Siamo alle porte di Uttaradit, una piccola città nel nord della Thailandia, conosciuta come “il porto del nord”, in quanto, anticamente, era la città più a nord dell’impero.
Abbiamo percorso circa sessanta chilometri in una bella giornata soleggiata e calda, ma non soffocante, attraversando vari paesaggi: villaggi di poche anime impegnate nelle loro attività quotidiane, campagne coltivate a fragole e a riso, una giungla fitta e impenetrabile.
La nostra giornata inizia prestissimo nella nostra casa di Den Chai. Alle sette la proprietaria ci attende per la colazione, in stile thailandese. Uova e würstel, pane tostato e banane. Tutto buono ed abbondante. Possiamo caricare le bici e metterci in sella. Alle otto siamo già in sella.
I primi diciannove chilometri sono in costante salita. Ci immettiamo su uno stradone in direzione Uttaradit, che abbandoneremo a favore di strade secondarie e stradine in mezzo alla foresta, al termine della salita. Ai lati della strada immensi campi di fragole. Incontriamo numerose baracchine mobili che vendono scope e piumini da spolvero artigianali; ma quanto puliscono questi thailandesi!
Arriviamo finalmente al termine della salita. Ci immettiamo in una stradina secondaria sulla destra che scende ripidamente. Un pick up pieno di verdure e spezie ci sorpassa e si ferma cento metri davanti a noi nella speranza di venderci qualcosa. Ci fermiamo a vedere cosa possa avere. Un po’ di frutta fresca sarebbe un’ottimo spuntino. Due vecchi signori ci propongono di ogni genere di vegetale e di spezia, per la maggior parte non identificati. Ci offrono una specie di piselli dal sapore simile si lupini. Dudu, per non essere scortese, li assaggia per primo addentando quello strano baccello, salvo poi vedere il signore mangiarne solo i fagioli al suo interno. Noi, però vorremmo della frutta. Riusciamo a trovare dei mandarini, dolci e dissetanti. Perfetto. Salutiamo la, coppia di venditori e ripartiamo.
Incontriamo un occidentale in bicicletta. Uno svizzero che sta andando in direzione opposta alla nostra. Ci salutiamo e scambiamo due parole, poi ognuno riprende la propria strada.
Da lì una serie di piccoli villaggi. Le persone incuriosite da questi strani viaggiatori si affacciano per un saluto. Noi ricambiamo sorridendo. Intanto la strada si fa più stretta per poi diventare sterrata. I villaggi lasciano posto ad una campagna selvaggia prima, ad un bosco e una fitta giungla poi. Il Miche prende la telecamera per documentare quello che vede. La giungla thailandese vista con gli occhi del Miche.
Percorriamo una ventina di chilometri senza incontrare nessuno. Fortunatamente map.me, il sistema di navigazione offline che utilizziamo, ci rassicura che la strada che stiamo percorrendo è corretta. Utilizziamo il navigatore in modalità “bicicletta”. Questo fa sì che si riesca evitare il più possibile le strade principali, ma spesso ci fa percorrere strade in mezzo al niente; e questo è il bello dello strumento.
La strada ora diventa di nuovo asfaltata, e iniziamo a ritrovare segni di civiltà. Ci fermiamo a rifocillarci in un minuscolo negozio che vende un po’ di tutto, ma proprio di tutto dal cibo ai prodotti per la casa, dagli accessori per auto ai cerchietti per capelli con scritto happy new year 2002. Vende persino la benzina nelle bottiglie di vetro della Fanta. Chissà chi le compra con un benzinaio a meno di cento metri. Latte di soia, latte e waffles è quel che possiamo mangiare, ma va benissimo.
Intanto per terra continuiamo a contare i serpenti schiacciati. In tutto il giorno ne contiamo una quindicina, compreso uno vivo. Ci servono per ricordare ai bimbi di stare attenti e di non avventurarsi in posti che possono essere pericolosi.
Arriviamo a Uttaradit nel primo pomeriggio. Andiamo subito a cercare il posto dove trascorreremo la notte. È una sorta di villaggio turistico con tante casette su palafitte innalzate su di un piccolo corso d’acqua. È tutto piuttosto nuovo e molto curato; sembra che anche qui siamo gli unici ospiti, o quasi. Sicuramente è la migliore sistemazione trovata finoa oggi. Ci sistemiamo in due casette, ciascuna con una camera con letto matrimoniale ed un bagno. Io e Dudu nella casetta arancio, il Miche e Micky in quella verde.
Il villaggio è immerso nella natura. Banani e piante tropicali di qualsiasi tipo, anche se con una concezione dell’arte dei giardini, per noi, un po’ disordinata, adornano un ampio spazio verde. Un nido con un uccellino che cova le uova rende eccezionale la nostra luce esterna. Un serpente nuota tra le ninfee nel piccolo corso d’acqua.
Abbiamo,tutto il tempo di fare una bella doccia, sbrigare un po’ di lavoro in Italia e fare i compiti prima di organizzarci per la cena.
Ci vestiamo con il nostro abbigliamento antimalaria, consistente in pantaloni bianchi lunghi e maglia bianca a maniche lunghe, entrambi trattati con Bio Kill, un repellente per insetti da abiti. A dire la verità siamo gli unici a preoccuparci della malaria, presente in questa zona della Thailandia. Sembriamo dei gelatai in vacanza con la divisa di ordinanza.
Usciamo dirigendoci verso un ristorante distante meno di un chilometro da noi. Una ottima soluzione per la cena. Ordiniamo un piatto di riso ciascuno. Il Miche con pollo e uovo, Dudu con maiale e uovo molto piccante, Micky con pollo uovo e peperoncini ed io con frutti di mare e uovo. A seguire frittura di gamberi, omelette di scampi e pollo con verdure piccanti. Ormai abbiamo capito che in Thailandia non si usano coltelli a tavola. L’apparecchitura prevede solo forchetta e cucchiaio, ed effettivamente non esistono cibi da tagliare.
Consumiamo la nostra cena, ottima e abbondante, e andiamo subito a letto. Domani ci aspettano altri sessanta chilometri.
Comments
1 commentoTommaso
Dic 23, 2018Splendido video Miche…c’era un albero veramente altissimo !!!..continua a raccontarmi le tue avventure tra un serpentello ed un animaletto 🤙🏻🤙🏻🤙🏻😜