Ci svegliamo intorno alle sette, meno infreddoliti del solito, nel nostro rifugio tra gli abeti. Intorno a noi la nebbia. Il cielo è sgombro da nubi; dopo tanti giorni di pioggia e cielo grigio ci voleva. Per colazione prepariamo latte con i cereali e porridge; qualcosa di caldo dopo una notte in tenda è sempre un bel modo di iniziare la giornata.
Prepariamo le borse e pieghiamo la tenda, che rimane piuttosto bagnata. Prima l’abbiamo montata su un campo su cui era piovuto per un intero giorno, poi l’umidità della notte ha completato l’opera.
Ci mettiamo in sella. La strada è pessima. Quello che doveva essere asfalto trenta o quaranta anni fa, ora è un susseguirsi di profonde buche alternate a tratti di sterrato caratterizzati dalla solita sabbia e dalle solite ondine. Trenta chilometri davvero faticosi.
Ci fermiamo ad un negozietto in un piccolo villaggio di poche case. Intorno mucche e vitelli al pascolo. Il negozietto, grande pochi metri quadri, per cui dieci persone dentro sono troppe, è l’unico del villaggio. Vende proprio tutto: dal cibo ai saponi, dalle tovaglie plastificate agli stivali.
Vogliamo mangiare. Dentro due persone. Dudu si mette in fila, mentre io guardo in giro.
Compriamo una pagnotta di pane integrale, del formaggio a fette e una specie di mortadella. Non vediamo l’affettatrice. Mimo alla signora di tagliarlo per metterlo nel pane. Lei mi rassicura con un gesto. Pesa il salume. Otto etti e mezzo. Prende il coltello e taglia cinque fette dello spessore di due dita ciascuna. Ottimo. Tagliato fine come piace a noi.
Consumiamo la nostra merenda seduti fuori, godendoci il tepore di un sole, che noi definiremmo primaverile, e ripartiamo lungo la strada dissestata.
Ancora qualche chilometro di Parigi-Dakar e la strada cambia nettamente. Le buche e lo sterrato si trasformano in un asfalto liscio e continuo, con tanto di strisce segnaletiche. Alzando la testa un cartello indica la fine dell’Oblast di Tver e l’inizio dell’Oblast di Mosca.
Gli Oblast costituiscono la suddivisione territoriale principale del paese, esattamente come le regioni in Italia.
Ora la strada scorre bene. Nei presidi delle case, più belle e più grandi, c’è l’illuminazione stradale. I pascoli diminuiscono a favore dei terreni coltivati. La densità di popolazione inizia ad aumentare, così come negozi. Da ora in poi non avremo più il problema di organizzare le soste in base ai pochissimi negozi di alimentari.
Dobbiamo arrivare a Lotošino e cercare un posto per piantare la tenda, ma visto che la tenda è tutta bagnata propongo di trovare un hotel. Potremmo così asciugare la tenda e lavare i vestiti sporchi e umidi. Vengo accontentato con le bocche un po’ storte; ormai dormire in tenda piace.
Entriamo a Lotošino. È una città ordinata e pulita, e lo si vede già dalla periferia. Ogni palazzo ha un giardino con giochi per bambini e i bambini in giro sono tanti. I giochi sono tanti, belli, diversi e tutti nuovi. Un bel segnale. Siamo lontani anni luce dalla desolazione di Velikiye Luki.
Ci fermiamo, ad un parco giochi. Sfruttando l’occasione di uno spuntino i bimbi possono svagarsi ai giochi. Un bambino biondo con gli occhi azzurri ci saluta dalla sella della sua biciclettina. Ovviamente non parla né italiano né inglese. Chiama un bimbone alto e grosso, deve essere il capo del gruppo. In un inglese stentato riusciamo comunicare. Dudu fa da portavoce così esercita la lingua. Continuano ad arrivare bambini e piano piano ci troviamo circondati. Il biondino intanto continua a citofonare ai palazzi dicendo “Italianski” per chiamare altri compagni. Siamo le star di un pomeriggio della periferia di Lotošino.
È arrivata l’ora di cercare da dormire. Salutiamo i nostri piacevoli amici russi: Maxim, Dimitri, Sasha, Micheal e gli altri. Prendiamo le bici ed andiamo a vedere se è possibile dormire in un hotel trovato nel frattempo online. È in un complesso sportivo che ospita squadre di calcio giovanili. Entriamo nel parcheggio. Un ragazzo in pantaloncini e scarpette da gioco ci indica l’ingresso.
Contrattiamo due camere per 48 euro, più tre euro per lavarci tutti i vestiti. Ve bene così. Le camere sono dignitose per lo standard trovato fino ad ora.
Dovremmo uscire per comprare la colazione è per cenare, prima però io e Dudu apriamo la tenda in camera per farla asciugare.
Dopo una spesa al vicino supermercato per la colazione ci fermiamo ad un ristorante. Chiuso. Non abbiamo voglia di tornare a prendere le bici per cercarne un altro, quindi decidiamo per una serata pizza. Dall’albergo infatti è possibile usufruire del servizio di pony pizza. Due pizze al salamino per me e Micky, due pizze alla carbonara per Dudu e il Miche e del sushi per tutti.
Mangiamo a sazietà, e le pizze russe non sono nemmeno male; abbiamo anche una pizza avanzata per il giorno dopo.
Non resta che una bella dormita.