Siamo a Tokyo in una stanza di albergo minuscola, vicino alla stazione di Shikanawa. L’impatto con questa città è impressionante. Niente a che vedere con quanto visto fino ad ora. Osaka, Kyoto, ma neanche New York, San Francisco o Los Angeles. Ovunque grattacieli altissimi. Rivestiti di specchi, di mattonelle, di magaschermi. Si estendono oltre a dove i nostri occhi riescono a vedere.
La città di Edo, nel 1868 diventa la capitale del Giappone per volere dell’imperatore. Da quel momento ha assunto il nome Tokyo, che significa capitale d’oriente, in quanto più a oriente della precedente capitale, Kyoto.
Tokyo per noi rappresenta tappa finale più giusta per questo viaggio, lungo e emozionante, di un paese con tante anime. Siamo partiti dall’isola di Kyushu, il luogo di nascita della civiltà giapponese, abbiamo attraversato le campagne e il Giappone più spirituale, passando poi per la capitale commerciale e le due vecchie capitali. Tokyo arriva quindi a conclusione di un percorso che ha una sua logica.
Per noi l’ultima sveglia della nostra casa di Kyoto è tranquilla. I ritmi sono rilassati, dato abbiamo il treno prenotato per le 11:12. Forse troppo rilassati, perché poi dobbiamo correre per riuscire a prenderne il treno.
Alla stazione c’è un ingresso separato per gli Shinkansen, i treni ad alta velocità, così come separata è la rete ferroviaria. I treni locali non viaggiano insieme ai treni ad alta velocità.
Inizia la faticaccia, che consiste nello smontare le bici fuori dalla stazione, chiuderle nelle sacche e portarle, insieme ai bagagli, fino al binario. Questa operazione richiede circa un’ora. Arriviamo sul binario dieci minuti prima che il treno arrivi, poi vediamo arrivare il “nasone” tipico degli Shinkansen. Il treno non è nuovissimo; i nostri freccia rossa sono sicuramente più belli. A vantaggio dello Shinkansen, tuttavia, c’è uno spazio notevole per poter distendere le gambe. Inoltre in circa due ore si coprono i 450 chilometri che sparano Kyoto da Tokyo.
Finalmente arriviamo, puntualissimi, alla stazione di Shinagawa, una delle tante stazioni di Tokyo. Scendiamo da treno e facciamo l’operazione inversa per rimontare le biciclette. L’obiettivo è andare a scaricare i bagagli e immergerci in questa metropoli.
Appena usciti dalla stazione davanti a noi un mega grattacielo con il nome del nostro hotel. Bellissimo. Mentre andiamo verso l’ingresso un via vai di auto lussuose. Caspita che hotel. La hall, al primo piano, è grandissima e un enorme lampadario di cristallo scende dal soffitto. Un bancone con sei receptionist ha in carico le 1100 camere. Sono impressionato da tutto questo lusso. E noi, arrivati in bicicletta, sudati, abbiamo una camera qui.
Mi avvicino per il check-in con una cortese signorina pronta a darmi le chiavi e tutte le informazioni del caso. Purtroppo la mia prenotazione non risulta. Strano. Abbiamo una mail di conferma. Chiamo Micky che mostra la prenotazione e la ricevuta di pagamento. Niente. La signorina va a chiamare il direttore. Dopo un po’ che studiano la prenotazione ci dicono che abbiamo prenotato l’hotel gemello di quello, che ha lo stesso nome, a circa due chilometri sulla stessa strada.
Ci rimettiamo in sella, speranzosi, verso il nostro hotel. Ovviamente non è lussuoso come il precedente. Non è brutto, ma i servizi dell’altro c’è li sognamo e le stanze sono minuscole. Per noi va benissimo. Lasciamo i bagagli e ci tuffiamo dentro Tokyo.
La nostra prima tappa è Shibuya, un quartiere alla moda, punto di riferimento per lo shopping e per il divertimento dei giovani. Non c’è molto da visitare, in senso stretto, ma Shibuya è tutto da vivere e esplorare, camminando, con la bicicletta a mano, per le sue strade. La percentuale di giovanissimi è altissima.
Qui a Shibuya c’è l’incrocio più famoso del mondo. Quando scatta il rosso per le auto, la strada si riempie di migliaia di persone che la attraversano in tutte le direzioni, una scena impressionante da vedere. I palazzi intorno sono completamente coperti da schermi che proiettano musica e pubblicità varie. Tutto e coloratissimo.
Attraversiamo l’incrocio a coppie, per non lasciare incustodite le bici, in modo da poter ammirare l’orda di persone che ci viene incontro.
Continuiamo a girare per Shibuya, facciamo foto e visitiamo negozi, poi decidiamo che abbiamo fame. Ci fermiamo in un locale che serve udon, gli spaghettoni giapponesi, per una cena veloce. Si sta facendo tardi e dobbiamo iniziare a tornatene verso l’hotel, anche se questo quartiere non vorrebbe che andassimo mai a dormire.
Pedaliamo per dieci chilometri nella notte di Tokyo prima di arrivare in albergo. Tutto è luminoso e grande. Attraversiamo Roppongi, un quartiere famoso per le Roppongi Hills, un grande centro commerciale, e per i locali notturni. Finalmente arriviamo in albergo: doccia e a letto. Domani ci aspetta un’altra giornata intensa.