Dopo l’ubriacatura di quattro giorni a zonzo per New York, tra luci, lusso e folla, riprendiamo il nostro viaggio che ci porterà a Washington, attraversando le città più importanti della East Coast.
Ci svegliamo presto, anche se tra colazione e valigie non riusciamo a uscire dalla stanza prima delle 9. Passiamo per l’ultima volta a chiedere al personale dell’hotel, sempre cortese e disponibile, di portarci nella stanza dove abbiamo le bici. Purtroppo la ruota anteriore di Dudu a terra ritarda ulteriormente la nostra partenza per effettuare la riparazione.
Finalmente siamo in sella. Due parole prima di partire con degli operai che lavorano all’impianto elettrico dell’hotel e partiamo.
Effettuiamo subito un cambio di programma. Anziché dirigersi verso nord per entrare in New Jersey decidiamo di prendere lo Staten Island Ferry, ovvero il traghetto che ci porta a Staten Island. È un servizio gratuito che,per 24 ore al giorno, sette giorni su sette, effettua il servizio di trasporto tra Manhattan e Staten Island, uno dei cinque distretti di New York. Il traghetto parte da Lower Manhattan, da dove si può vedere la Statua della Libertà, e durante il tragitto ci passa sufficientemente vicino.
Attraversiamo quindi per l’ultima volta il ponte di Brooklyn, un ponte la cui costruzione è stata tormentata dalle disgrazie. Furono molti gli operai che, durante i lavori, morirono o si ferirono gravemente. Tra loro il progettista del ponte, John Augustus Roebling, morto di tetano dopo l’amputazione di due dita a causa di un incidente e suo figlio, Washington, che seguiva i lavori, costretto a letto da una malattia da dove ha seguito i lavori. La moglie di quest’ultimo, Emily Warren Roebling, una donna dinamica, caparbia e intelligente, ha di fatto preso in mano le redini del progetto portandolo a compimento, tanto che, alla sua inaugurazione è stata la prima alla quale è stato consentito di attraversarlo.
Andiamo al molo ad imbarcarci; ci fanno posizionare di fronte ad un cancello chiuso da delle barriere in legno gialle, mentre tutte le persone iniziano ad entrare. Dopo poco arriva una signora con un cane antidroga che ci esamina accuratamente, e, soltanto successivamente ci da il permesso di accedere prima ad una sala di attesa e poi al traghetto. Probabilmente abbiamo un aspetto losco e poco raccomandabile, anche se a bordo ci sono persone che non hanno proprio un aspetto rassicurante ed affidabile.
Il tragitto per Staten Island dura circa mezz’ora. Possiamo ammirare prima la Statua della Libertà e poi Manhattan con i suoi grattacieli allontanarsi, mentre un elicottero ci vola sopra la testa.
Sbarchiamo a Staten Island, luogo da dove ha inizio la maratona di New York; infatti la partenza di una delle corse più sognate dai podisti è proprio dal ponte Da Verrazzano. Intitolato a Giovanni da Verrazzano, il navigatore fiorentino, primo esploratore europeo ad entrare nel porto di New York, nel 1524, collega Staten Island a Brooklyn. Pedaliamo, sotto una debole nevicata, costeggiando l’isola, tra capannoni industriali e zone ad edilizia popolare. La parte residenziale si trova più all’interno del distretto.
Arriviamo al Goethals Bridge, un ponte che attraversa uno stretto noto come Arthur Kill, e collega Staten Island a Elisabeth, in New Jersey. Ha una magnifica pista ciclabile separata dal traffico di auto e mezzi pesanti, e, i camion americani sono davvero mezzi pesanti.
In lontananza i grattacieli di Manhattan leggermente coperti da una nube di smog, quaranta metri più in basso un parco. Ci affacciamo; sotto di noi un cerbiatto curioso si ferma a guardarci. Dopo qualche minuto di osservazione reciproca noi riprendiamo a pedalare per fermarci a metà del ponte, dove una linea indica il confine tra lo Stato di New York e lo stato del New Jersey.
Salutiamo così lo stato di New York, noto come Empire State fin dai tempi di George Washington grazie alla sua ricchezza e alle risorse di cui dispone, per entrare in New Jersey, the Garden State, poiché gran parte dello stato è ancora boscoso e i residenti sono molto attivi nella tutela della natura, inoltre è famoso per il giardinaggio, l’educazione al giardinaggio e i club di giardinaggio.
Attraversiamo l’insignificante Linden, una cittadina della contea di Union, nella quale ci fermiamo in un supermercato per pranzare e per comprare un’altra confezione di mascherine fpp2.
È freddissimo pertanto ripartiamo appena possibile. Percorriamo una lunga strada fatta di interminabili saliscendi, nella quale, per aumentare la sofferenza di noi ciclisti, al termine di ogni discesa c’è un semaforo che puntualmente diventa rosso al nostro arrivo, frenando così la nostra corsa e obbligandoci a ripartire da fermi in salita.
L’ultima tappa è Walmart, la più grande catena di supermercati del mondo. È il primo che incontriamo lungo la strada. Micky, Dudu e il Miche entrano per comprare la cena io rimango fuori a controllare le bici. Quattro volontari con la pettorina cercano di sensibilizzare, sembra con scarso successo, le persone che entrano nel supermercato sull’importanza del vaccino per il Covid. Negli Stati Uniti è vaccinata soltanto il 50% della popolazione.
Passo una mezz’ora a parlare con uno dei volontari. Ci dice di stare attenti perché New York e il New Jersey sono zone in cui i contagi sono particolarmente elevati, poi parliamo di viaggi e di trail attraverso gli Stati Uniti.
Ai primi sintomi di congelamento, con due dita delle mani già insensibili a qualsiasi tipo stimolo, finalmente arrivano Micky, Dudu e il Miche con la spesa. Ultimi tre chilometri e siamo al nostro motel. Il punteggio della struttura è particolarmente basso, ma è lungo la strada e, onestamente, non è così male. Per riposare una notte è più che sufficiente.
Domani lasceremo anche il New Jersey per entrare in Pennsylvania.