Marrakech, la città che da il nome al Marocco. Una città caotica, che non dorme mai. Centinaia di migliaia di persone affollano la grande piazza, patrimonio dell’umanità, e i vicoli della sua Medina, che dall’alto deve apparire come un enorme formicaio di esserini colorati.
Ci svegliamo ad Essaouira. La giornata è calda e assolata. Ci godiamo la colazione nella terrazza del Riad, prepariamo bagagli e bici e andiamo in spiaggia. Nell’attesa di prendere l’autobus che nel pomeriggio ci porterà a Marrakech vogliamo vedere se è possibile prendere una lezione di surf. Contrattiamo un po’ sul prezzo e a mezzogiorno siamo in mare con un ragazzo di vent’anni come maestro; bravo e paziente.
Nel giro di un’ora tutti siamo in grado di prendere un’onda, decisamente modesta, e cavalcarla in piedi sulla tavola. Non tutti con lo stesso stile da californiano doc, ma i risultati sono superiori alle aspettative. Passiamo due ore in mare, poi, quando il colore delle labbra tende al violaceo, usciamo e ci asciughiamo al caldo sole di un gennaio africano.
Un panino nella Medina, e poi è ora di andare a capire come prendere l’autobus, e soprattutto come portare le biciclette. Andranno smontate? Arriviamo al CTM la compagnia nazionale di trasporti. Un impiegato gentile, dopo qualche telefonata ci fa imbarcare tutte e quattro le biciclette con un sovrapprezzo di soli 70 Dirham, meno di 7 euro. Non solo un addetto al carico dei bagagli ci sistema perfettamente le biciclette senza che si debbano smontate e riporre nelle sacche.
Abbiamo un’ora di tempo prima della partenza. Un gelato gustato in una gelateria italiana gestita da una gentilissima signora umbra ci allieta l’attesa. Alle 17:30 l’autobus parte puntuale.
Ci sistemiamo ai primi posti. Il cruscotto appare come un albero di Natale dal numero di spie accese, con tanto di scritta STOP. L’autista, decisamente scorbutico, incurante mette in moto e parte. La guida è nervosa e utilizza il clacson in maniera decisamente disinvolta. Una sosta di quindici minuti a metà percorso dove ne approfittiamo per mangiare qualcosa. Il locale trasmette in sequenza, a tutto volume l’Italiano di Totò Cutugno e Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri e Una terra promessa di Eros Ramazzotti. Possiamo sfornare cantanti in grado di scalare le classifiche, anche mondiali, come i Maneaskin o la Pausini, ma all’estero, musicalmente, siamo ancora quelli dei ruggenti anni 80.
Dopo due ere e mezza siamo a Marrakech. Recuperiamo le bici e puntiamo, stanchi, verso il nostro hotel. Dobbiamo percorrere circa 5 chilometri lungo delle strade in cui tutto sembrano impazziti. Motorini, carrozze con cavalli, asini, auto e taxi che affollano le strade procedendo senza alcuna regola né senso logico. Non sappiamo se questo disordine sia causato dall’eccitazione e dalla frenesia per i festeggiamenti in attesa del nuovo anno, ma è complicato e pericoloso viaggiare in questo delirio. Eppure abbiamo pedalato città ben più grandi e caotiche di Marrakech.
Arriviamo all’hotel. Appare subito evidente che la nostra stanza sia stata data ad altre persone. La sistemazione non si avvicina neanche lontanamente a ciò che abbiamo prenotato. Una camera sporca senza bagno con tre letti singoli con lenzuola gialle, disposti nella stanza con l’abilità di un giocatore di Tetris. Nessun posto per i bagagli, né per le bici, che dovremmo lasciare per strada. È improponibile. Mentre parlo con uno scorbutico ed irremovibile proprietario Micky cerca un altro posto. Trovato. A solo due chilometri. È sensibilmente più caro, ma obiettivamente dormire tre giorni in un tugurio e soprattutto lasciare le bici in strada non è una soluzione praticabile.
Salutiamo e ce ne andiamo. La nuova struttura è un Riad decisamente carino. Ci apre un ragazzo che con un po’ di imbarazzo ci dice che non hanno camere libere, anche se Booking.com ci ha permesso di prenotare. Sono già le dieci di sera. E di soluzioni all’orizzonte non se ne vedono. Tutti gli hotel sono occupati. Contattiamo Booking.com che ci mette in attesa senza fornirci alcuna soluzione. Insistiamo con il personale del Riad affinché ci aiuti a risolvere la situazione, visto che la nostra prenotazione è andata a buon fine compreso di prelievo dalla carta. Passano i minuti e le mezz’ore. È tardi e siamo stanchi. Finalmente un barlume di speranza. Un ostello sembra avere una camera disponibile. Riprendiamo le bici e andiamo, ma a metà strada un messaggio ci avvisa che la camera che abbiamo prenotato non è disponibile.
L’unica soluzione è prendere di nuovo le bici ed allontanarci dalla Medina di Marrakech. Fuori dalla città storica qualcosa, di non economicissimo c’è, ma va bene. Il caos della città lascia il posto a strade meno trafficate. Arriviamo in hotel. Decisamente bello. Mentre sistemiamo le bici ci vengono portati i bagagli in camera. Dentro l’hotel i festeggiamenti per la mezzanotte. Anche qui i Ricchi e Poveri star incontrastate.
La mezzanotte è passata. Entriamo in camera. Stanchissimi. Troviamo un Riad per i prossimi giorni dentro la Medina. Domani ci sposteremo. Ci facciamo gli auguri di buon anno e dormiamo.
È il primo dell’anno. Ci svegliamo con calma ed andiamo a fare colazione con un buffet straordinario, che in qualche modo giustifica il costo della camera. Iniziamo decisamente bene il nuovo anno. Ci spostiamo ora verso la Medina pedalando tra il traffico del primo giorno dell’anno. La piazza principale ci accoglie con incantatori di serpenti e scimmie in catene, oltre a banchi di spezie e di frutta fresca che vendono frullata in enormi bicchieri. La attraversiamo senza soffermarci, insofferenti al trattamento riservato agli animali. Entriamo nella Medina e lasciamo bici e bagagli nella nuova sistemazione: un Riad carino e pulito in un vicolo tranquillo.
Finalmente possiamo visitare la Medina di Marrakech. È affollata da molti, moltissimi turisti, richiamati e contesi da negozianti ansiosi di fare affari. Nei souq si vende di tutto e tutto è trattabile: dalle spezie alle stoffe, dalla pelle agli animali dei souvenir al cibo. Onestamente non mi piace dover trattare per qualsiasi cosa. Capisco che sia la loro cultura, ma non mi trovo a mio agio. Al contrario Micky sembra nata in una Medina.
Un massaggio non esattamente piacevole, in una SPA dove i massaggiatori insistono troppo su delle gambe doloranti e affaticate dai chilometri percorsi e poi ancora in giro.
È ormai sera. Una cena a base di street food locale: panini con carne, uovo, cipolla e una serie di ingrediente non meglio identificati e msemen, delle crepes sfogliate diffuse in tutto il Magreb, arrotolate e ripiene di uova sode e/o formaggino.
È ora di andare a letto. Domani partiremo per un tour di tre giorni nel deserto, prima di tornare in Italia.