È la vigilia dell’arrivo a Mosca. Le gambe iniziano ad essere un po’ doloranti e appesantite, ma l’obiettivo è troppo vicino anche solo per pensare di lamentarsi.
Ci svegliamo nella foresteria, una lavata e una energica colazione a base di torta saker, porridge, latte e cereali e frutta. Siamo pronti per partire.
Il cielo è nuvoloso e durante la notte ha piovuto, ma le previsioni dicono che non dovrebbe piovere.
Una volta fuori ecco di nuovo il responsabile della foresteria. Cerca di comunicare con noi, ma la comunicazione è impossibile. Emette pochi monosillabi in russo. Affidiamo quindi il compito di ambasciatore della famiglia a Dudu, che si arma di pazienza, e soprattutto di Google Translator, e inizia a interagire con il barbuto cacciatore. Inizialmente il cacciatore guarda con sospetto lo strano oggetto tecnologico che ripete nella sua lingua quel che dice Dudu. Quando è il suo turno di parlare guarda il telefono e non dice niente. Dudu lo incoraggia a parlare nel telefono e da lì in poi la situazione diventa comica.
Dudu che non sa cosa dire, il traduttore che funziona così e così, il cacciatore che si è gasato e parla con il telefono che ci riporta: “Vi amo”, “Siete molto forti, anche il cucciolo rosso”, “Che il vostro percorso sia protetto dall’amore”. Come si fa a non ridere…..
Intanto abbiamo finito di caricare i bagagli e di guardare la bici di Dudu che ha aveva una ruota frenata. Possiamo partire.
Salutiamo il cacciatore sentimentale e ci mettiamo in sella.
Affrontiamo subito venti chilometri di salita più o meno costante, intervallata da qualche saliscendi.
Ora la densità di popolazione per chilometro quadrato è decisamente aumentata. Si passa da un paese all’altro con piccoli intervalli di aree boschive o campi coltivati. Anche la ricchezza sembra aumentata. Le auto Lada anni settanta, copia delle nostre vecchie Fiat sono sempre meno. Si vedono in giro le stesse auto che circolano in Italia, e quelle costose, quali BMW e Mercedes di grossa cilindrata e Porsche non sono poche.
Arriviamo a Istra, dove decidiamo di fermarci per pranzo. Un parco giochi è l’ideale. Siamo tra palazzoni con la facciata che necessiterebbe qualche intervento di ristrutturazione; per strada fili per stendere il bucato e cassonetti dell’immondizia capovolti. Eppure le auto parcheggiate intorno a noi sono decisamente belle. Parcheggiamo le biciclette e ci sediamo su una panchina dove consumiamo il pranzo. Poco più in là un gruppo di adolescenti, con abiti alla moda, iPhone con AirPods e monopattini; un ragazzino sui dieci anni fuma una sigaretta elettronica. Non hanno voglia o curiosità di comunicare con noi, ma è evidente il fatto che stiamo ridendo di noi, e non fanno niente per nasconderlo. In altre circostanze gli avremmo detto qualcosa, ma siamo in un posto che non conosciamo, le contraddizioni sono tante e l’aria che si respira è strana. Meglio lasciar perdere. Finiamo con tranquillità il nostro pranzo, riprendiamo le biciclette e ce ne andiamo.
Lungo la strada intanto i parchi con monumenti ai caduti o in ricordo della resistenza di Mosca durante la seconda guerra mondiale sono in aumento. Ogni paese che incontriamo ne ha almeno uno. Ci fermiamo in un parco con almeno una ventina di carri armati. Un tempo strumenti di morte e portatori distruzione oggi sono a disposizione dei bambini per giocare o ai pochissimi turisti che passano di qui per una foto ricordo.
I richiami alla guerra e al valore dei soldati russi sono talmente tanti che qui sembra una cosa normale. A noi non sembra normale che i bambini giochino tra i carri armati.
Per entrare a Nachabino facciamo una strada alternativa, sterrata, che passa sotto una ferrovia. Tre ragazzi parlano e ridono tranquillamente, mentre ascoltano musica rap russa e si fanno una canna. Poco più avanti il Miche cade proprio sulle ortiche. Poverino! Gli pizzica tutto e si è fatto una abrasione al ginocchio. Ci fermiamo e prendiamo il kit di pronto soccorso. Viene disinfettato e fasciato il ginocchio e messa della pomata sulle braccia tutte rosse. Passa quasi subito.
Una volta a Nachabino non ci resta che comprare la cena e cercare l’ultimo posto dove bivaccare; a Mosca dormiremo in un ostello.
Cena a base di pollo e verdure, più un aperitivo a base di crostini con salsine varie e formaggio spalmabile.
Ora il posto per la tenda. Siamo comunque in una città, e trovare un posto tranquillo e abbastanza nascosto non sarà facile! Con Map.me individuiamo una fonte dentro al Andiamo a controllare. Una stradina sterrata con villette su entrambi i lati ci conduce al posto. Il bosco è ai piedi di una piccola collina dove c’è un complesso residenziale protetto da una recinzione. Un cartello ci dice: “Siete i benvenuti in questo bosco, ma non gettate rifiuti a terra”.
Intorno persone che raccolgono i funghi o che bevono alla fonte che si getta in un piccolo corso d’acqua.
Può essere un buon posto dove dormire. Chiedo ad una famiglia che sta salendo le scale per entrare nel complesso residenziale se possiamo accamparci lì e se è un posto sicuro. Tutto ok.
Ci inoltriamo ancora un po’ nel bosco e troviamo uno spiazzo. Dudu e il Miche liberano l’area dalle ortiche, poi piantiamo la tenda.
Aperitivo, cena e a letto. Domani è il grande giorno.