Ci svegliamo per il secondo giorno consecutivo a Fès. La nottata è passata tranquilla e gli influenzati sono senza febbre. Iniziamo a vedere la luce. Da oggi, inizieremo a pedalare.
Ci prepariamo, chiudiamo i bagagli ed andiamo a fare colazione. Michelangelo ha recuperato un po’ di appetito. Non si abbuffa, ma fa una onesta colazione: due pancake con il miele, un uovo sodo e un pochino di latte, il tutto condito con vitamina C e multivitamico. Sufficiente per iniziare a recuperare le forze.
Lasciamo i bagagli al Riad. Ci regaliamo la mattinata per continuare a visitare la Medina più grande e antica del mondo, prima di prendere le bici ed iniziare a pedalare in direzione Meknes.
Ci inoltriamo nuovamente nel labirinto di oltre 9000 vicoli. Ci sono due strade principali: Talaa Kebira, che significa Grande Pendio, sulla sinistra, e Talaa Seghira, che significa Piccolo Pendio, sulla destra. Molte viuzze non hanno un nome o lo hanno scritto solo in arabo, quindi per noi è assolutamente inutile.
Per le merci, per il vociare, è come fare un viaggio indietro nel tempo. Penso che se tutti fossero in tunica o in calzamaglia potremmo essere nella Firenze di Dante.
Camminando lungo i vicoli stretti e affollati ogni tanto si sente gridare “balak”, Attenzione. Allora ci spostiamo tutti su di un lato; un uomo con un carretto carico di arance e mandarini o un uomo che trascina un asino carico di merci passa occupando quasi per intero la strada.
Attraversiamo il souq dei profumi e delle essenze. Micky vuole comprare dell’olio di argan puro. Ci fermiamo a diversi negozi, ma la contrattazione non va a buon fine. Un ragazzo ci mostra tutto quel che ha in termini di essenze e rimedi naturali. Praticamente ci fa una lezione gratis su usi e costumi dei marocchini per la bellezza e la cura del corpo. Poi c’è da capire se quel che ci ha detto è vero o è stata solo una bella lezione di marketing.
Il pezzo forte della presentazione è un grosso fiore essiccato, i cui petali sono costituiti da piccoli rametti, utilizzato come spazzolino da denti. Un singolo rametto può essere utilizzato come stuzzicadenti, il fiore per intero come spazzolino, e masticando uno o più rametti si rinfresca l’alito.
Ringraziamo e proseguiamo. Dopo altri due tentativi di contrattazione Micky riesce a comprare la sua piccola ampolla di olio di argan.
Ripassiamo dal souq del cibo dove c’è la più alta concentrazione di gatti di tutta la Medina, anche se praticamente ogni negozio accudisce uno o più gatti. Chi aspetta uno scarto di carne dal macellaio, chi punta gli scarti del pesce. Noi ci fermiamo a guardare un gattino nero che si gusta una scatola piena di teste di pesce.
Alla fine del mercato incontriamo la Medersa Bou Inania, la scuola coranica più bella di Fes. Vorremo visitarla, ma il tempo stringe e dobbiamo tornare a prendere le bici.
Una sosta per il pranzo in uno dei soliti postacci scelto da Michelangelo. Chiede un panino con tonno e pomodoro. Quello che otterrà è un panino con: tonno, pomodoro, riso, nugget di pollo, insalata e patatine fritte. Non lo so, ma secondo me Bruno Barbieri non approverebbe.
Torniamo al Riad. Il tempo di caricare le bici, di salutare il personale gentilissimo e partiamo. Usciamo dalla Bab Bou Jeloud, conosciuta come “la porta azzurra”. È il principale ingresso alla medina, ma non è la più antica della città, ma i mosaici azzurri che in contrasto con il colore sugli edifici bianchi intorno è notevole.
L’uscita da Fès è abbastanza traumatica. Nelle strade ritroviamo lo stesso caos presente nella Medina. Le persone guidano senza seguire alcuna regola. La precedenza è di chi si infila prima. Gli altri ovviamente suonano il clacson. Se per impegnare un incrocio ci vuole una laurea, per impegnare una rotatoria ci vuole un master e tanto sangue freddo.
Pian piano lasciamo il centro città guadagnando la periferia. La vita è condotta per lo più all’aria aperta. Tutti fanno quel che devono fare nel campo vicino casa o nel marciapiede. Chi taglia una trave, chi lavora il ferro, chi cambia una ruota. L’oscar senza ombra di dubbio va ad una ragazzo di una officina, seduto per terra sul marciapiede impegnato a saldare una marmitta, senza alcuna protezione, con gli occhi leggermente socchiusi.
Attraversiamo ora una baraccopoli. Le persone sorridenti ci salutano. Noi ricambiamo, ma non possiamo non sentire una stretta al cuore a vedere in bambini che abitano in case di latta.
Ora è aperta campagna. Pedaliamo tra i campi di ulivi. Ci fermiamo ad un distributore a gonfiare tutte le biciclette. Tutti sono gentili e sorridenti.
Arriviamo nel luogo dove dormiremo. Una specie di fattoria nel mezzo alla campagna. È in ristrutturazione e siamo i soli ospiti.
Tempo di scaricare i bagagli che va in scena un’epica sfida Italia Marocco di ping pong. Dopo una partita combattutissima, alla fine ha la meglio l’Italia. Poi omettiamo di dire che a rappresentare l’Italia c’era un uomo di quarantanove anni e a rappresentare il Marocco un bambino di 7-8 anni. L’importante è che abbiamo vinto.
Ci sistemiamo nella camera e scendiamo per la cena. Tajine per tutti. Di pollo al limone e olive per Michelangelo e Micky. Di manzo con prugne e albicocche per me e Niccolò.
Poi a letto. Da domani inizieranno le prime salite.