Siamo arrivati a Kure, dopo una giornata impegnativa, ma ricca di emozioni. Alla fine sono sessanta i chilometri percorsi, ma abbiamo tante cose di cui parlare che la distanza percorsa passa in secondo piano.
Ci svegliamo di prima mattina nell’orrenda Guest House a Miyajimaguchi. Solita colazione, ci prepariamo, carichiamo le bici e andiamo al porto con l’intenzione di vedere il Torii che si erge dal mare, nella vicina isola di Itsukushima. Purtroppo la foschia non ci permette di vederlo nitidamente. Un traghetto che porta i pellegrini ed i turisti sull’isola salperà tra pochi minuti. La decisione è tempestiva. Biglietti e andiamo sull’isola. Sappiamo che poi ci sarà da correre, ma sappiamo anche che ne varrà la pena.
L’isola, anche se è stata aperta al turismo, è un luogo sacro e ne mantiene il fascino. Non vi si può nascere né morire, pertanto l’accesso è interdetto a donne incinta e persone gravemente malate. Tutta la struttura è stata costruita in armonia con la foresta e la natura circostante. I daini, ormai abituati alla presenza dell’uomo, si aggirano tra le persone in completa libertà. Dudu e il Miche ne approfittano per accarezzarli, anche se loro sembrano più interessanti al cibo contenuto nelle borse della bici di Dudu, che ormai hanno assunto la funzione di cambusa mobile.
Il Torii color vermiglio che si erge nel mare interno di Seto è il portale di accesso al Kami al quale è dedicato il santuario che è costruito su palafitte. Il kami è adorato come il dio guardiano del mare.
Cerchiamo di rubare velocemente con gli occhi più immagini possibile di un santuario che richiederebbe di almeno un giorno di per visitarlo tutto, dopo di che andiamo a prendere il traghetto per tornare sul nostro percorso.
Decidiamo di caricare la bici del Miche in modo da poter tenere un passo più spedito. Smontandola ci rendiamo conto che, anche volendolo far pedalare, ha perso il bullone fissa il cambio al telaio. Urge trovare il ricambio, altrimenti sarà impossibile che il Miche possa continuare con la propria bici.
Ripartiamo quindi, con tre biciclette più una, in direzione Hiroshima. Durante il percorso effettuiamo due soste. Una per uno spuntino e una per comprare il ricambio della bici del Miche. Due ragazzi gentilissimi si dedicano a noi per risolvere il problema.
Arriviamo a Hiroshima. Qui dobbiamo visitare il monumento della pace e lasciare delle gru di carta, che Micky ha realizzato durante la notte, al monumento dedicato a Sadako Sasaki per onorarne la memoria.
—- Momento Carlo Lucarelli, che racconta, con luce soffusa, la storia di Sadako—-
Sadako Sasaki era una bambina, che il 6 agosto del 1945, alle 8:45, quando è stata sganciata la bomba atomica, si trovava a Hiroshima, a circa due chilometri dal luogo dell’esplosione. Purtroppo, qualche anno dopo, l’esposizione alle radiazioni l’ha fatta ammalare gravemente.
Le gru nella cultura giapponese sono sempre state un simbolo di immortalità. Una leggenda narra che «chiunque riesca a piegare mille gru, vedrà esauditi i desideri del proprio cuore».
La migliore amica di Sadako le regalò l’origami di una piccola gru di carta e le parlò della leggenda. Sadako, che sognava di tornare a star bene, inizò a realizzare gru di carta e arrivare a piegarne mille e poter realizzare il proprio desiderio.
Durante i quattordici mesi trascorsi in ospedale, la bambina realizzò gru con qualsiasi carta avesse a disposizione, comprese le confezioni dei suoi farmaci. Prima che la malattia ne avesse il sopravvento, la bambina riuscì completare soltanto 644 gru. I suoi amici realizzarono per lei le restanti 356, e le mille gru furono poi sepolte con lei.
Alla scomparsa di Sadako, gli amici raccolsero dei fondi per far erigere un monumento in onore della bambina e delle vittime di Hiroshima
—- Fine del momento Carlo Lucarelli —-
Piazza della pace è un parco enorme nel centro di Hiroshima. Un monumento, sorto nel punto in cui è esplosa la bomba, ricorda le vittime. Oltre la piazza un palazzo, di cui rimane poco di integro, testimonia la potenza della bomba. È l’unico edificio ad essere rimasto in piedi dopo l’esplosione. Davanti al monumento alle vittime si formano file ordinate di persone, da tutto il mondo, che recitano una preghiera o si raccolgono in un momento di riflessione. Una fiamma rimarrà accesa fino a quando, nel mondo, non sarà distrutta l’ultima arma atomica.
Ci mettiamo in fila per recitare la nostra preghiera, e, nell’attesa, spieghiamo a Dudu e al Miche, il significato del monumento e l’orrore di quel che è accaduto. È giusto che il mondo non dimentichi quanto è accaduto per non commettere gli stessi errori.
In fondo alla piazza il monumento in ricordo di Sadako. Delle teche di vetro raccolgono migliaia di gru di carta. Dudu e il Miche rendono omaggio a Sadako e depongono la loro.
È il momento di ripartire. Mancano ancora quasi quaranta chilometri alla nostra destinazione. La temperatura della piazza è elevatissima. Ci bagniamo la testa ad una fontana e risaliamo in sella.
Cerchiamo di mantenere un ritmo sostenuto fermandoci per il pranzo solo alle 15:30.
Uscendo da Hiroshima possiamo vedere da vicino gli ingenti danni causati dell’alluvione che ha colpito la zona meno di un mese fa, mietendo quasi duecento vittime. Si vedono ancora auto coperte dal fango, strade distrutte, ferrovie interrotte, e intere porzioni di colline franate. Un incessante lavoro di mezzi pesanti e uomini sta liberando e ripristinando le vie di comunicazione. Brutto vedere, a distanza di neanche un anno dall’alluvione di Livorno, certe immagini. Il nostro percorso viene modificato obbligandoci a cambiare continuamente strade e corsie.
Finalmente a Kure, quasi ad ora di cena. Una città nella prefettura di Hiroshima. Strade colme di negozi di ogni tipo e locali che servono cibo pieni di gente. Un gruppo di ragazzi mi ferma per capire da dove vengono questi viaggiatori atipici. Una volta capito che siamo italiani cercano di farmi capire qualcosa con un suono sconosciuto che fa più o meno: “Uh Hooooon”. Il buio completo. È solo quando uno di loro inizia a mimare un portiere capisco che Uh Hooooon significa Buffon. Gli insegno come si pronuncia e ci salutiamo.
Un ragazzo ci indica dove si trova la nostra Guess House. Un palazzone anonimo in una via interna in pieno centro. Ad attenderci un buffo tipo grassottello, con capelli decolorati biondo sbiadito e rosso e con un dente in argento. Ci mostra la camera, che ospita, oltre a noi, altri otto ospiti e tutti i servizi.
Decidiamo che per stasera, data l’ora, mangiamo fuori. Abbiamo delle cose che vogliamo assaggiare prima di lasciare il Giappone. Tra queste ci sono i Takoyaki, polpette di polpo in pastella ricoperte da scaglie di tonno affumicato e salsa di soia.
Il tizio della Guest House è proprietario di un localaccio nel solito palazzo, sulla strada principale; serve solo Takoyaki. Ottimi. Hanno la consistenza di una crêpes fatta a polpetta, con besciamella e polpo all’interno. Anche le scaglie di tonno affumicato ci si sposano benissimo.
Spesa per la colazione in un vicino supemercato, doccia e a letto. Domani ci aspetta una lunga giornata di trasferimento, nella quale percorreremo circa sessanta chilometri.
Comments
1 commentoTommaso
Ago 4, 2018Takoyaky?…dalla descrizione sembrano quel troiaio che mangiai io a Tokyo… ma non c’era il tonno nei miei…e polpo crudo dentro 🤮🤢🤣🤣🤣
Bello leggervi!! Forza, aspetto la prossima tappa!💪🏻🤙🏻😎😍
Alessandro Falleni
Ago 5, 2018Invece sono buonissimi. Il polpo dentro non è crudo né duro e le scaglie di tonno sopra ci stanno benissimo.