Abbiamo lasciato l’Ungheria raggiungendo Sânnicolau Mare, una piccola città situata nella parte occidentale Romania, appena oltre il confine. Alloggiamo in un hotel, forse un po’ datato, ma indubbiamente pulito e confortevole nel centro della città.
Ci svegliamo a Seghedino, nella piccola camera. Ci spostiamo nella piccola corte dove prepariamo la colazione prima di partire. Due anziane signore, immerse in una nuvola di fumo, chiacchierano accanto a noi; il portacenere traboccante di cicche sul tavolo racconta di lunghe conversazioni mattutine. Un buon inizio alle 7:30 del mattino.
Quando saliamo in bici, l’aria già pesante e densa ci avvolge come una coperta umida e appiccicosa. La giornata si preannuncia impegnativa.
Usciamo dalla città e imbocchiamo un lungo sentiero sterrato che seguiremo per quindici chilometri. Da una parte, campi coltivati, dall’altra, foresta. La pace del paesaggio è interrotta da grossi mezzi meccanici che, senza sosta, disboscano l’area, accumulando la legna nel campo alla nostra destra. Il disboscamento è un tema piuttosto sentito in Ungheria, come in molte altre parti del mondo, a causa del suo impatto ambientale e delle sue implicazioni a lungo termine sull’ecosistema. Il governo cerca di intervenire con riforestazione e normative più severe, oltre all’educazione al rispetto dell’ambiente, ma non è sempre semplice quando le esigenze economiche entrano in conflitto con la necessità di preservare l’ambiente.
Proseguiamo, svoltando su una strada asfaltata e assolata che ci porta a Kiszombor, un piccolo villaggio a pochi chilometri dalla Romania.
Ci fermiamo nella piazzetta centrale, sulle panchine al fresco di grandi alberi. Tre vecchietti con una scorta generosa di birre passano il tempo.
Anche all’ombra, la pelle si copre rapidamente di sudore, lasciandoci una sensazione costante di bagnato e disagio. Fortunatamente, il vicino supermercato vende del cocomero fresco che ci reintegra i liquidi e ci dona un po’ di sollievo.
Prima di ripartire, entriamo in un bar per un caffè. Siamo accolti da un fortissimo odore di birra, mentre degli uomini giocano a biliardo. Qui, a quanto pare, ogni ora del giorno è buona per una bevuta.
Nonostante il caldo, ci rimettiamo in sella. Pochi chilometri ed arriviamo alla frontiera. La Romania, pur essendo uno dei Paesi dell’Unione Europea, non fa ancora parte dell’area Schengen, quindi i controlli alla frontiera sono assicurati. Così, mentre la coda per entrare dalla Romania in Ungheria è lunga chilometri, la cosa nel senso opposto è modesta.
Sotto il sole attendiamo il nostro turno per i controlli. Una signora svizzera, seduta nel suo lussuoso BMW con l’aria condizionata al massimo, è incollata alla macchina davanti per paura che si possa superarla.
Dietro, un rumeno ci fa cenno di passare, mentre arriva un poliziotto di frontiera che ci conduce all’ombra per i controlli.
Siamo ora in Romania. Decidiamo di accelerare il passo sul suolo che sembra bruciare sotto le ruote, concedendoci solo una breve sosta in un minimarket per rifornirci di acqua.
Entriamo a Sânnicolau Mare. Per oltre un chilometro, sulla nostra sinistra, scorre la Zoppas Industries Heating Element Technologies, un tempo eccellenza italiana di Conegliano Veneto, un marchio storico italiano legato principalmente alla produzione di elettrodomestici.
La delocalizzazione in cerca di costi minori di manodopera ha portato lavoro agli abitanti di questa piccola città della Romania occidentale.
Dopo aver lasciato bici e bagagli, sfidiamo i 39 gradi alle quattro del pomeriggio alla ricerca di un ottico che possa riparare la stecca degli occhiali da vista di Niccolò, a cui manca una vite. Obiettivo miseramente fallito.
Doccia e relax in una stanza climatizzata prima di uscire per cena.
La mattina inizia con la colazione in camera ed il consueto rito di caricare le biciclette. Lasciamo Sânnicolau Mare con il cielo nuvoloso, una fortuna che ci accompagnerà per gran parte della giornata liberandoci dalla minaccia del sole cocente. Tuttavia la giornata non si preannuncia epica, dato che viaggeremo interamente su strada statale con pochi paesi che a malapena trovano spazio su una carta geografica.
Oggi termineremo di ascoltare il nostro audiolibro: “Tre uomini in barca”; che ci consentirà di ingannare il tempo e la monotonia.
Sui due lati campi ora di girasoli, ora di mais, completamente secchi, mentre lungo la strada un gran numero di animali vittime del traffico: volpi, ricci e vari uccelli.
Abbiamo già imparato a considerare il Profi, una catena di supermercati e mini market diffusa in quasi ogni villaggio, come il nostro punto di riferimento per i rifornimenti d’acqua, dato che le fontanelle pubbliche in questa zona scarseggiano.
La strada si incrocia più volte con la ferrovia, in questa zona, priva di passaggi a livello automatizzati o protetti. Una croce di Sant’Andrea ci segnala di prestare particolare attenzione: ci soffermiamo, ascoltiamo l’eventuale arrivo di un treno, guardiamo in entrambe le direzioni e, solo quando siamo sicuri, attraversiamo la ferrovia.
Facciamo un’unica sosta all’ora di pranzo, ancora in un Profi, per mangiare qualcosa e poi tiriamo dritto fino ad Arad, che ha fatto parte dell’Impero Austro-Ungarico fino alla fine della Prima Guerra Mondiale.
Alloggiamo all’Hotel Continental Forum Arad, un albergo moderno ed elegante situato nel centro di Arad. Lasciamo bici e bagagli e, dopo una doccia rigenerante, andiamo a cercare fortuna per la riparazione agli occhiali di Niccolò.
Un ottico in un centro commerciale a meno di tre chilometri, raggiunto con i monopattini, risolve il problema.
Cena e a letto presto. Domani ci attende l’unico trasferimento di questo viaggio: ci sposteremo a Brașov, nel cuore della Transilvania, dove le radici della leggenda di Dracula ci aspettano.