Siamo nell’isola di Omishima, sistemati nell’ennesima Guest House. Abbiamo pedalato per cinquantadue chilometri, per buona parte lungo la pista ciclabile Shimanami Kaido, che collega le città di Onomichi e Imabari. Una pista bellissima, tra il mare le montiagne verdissime, immersa in una natura che toglie il fiato. Nelle strade viaggiano pochissime auto e il solo rumore che ci accompagna è quello del canto delle cicale, in Giappone numerosissime e giganti.
Ci siamo svegliati di buon mattino ad Onomichi. Colazione e preparazione bici. Prima tappa il porto, dal quale ci imbarcheremo per una brevissima traversata per l’isola di Mukoujima, la prima delle quattro isole che toccheremo oggi.
Al porto incontriamo un gruppo di studentesse che aspettano il traghetto per andare a scuola. Scambiamo due parole con loro, infine Dudu e il Miche posano per una foto ricordo, anche se il Miche non sembra propio entusiasta. La traversata dura dieci minuti.
Finalmente siamo nell’isola di Mukoujima. La pista ciclabile è ben segnalata nelle due diverse direzioni: Onomichi e Imabari. Noi la imbocchiamo in direzione Di quest’ultima. Viaggiando di fianco al mare vediamo un acqua limpidissima e incontriamo delle spiagge da cartolina, deserte. Il motivo per il quale i giapponesi non amino andarne in spiaggia rimane un mistero. A noi non interessa, oggi il tempo per un bagno lo troviamo.
Teniamo un passo spedito e i chilometri scorrono in fretta. Iniziamo a salire per imboccare il primo dei tre ponti di collegamento che attraverseremo oggi. È un enorme ponte in metallo, lungo 2,5 chilometri, con due piani. Le auto viaggiano al piano superiore, mentre le biciclette al piano inferiore.
Arriviamo nell’isola di Innoshima. Qui, dopo sedici chilometri facciamo la prima breve pausa. Un po’ di frutta secca, una bibita e ripartiamo. Il percorso qui si addentra nell’interno dell’isola, lasciando la costa.
Incontriamo una famiglia giapponese in gita lungo la pista. Una mamma, con una bambina di circa dieci anni e un bambino, forse poco più grande del Miche. Percorriamo un bel tratto insieme. Il bambino e il Miche si studiano per un po’, poi il bambino rompe gli indugi e, guardando il Miche, si lancia in velocità. È una sfida! Al semaforo arriva nettamente primo il bambino giapponese. A quel punto il Miche deve lavare l’onta della sconfitta subita. Per i successivi due semafori il Miche ce la mette tutta. Piegato sul manubrio, le gambe che spingono al massimo; l’unico rumore che si sente è quello meccanico degli ingranaggi che scricchiolano ad ogni cambio di marcia. Il Miche stacca nettamente il bambino, e una volta acquisito un buon vantaggio, pedala tenendo il manubrio con una sola mano e mimando di sbadigliare. Non è proprio sportivo, e questo aspetto andrà affrontato, ma fa ridere.
Intanto superiamo il secondo ponte e ci ritroviamo dell’isola di Ikuchi. La pista corre di nuovo lungo la costa. Siamo in anticipo sulla tabella di marcia, quindi possiamo concederci una pausa pranzo più lunga. Quale miglior occasione di trascorrere un paio d’ore in spiaggia? Sosta ad un supermercato e ci dirigiamo verso una vicina spiaggia con il pranzo.
La spiaggia è larga, attrezzata con spogliatoi e docce, e il mare è pulito. Contrariamente a quanto abbiamo visto fin’ora, La spiaggia è frequentata da giapponesi, ma sono completamente vestiti. Stanno in acqua con lunghe calzamaglie, maglie a maniche lunghe e cappello. Rimane un mistero.
Mangiamo tranquilli e ci concediamo più di un bagno rinfrescante, dopodiché giunge il momento di ripartire; ormai siamo vicini al termine della tappa.
Percorriamo l’ultimo ponte della giornata e arriviamo nell’isola di Omishima, dove dormiremo. Purtroppo la nostra Guest House si trova dall’altra parte dell’isola. Preferiamo tagliare affrontando tre chilometri di salita e altrettanti di discesa, piuttosto che costeggiarla e fare altri 14 chilometri.
La Guest House si trova al primo piano di un Café. Entriamo nel locale. La confusione è assoluta. Oggetti sparsi ovunque, senza una motivazione precisa o apparente. Tutto richiama il Tibet e in ogni angolo o oggetto si può vedere la scritta “Free Tibet”. La proprietaria, Joy, è una signora giapponese di mezza età un è un po’ strana, ma simpatica e disponibile. Ci offre un bicchiere di acqua gelata e un asciugamano bagnato con acqua fredda per rinfrescarci. Poi ci mostra la camera, la prima da quando siamo in Giappone, senza aria condizionata. È un forno. Speriamo di dormire.
Non resta che andare prendere qualcosa per cena nel vicino supermercato, mangiare e fare la doccia.
Domani ci attendono altri cinquanta chilometri. Arriveremo a Imabari, nell’isola di Shikoku, da dove inizieremo il nostro Shikoku Henro.
Comments
1 commentoGiovannella
Ago 7, 2018Avrei pagato per vedere il Miche gareggiare con il giapponesi …….