Siamo di fronte alle acque del mar Adriatico, letteralmente. Il mare dista circa venti metri dalla nostra tenda. Stasera dormiremo con il rumore delle onde come sottofondo.
Ci svegliamo la mattina nella nostra casa signorile di Foggia. La proprietaria arriva verso le otto e trenta con degli ottimi cornetti alla crema e del latte. Dopo aver fatto colazione c’è da faticare per portare giù le biciclette che, per sicurezza, hanno dormito in casa con noi al secondo piano, ripido e senza ascensore.
Finalmente siamo in sella, già sudati. Sfiliamo davanti al parco urbano Karol Wojtyla con il suo immenso pronao posto davanti all’ingresso principale.
Ci allontaniamo dalla città entrando subito in campagna. I campi di ulivi, cime di rapa e pomodori si susseguono, mentre ai bordi della strada grossi cumuli di spazzatura che vengono bruciati lasciando un odore forte e acre nell’aria . I camion sfrecciano in entrambe le direzioni senza soluzione di continuità lasciando nuvole di polvere. Vengono dai campi colmi di pomodori e tornano nei campi senza il prezioso carico rosso.
Il caldo è soffocante e, lungo la strada, non c’è niente dove possiamo comprare qualcosa né una fontanella dove rinfrescarci e fare il carico d’acqua.
Colleghiamo la cassa Bose al telefono di Dudu. A turno scegliamo le canzoni, tra la sua libreria musicale e YouTube. Pedalare sotto il caldo passa meglio.
Imbocchiamo una strada sterrata e polverosa tra campi di pomodori. Braccianti, per il novantacinque per cento extracomunitari, coperti come ci fossero dieci gradi, cappello di lana compreso, raccolgono i pomodori. Li salutiamo mentre alzano la testa per guardarci, sorriderci o farci un semplice cenno. Non possiamo non pensare, e far notare ai bimbi, che siamo davvero nati nella parte fortunata del mondo; riflessione che abbiamo fatto più volte nei nostri viaggi.
Dopo diversi chilometri sporchi, nel mezzo ai campi, ritroviamo l’asfalto. Ormai vediamo il mare. Ci immettiamo nella SP141 la strada delle saline che ci porterà a Zapponeta, dove ci auguriamo di trovare un posto per dormire. La strada è particolarmente brutta da pedalare; dissestata e con tanti camion, che ovviamente ci suonano.
Finalmente entriamo a Zapponeta. Prima di concentrarci sulla ricerca di un campeggio ci fermiamo ad un panificio dove gustiamo delle ottime focacce; con la pancia piena si cerca meglio.
Quello che credevamo essere un campeggio è un villaggio che offre solo bungalow ed è completo. Dopo trecento metri c’è un’area di sosta gestita e attrezzata per camper. Entriamo e chiediamo se possiamo sostare con la nostra tenda per una notte.
Ad ascoltarci il tuttofare. Un uomo magro, con due occhietti azzurri e vispi, i capelli scompigliati dal vento e dal sale un po’ biondi un po’ bianchi e un fisico da chi ha sudato tanto nella vita. È di poche parole, ma gentile. Ci fa vedere dove possiamo piantare la tenda, anche se non si potrebbe.
Scegliamo di posizionarci di fronte al mare. Piantiamo la tenda e andiamo in spiaggia. L’acqua è caldissima. Ci rilassiamo un paio d’ore, mentre Dudu e il Miche costruiscono una mega fortezza di sabbia. Iniziano a costruire strade e mura, ponti e bastioni; nel giro di un’ora Dudu diventa l’estroso l’architetto, il Miche il direttore dei lavori, nonché responsabile della qualità, mentre una decina di bambini dai cinque ai dodici anni sono impegnati a portare avanti la colossale opera. Ci viene da ridere solo a vederli.
Sono le sei. Dopo una doccia andiamo a comprare la cena: della carne macinata, dei pomodori, una scamorza, dell’ottimo pane appena sfornato e della frutta.
Alle nove, dopo una bella mangiata, siamo tutti nel sacco lenzuolo pronti per dormire.