La Lituania è ancora più verde della Polonia. Le strade sono poche, ancor meno quelle asfaltate. Alcuni paesi hanno solo una manciata di case, tanto che ci chiediamo il senso di mettere un cartello di inizio e uno di fine, per quattro case. La vegetazione piano piano sta cambiando. Le foreste sono sempre quelle di betulle e di abeti rossi, ma per terra zone assolate di erba si alternano a zone meno assolate ricoperte da un fitto strato di muschio. Siamo nel primo dei paesi baltici che attraverseremo.
Ci svegliamo, apriamo la tenda e realizziamo di essere in un paradiso terrestre: il bosco, il lago, la tranquillità. Abbiamo dormito come sassi. Lasciandoci alle spalle il grande albero sotto al quale abbiamo piantato la tenda, andiamo a fare colazione su uno dei pontili che si allungano verso il centro del lago. Un pescatore ha la lenza calata in acqua e il recipiente dove raccogliere i pesci vuoto. Al momento non sembra girargli bene, tanto è vero che prepara le sue cose per cambiare posto.
Si ferma un attimo a comunicare con me. Una comunicazione fatta per lo più di gesti e di suoni onomatopeici, ma in qualche modo ci capiamo.
La colazione sul pontile di un lago, praticamente tutto per noi, non ha prezzo. L’aria è frizzantina, il sole è ancora fioco, la luce è quella giusta del primo mattino. Di fronte il lago, di fianco la vegetazione con le anatre. Con il fornellino scaldiamo il latte, abbiamo una vasta scelta tra dolcini, cereali e biscotti. Il silenzio è interrotto soltanto dal Miche che corre dietro, lungo il pontile, ai pesci con la pinna rossa.
Negli ultimi giorni abbiamo tirato; ci rendiamo conto di dover allentare un pochino, altrimenti rischiamo che per il Miche diventi troppo pesante.
Ci sediamo su di un tronco a ripianificare la suddivisione delle tappe. Oggi è opportuno scorciare di qualche chilometro arrivando a circa quarantacinque, lasciandone circa settanta per domani.
La decisione è presa. Prepariamo con calma i bagagli, ripieghiamo la tenda, carichiamo le bici e partiamo. Dopo nemmeno un chilometro ci fermiamo per salire su di una torre in metallo e legno per fare qualche foto panoramica al paesaggio. La vista è mozzafiato e, guardando in lontananza, si percepisce la scarsa densità di popolazione di questa zona. Si vedono solo foreste, campi e laghi.
È quasi ora di pranzo. Facciamo una sosta per rifocillarci e compriamo un combustibile per il nostro fornellino ad alcool.
I chilometri scorrono bene. Sappiamo che dobbiamo dobbiamo avvicinarci il più il possibile a Merkinès, il nostro fine tappa, dentro parco naturale di Dzūkijos, prima che arrivi un diluvio.
Arriviamo a pelo. Un intenso scroscio d’acqua è accompagnato da tuoni e fulmini. Ci rifugiamo dentro un piccolo supermercato, tanto dobbiamo comprare la cena. Brodo di pollo liofilizzato e una pastina da cuocerci dentro, macinato di manzo al limone e pomodori. Una cena da re.
Ora non ci resta che aspettare che smetta di piovere e trovare un posto dove stabilire il nostro bivacco. Qui non ci sono hotel né campeggi, ma con tutti questi spazi verdi non ci saranno problemi.
A tre chilometri da Merkinès c’è una foresta con un laghetto; ci sono anche dei tavolini. Sembra un posto perfetto.
Non piove quasi più, saliamo in bici e andiamo al posto individuato. Una signora sta pescando nel lago. Canna da pesca in una mano e sigaretta nell’altra. Ogni pesce pescato, lo libera dall’amo e lo rigetta in acqua. Probabilmente in quel posto, in quei gesti riesce a trovare la sua tranquillità.
Le chiedo se è sicuro dormire lì. Lei fa capire che non ci sono problemi.
Micky e Dudu piantano la tenda, mentre io, con delle buste della spazzatura, preparo un telo dove appoggiare i bagagli.
Stasera è Micky la cuoca. Tutto ottimo e abbondante.
È quasi l’ora di andare a letto. Un furgone con due ragazzi tedeschi parcheggia. Dormiranno qui anche loro.
Non ci resta che ritirarci nel nostro rifugio sicuro, nella speranza di riuscire a riposare bene.
Comments
1 commentoGiovannella
Ago 11, 2019Mi sbaglio ma fa “di MORTO freddo”?