Dei quattro paesi visitati la Russia è quello che ci sta entusiasmando di più. Ci stiamo anche sforzando di capire il cirillico. La comunicazione rimane difficile, ma ci proviamo e vediamo che il nostro interlocutore di turno si sforza di capire. Un bel segnale.
Ci svegliamo con calma nel nostro hotel decadente, come tutta la città di Velikiye Luki. La colazione è compresa nei cinquantacinque euro che abbiamo pagato per la camera. Non dobbiamo far altro che scendere e goderci quel che viene offerto, tanto il furgone per il trasferimento arriverà alle 10.
All’uscita dell’ascensore, nella hall, diamo il buongiorno ad un tizio che sta aspettando di salire in camera. “Good morning”. Lui risponde “Buongiorno”. È il primo italiano che incontriamo. Un motociclista, dall’accento Veneto, che ha fatto Mosca – San Pietroburgo in moto; sta rientrando in Italia. È ancora esaltato dal viaggio che ha fatto. Ci salutiamo augurandoci buon proseguimento e buon ritorno e andiamo a far colazione.
Seduti ai tavoli tutti russi, dall’aria di chi è fuori per lavoro. A chi potrebbe saltare in mente di venire a passare qualche giorno di piacere a Velikiye Luki. La colazione è particolare. Quasi tutta salata. Nella parte fredda c’erano dei crostini con formaggio spalmabile e una fetta di pomodoro, insalata di cavolo, due diversi tipi di formaggio, cetrioli e pomodori. Nella parte calda c’era pasta bianca, frittata di uova, uova sode, pollo al curry con verdure, crêpes al formaggio, würstel. Nella parte dolce, porridge, yogurt e un dolce. Ce ne è abbastanza per sbizzarrisci. Mangiamo più che abbondantemente e andiamo a prendere bagagli e bici.
Il Ford Transit è fuori che ci aspetta per portarci a Zubcov. Da lì pedaleremo per una trentina di chilometri fino a Orlovka dove cercheremo un posto tranquillo per piantare la tenda. Ad aspettarci sul furgone, invece di Baliosha, ci sono Sergei e Dimitri. Un quindici posti, con sedili fissi; infilarci le biciclette è una faticaccia.
Saliamo a bordo e partiamo. Musica russa in sottofondo, bandiere con la stella rossa e con falce e il martello. Tutto molto russo.
Intanto fuori si sta abbattendo la tempesta perfetta. Ha iniziato a piovere così forte che anche i nostri spericolati autisti hanno rallentato. Con questa pioggia pedalare per trenta chilometri diventa molto difficile. Trattiamo per essere portati trenta chilometri dopo. Sergei e Dimitri parlano solo russo e non sembrano nemmeno tanto interessati a sforzarsi per capirci. Vogliono altri quaranta euro oltre ai cento già pattuiti. Riusciamo a chiudere a venticinque tra le loro proteste. È comunque un furto, ma le alternative sono scarse. Ok
Ci abbandonano nel mezzo alla strada nei pressi di Orlovka. La pioggia è calata di intensità. Per arrivare al paese pedaliamo per cinque chilometri nel fango in una strada in mezzo ai campi. Siamo fradici. Vorremmo trovare qualcosa di caldo, ma non c’è niente. Non ci rimane che andare a cercare un posto dove mettere la tenda. I campi sono bagnati, almeno ha smesso di piovere.
Lungo la strada un venditore di pelli. Ha pelli di lupo, pelli di orso e colbacchi. Povere bestie. Svoltiamo a sinistra in una strada che si arrampica su una collina. Ne percorriamo quattro o cinque chilometri guardando da una parte e dall’altra, in cerca del posto dove posizionare la tenda.
Un cartello ci dice che siamo a Ulyanovo. Troviamo un posto candidato al nostro bivacco. Attraversando un fosso, oltrepassiamo due lunghe file di abeti e, esattamente sotto uno di essi, c’è uno spiazzo che sembra fatto per una tenda.
Decidiamo di tenerlo come opzione e di arrivare poche centinaia di metri più su vicino alle case. Niente. Il posto migliore è quello tra gli abeti.
Ci fermiamo a raccogliere l’acqua da un pozzo per riempire la doccia portatile, quando un signore si ferma ad aiutarci. L’alito sa di distilleria di vodka, ma sembra tranquillo. Vuole parlare con noi, tra una risata alcolica e l’altra prova a comunicare. Vuol sapere da dove veniamo, dove andiamo, dove dormiremo. È un po’ insistente e dobbiamo disfarcene. Insieme ad un tizio che passa di lì e a sua moglie, una ragazza grassoccia con pochi denti, ci invita a dormire da lui. Non capiamo se per aiutarci o per chiederci soldi, comunque ad una casa di legno diroccata, abitata da un mezzo ubriaco preferiamo di gran lunga la nostra tenda.
Con una scusa li molliamo lì e scendiamo verso quello che sarà il nostro rifugio, assicurandoci che nessuno ci segua.
Entriamo nella boscaglia, puliamo l’area dove vogliamo posizionare la tenda e ci piazziamo.
È presto, ma siamo infreddoliti. Cuciniamo un brodo di pollo liofilizzato con la pasta. Poi tonno con i fagioli. Va meglio.
Non c’è campo per i telefoni, quindi niente internet e niente blog. Andiamo subito a letto. Fortunatamente sembra meno freddo delle ultime notti in tenda e per domani le previsioni danno sole.