landmannalaugar, e successivamente vicini di tenda il giorno prima della tempesta. Quel giorno si sono svegliati tardi e non sono partiti a causa della forte pioggia. Quando si è alzato il vento, che ha spazzato via alcune tende, hanno trovato riparo nella guest house attigua al campeggio. Ci salutiamo e ci raccontiamo le rispettive disgrazie di quel terribile e memorabile giorno.
Successivamente si materializza un nutrito gruppo di ciclisti italiani. È un gruppo organizzato, in viaggio con Dino Lanzaretti, un cicloturista e avventuriero piuttosto conosciuto. Arriva anche Dino. Ci salutiamo perché ci conosciamo virtualmente e ci siamo incontrati in un’altra occasione.
Invadiamo in massa la cucina condivisa parlando di viaggi e percorsi.
Si è fatto tardi. Dopo aver mangiato ci ritiriamo, ognuno nella propria tenda con l’umidità a farci compagnia.
Domani dormiremo sotto una cascata dopo aver pedalato per una ci cinquantina di chilometri. Dovrebbe splendere il sole, anche se avremo il vento contrario.