Siamo in una casetta in legno ai bordi del Ramkhamhaeng National Park, una fitta foresta che ricopre una intera, enorme, collina. Ai suoi piedi sterminati campi di riso e fattorie. Siamo a pochi chilometri dal parco storico di Sukhothai dove sono conservate le rovine dell’antica capitale del Regno di Sukhothai, che per circa centoquaranta anni ha dominato buona parte della regione indocinese.
Abbiamo pedalato per cinquantotto chilometri in un’altra giornata decisamente calda e con un sole scottante.
Ormai la sveglia alle sei e mezzo è una costante di questo viaggio. Alle sette una piccola colazione a base di pane tostato con la marmellata, decisamente poco sostanziosa per affrontare una giornata sui pedali. Dobbiamo fermarci al primo negozio per integrare con un rinforzino che ci possa garantire la giusta energia. Le bici intanto sono già cariche; salutiamo la famiglia che gestisce il resort e ci mettiamo in viaggio.
Dopo qualche chilometro attraversiamo un piccolo villaggio. Per strada transita una mandria di vacche con un anziano pastore che, con un frustino di bambù, colpisce energicamente le più indisciplinate. Dall’altra parte della strada c’è un negozietto; non è molto fornito, ma ha quel che basta per completare la colazione.
Per noi suona sicuramente strano, ma la cosa buffa è che nei negozi si entri scalzi; si lasciano le scarpe sulla soglia e si scelgono i prodotti tra i vari scaffali camminando scalzi in un pavimento specchiato.
Ci rimettiamo in marcia, attraversando un gran numero di villaggi, ognuno composto da poche case e un unico, piccolo, negozio. Il nostro passaggio nel villaggio è sempre salutato dai cani, che ci corrono dietro abbaiando fino a che non si stancano. Non sono ostili, ma numerosissimi. In generale il numero di cani in Thailandia, tra randagi e non, è altissimo.
Finita la serie di villaggi, ci immettiamo in una strada a grande scorrimento che seguiremo per trentaquattro chilometri, tra camion e auto che ci sfrecciano accanto. Obiettivamente è un tratto noioso e pericoloso senza grandi possibilità di sosta. Incontriamo una venditrice di coroncine di fiori che vengono utilizzate come amuleti per scacciare gli spiriti maligni.
— Momento Alberto Angela – I thailandesi e gli spiriti —
I thailandesi sono per la maggior parte di religione buddhista, tuttavia seguono scrupolosamente le pratiche relative al mondo degli spiriti, molto più che le pratiche buddhiste. Il culto degli spiriti ha origine nell’antica religione animista che riteneva che le anime dei morti continuassero a vivere sulla terra.
Per strada spesso si vedono persone portare fiori o frutta a delle piccole casette, spesso dorate, innalzate su piedistalli. Sono ovunque e molto numerose. Semplicemente i thailandesi non possono iniziare bene la giornata senza prima portare le offerte agli spiriti. Bevande, cibo, incensi e ghirlande di fiori. Offrono tutto ciò che può servire a compiacerli. Inoltre, ogni casa, condominio e negozio ha, in una posizione che non venga mai messa in ombra dall’edificio, la sua piccola o grande casetta degli spiriti.
Dentro ogni casetta trovano spazio delle statuette che rappresentano gli spiriti degli avi o gli spiriti guardiani della terra, signori della casa, insieme alle statue di persone o animali che possono rendere piacevole la loro vita: i domestici per servirli, i danzatori i musicisti per intrattenerli, elefanti e cavalli da essere usati come mezzi di trasporto.
Lo scopo è che gli spiriti maligni abbiano una casa dove vivere che sia piacevole. In questo modo si vuole scongiurare il pericolo che vogliano uscire infestando le case delle persone. Gli spiriti sono molesti ed amano provocare scherzi e guai, anche piuttosto seri, alle persone.
Succede però spesso che gli spiriti decidano di uscire dalle loro case seminando il panico; i thailandesi allora cercano di avere sempre con loro una corona di fiori fresca in segno di rispetto. Le coroncine sono vendute ovunque, per strada o ai semafori, e i thailandesi le appendono ai vari mezzi di trasporto.
— Fine momento Alberto Angela —
Noi non possiamo far sì che gli spiriti maligni ci facciano scherzi, allora compriamo una coroncina di fiori ciascuno e la appendiamo alla bici. Proseguiamo il percorso lungo lo stradone senza fine. Il Miche deve essere un pochino distratto per non farlo annoiare, allora parliamo un pochino di tutto e contiamo i serpenti schiacciati. Record di ventiquattro rimasti sull’asfalto, con uno di almeno due metri. Mai visto niente del genere.
In lontananza vediamo qualcosa di meraviglioso. Può essere un miraggio dovuto al caldo o è davvero un cocomeraio? È un cocomeraio. Un’anziana signora con il marito hanno realizzato una specie di accampamento per strada. Stanno cucinando il loro pranzo, mentre attendono che qualcuno compri i loro cocomeri. Non possiamo farci sfuggire l’occasione. Compriamo un cocomero intero. La signora prima lo affetta e poi ne distribuisce la polpa, rossissima, in bustine trasparenti; un servizio eccellente. Ci gustiamo questa prelibatezza con avidità, seduti per terra vicino alle bici.
Siamo a metà dello stradone. Percorriamo tutto d’un fiato i sedici chilometri rimanenti prima di svoltare sulla destra. All’incrocio c’è il solito localaccio all’aperto che, pur non rispettando le condizioni igieniche di base, può essere un buon posto dove pranzare. Ci aspettano altri quindici chilometri, prevalentemente in campagna, e non abbiamo nessuna garanzia di trovare qualcosa da mangiare.
Noddles con pollo per Micky e Dudu, noddles con maiale per me e pollo fritto per il Miche. Come pranzo è perfetto. Sul bancone, tra il pollo e i noddles fa bella mostra di se un cimitero delle mosche. Un foglio con una sostanza appiccicosa intrappola le mosche senza dargli via di scampo. Il locale però è tutt’altro che desolato; un viavai di persone si ferma per comprare o consumare del cibo. Abbiamo scovato la famosa trattoria dei camionisti thailandesi 😂.
Ci facciamo gli ultimi chilometri tutti di un fiato. Prima delle tre siamo al nostro resort. Carino, sicuramente il più occidentale trovato fino ad ora, e probabilmente frequentato da molti tedeschi; accanto alla bandiera della Thailandia sventola quella della Germania. Il resort offre la possibilità di cenare presso il suo piccolo cafè. Il menù è fusion, con piatti teutonici cucinati alla thailandese.
Ci rilassiamo in camera, facciamo la doccia e i bimbi svolgono la loro parte di compiti. Micky lavora. Alle sette ceniamo. Pollo alla piastra per il Miche, Micky ed io, bistecchina di maiale per Dudu. Il tutto molto speziato e accompagnato da insalata per i grandi e patatine fritte per i piccoli. A seguire polpette alla tedesca, almeno così recita il menù, e quattro enormi gelati, molto acquosi e ghiacciati, ma sempre graditi.
Possiamo finalmente andare a dormire. Domani dobbiamo partire prima del solito per andare a visitare le antiche rovine di Sukhothai.
Comments
1 commentoGiovannella
Dic 23, 2018E lo mangiate?Che coraggio…..
Tommy
Dic 23, 2018Meglio il digiuno..altro che il pollo🤣🤣