Siamo tornati nell’isola di Honshū, precisamente a Osaka, nell’altra anima del Giappone; quella delle metropoli, dei grattacieli, dei milioni di persone in movimento frenetico. La tranquillità delle campagne e della vita rurale l’abbiamo lasciata nell’isola di Shikoku.
Per noi sveglia alle 6:15. Dobbiamo cercare di prendere un pullman alle 9:30 che ci porti a Osaka e non sappiamo ancora come funzioni. Ci prepariamo e carichiamo le bici. Le scarpe, dopo la pioggia di ieri, non possiamo calzarle. Puzzano di cane bagnato. Partiamo quindi in infradito.
Prima delle 8 siamo alla stazione, da dove partono anche i pullman. Dobbiamo cercare di comprare i biglietti e fare colazione. Alla biglietteria una signorina gentile, ma a digiuno completo di inglese, cerca di trovarci la soluzione più conveniente per andare a Osaka. Facilita la comunicazione con il suo smartphone, traducendo dal giapponese all’inglese (poi chissà perché, visto che siamo italiani), ma è comunque efficace. Quattro biglietti per due adulti e due bambini più quattro bici per Osaka. Perfetto. Ci congeda scusandosi anticipatamente del possibile ritardo del pullman, dovuto alla festa della lanterne. In un solo giorno il traghetto che dovevamo prendere è saltato e il pullman potrebbe essere in ritardo. Siamo sicuri che la puntualità e la precisione dei mezzi pubblici giapponesi non sia più leggenda che realtà?
Abbiamo ora tutto il tempo di fare colazione con calma, smontare le bici e riporle nelle sacche. Il pullman, contrariamente a quanto ci è stato comunicato, è in orario. Carichiamo borse e bici e saliamo. Purtroppo, essendo i posti assegnati, non siamo vicini, ed i giapponesi non brillano per flessibilità. Il viaggio comunque, di tre ore e mezzo, è confortevole.
Attraversiamo lo stretto di Naruto con il suo ponte lungo 1,3 km, che separa le isole di Shikoku e Honshū. Da una parte l’Oceano Pacifico dall’altra il mare interno di Seto. Il flusso delle maree tra questi due mari genera dei vortici di diametro fino a 20 metri. Noi ci riversiamo al finestrino per cercare di vederne alcuni. Riusciamo a vedere soltanto delle forti correnti e un piccolo vortice.
Arriviamo finalmente alla stazione di Osaka. Prima di scendere dal pullman l’autista ritira a tutti il biglietto che aveva già controllato al momento della salita.
Non eravamo in un pullman, ma in una macchina del tempo. La stazione è enorme, piena di luci e di persone; non sembra di essere né nella stessa epoca né nello stesso paese. Rimontiamo le bici e prendiamo la direzione della nostra casa del giorno. Siamo davvero lontani dalle nostre pedalate lungo le risaie e i boschi di bambù, ma è altrettanto bello pedalare in una metropoli tra i grattacieli. Ci sono moltissime biciclette, che condividono i larghi marciapiedi con i pedoni; un solo parcheggio ne conta a centinaia, quasi tutte senza una chiusura. Come è possibile? Nessuno le ruba?
Arriviamo intorno alle tre del pomeriggio alla nostra prima casa di Osaka, in due giorni dormiremo in due posti diversi. Una casa carinissima, che rappresenta lo stile giapponese che ci immaginiamo. Una piccola cucina con zona giorno, un giardinetto interno e sopra due camere con i futon: una affittata a noi è una ad una famiglia giapponese con tre bambini.
Scarichiamo i bagagli e andiamo a respirare un po’ di Osaka. Ponti, grattaceli, strade enormi, biciclette e auto ovunque. Insegne luminose, odore di cibo. Proprio l’odore di cibo ci ricorda che abbiamo fame e che vogliamo mangiare le okonomiyaki di Osaka, il piatto tipico. Pedaliamo in direzione di un ristorante della famosa catena Chibo, famosa proprio per queste frittatone a base di uovo, verza e ogni ben di Dio.
Il ristorante è piccolo, ma curato. Ogni tavolo ha al centro una piastra bollente per mantenere calde le pietanze. La cucina, completa di piastra per cucinare le okonomiyaki, è a vista.
Lo chef prepara i piatti con due palette di metallo, eseguendo movimenti precisi e rapidi. Dudu lo guarda incantato. Quando è il turno di preparare i nostri piatti, lo chef chiama Dudu in cucina. Prima una piccola lezione su come si prepara una okonomiyaki, poi tocca a chef Dudu destreggiarsi tra i fornelli, con palette, salse varie e scaglie di tonno. Risultato eccellente.
Tornando a casa percorriamo stradine secondarie per goderci la Osaka più intima; a metà strada veniamo sorpresi da un mega acquazzone. Arriviamo bagnati come pulcini. Doccia per noi e lavatrice più asciugatrice per le puzzolentissime scarpe. Poi a letto.
Domani ci aspetta una giornata a spasso per Osaka, prima di riprendere il nostro tour del Giappone.
Comments
1 commentoGiovannella
Ago 17, 2018Dudu, si può avere una OKONOMIYAKI gamberetti e germogli di bambù?😁😁😁😁😁