Otricoli, l’ultimo paese dell’Umbria prima di entrare nel Lazio. È qui che dormiamo, in un bed and breakfast che a ragione si chiama “Il colle” in quanto domina un lungo tratto della valle del Tevere.
Ci siamo svegliati la mattina nel convento di San Bernardino. Il personale, cortese e disponibile, ci serve un’ottima colazione nella corte interna. Dolci casalinghi, cornetti alla crema, yogurt e frutta. Un ottimo modo per affrontare la giornata.
Prendiamo le bici e imbocchiamo la strada provinciale 209, prima di svoltare a sinistra e immetterci di nuovo nella greenway del Nera. È domenica mattina e la ciclabile è piuttosto affollata da ciclisti, runner e gruppi di persone a cavallo.
Lo scenario è sempre bellissimo, passiamo dal bosco ai campi di grano,dal lungofiume ai campi di cardi con il suo colore viola intenso.
Poco prima delle 10 arriviamo alle cascate delle Marmore. Decine di persone in fila alla biglietteria per accedere al parco e vedere le cascate più alte d’Italia, che si gettano nelle gole del Nera da un’altezza di 165 metri. Sono cascate a portata controllata, per cui il rilascio dell’acqua avviene in fasce di orario prestabilite.
Sappiamo che al Miche piacerebbe vedere le cascate. Manca oltre un’ora al rilascio dell’acqua che avverrà alle 11. Decidiamo di attendere e ci mettiamo diligentemente in fila alla biglietteria, mentre continuano ad arrivare pullman stracolmi di turisti.
Prima di fare il biglietto chiediamo se è presente un luogo sicuro dove poter lasciare le biciclette. L’unica soluzione che ci viene proposta è quella di lasciarle lungo la strada, prima dell’accesso al parco. Ovviamente incustodite.
Ci dispiace per il Miche, che non ne fa assolutamente un dramma, ma non possiamo rischiare bici e bagagli. Tuttavia c’è da riflettere sul fatto che una attrazione quale le cascate delle Marmore, inserita all’interno di una ciclovia, non offra la possibilità di lasciare le biciclette, anche a pagamento.
Ripartiamo lasciando la greenway del Nera e, attraverso la SP 209, arriviamo a Terni. Sfiliamo di fronte alle acciaierie per poi entrare in un centro quasi deserto, dove ci soffermiamo in un bar per uno spuntino.
Riprendiamo le bici alla volta di Narni, paese che si dice abbia ispirato Clive Staples Lewis per ambientare Le cronache di Narnia. Prima pedaliamo attraverso strade polverose tra i campi di grano, poi ci arrampichiamo su per la strada principale. Da lontano il paesino ha un che di fiabesco, anche una imponente ciminiera appartenente alla ex Sgl Carbon norcina il profilo da cartolina. Vorremmo sapere chi ha avuto il compito di valutare l’impatto ambientale e paesaggistico per la costruzione di un mostro del genere.
Al termine di una faticosa salita sotto il sole cocente, con il termometro che segna 36 gradi, arriviamo di fronte a Porta Ternana, un maestoso bastione fortificato della fine del 1400, che da l’accesso all’antica cittadina.
Il centro storico è carino e a misura di turista con angolini caratteristici e ristorantini. Noi siamo solo di passaggio, quindi attraversiamo il centro storico per poi scendere attraverso una stradina piuttosto ripida. Una targa posta su una antica casa a due piani ci ricorda che in quell’abitazione, nel 1370, è nato Erasmo Stefano da Narni, detto il Gattamelata, un famoso condottiero e capitano di ventura.
Riprendiamo la strada principale per immetterci dopo pochi chilometri nella ciclabile delle gole del Neta, anch’essa sorta su una ex ferrovia. La strada è ampia e le gallerie che incontriamo lungo il tracciato si illuminano al nostro passaggio. Il fiume scorre alla nostra sinistra ed è di un blu intenso. Di tanto in tanto lungo la riva si vedono asciugamani con persone intente a prendere il sole e fare il bagno.
A poche centinaia di metri di distanza dal termine della ciclabile ci fermiamo alle Mole di Narni, meravigliose piscine naturali a ridosso delle Gole del Nera. All’ingresso una piccola folla in attesa di entrare; un vigilantes regola l’accesso alla laguna blu, il cui accesso è limitato a non più di duecento persone, contate diligentemente con l’ausilio dello smartphone.
L’attesa è breve. Ci mettiamo su un masso dal quale si vedono bene le bici circondati da una vegetazione lussureggiante e acqua cristallina.
Pranziamo, anche se ormai è quasi ora della merenda, poi, piano piano, ci caliamo nell’acqua gelida fino a fare una piccola nuotata. Un’ora di relax ed una bella rinfrescata prima di riprendere le bici ci voleva, ma ci sono ancora parecchi chilometri da percorrere prima di arrivare a Otricoli.
Ripartiano imboccando una sterrata. Superiamo la bella oasi di San Liberato, un lago circondato dal verde e popolato da ogni sorta di uccello acquatico. Il terreno diventa più difficile da pedalare e, l’insieme di una serie interminabile di salite, un sole ancora alto, il caldo e la polvere abbattono un po’ il morale di Micky, che comunque non molla.
Il tempo di vedere il Nera, che ci ha accompagnato per buona parte del nostro viaggio, gettarsi nel nel Tevere che svoltiamo in una piccola strada asfaltata. Ci riserva un’ultima prova; un chilometro di salita ripidissima, prima di alleggerire fino al paese di Otricoli.
Dudu ed io andiamo avanti a prendere possesso della camera, mentre Micky e il Miche vengono con calma.
Dopo una giornata caldissima e faticosa ci meritiamo una bella doccia e una cena fuori. Carbonara per Micky e il Miche, tagliatelle al sugo di lepre per Dudu e tagliatelle al tartufo per me.
Ora possiamo andare a letto. Domani lasciamo l’Umbria e entriamo nel Lazio.