Al termine di una giornata che, senza dubbio alcuno, è stata quella meteorologicamente più difficile dell’intero viaggio, siamo all’asciutto in una cabin nell’isola di Mossala, una delle isole dell’Archipelago National Park. Il suo mare è una riserva della biosfera dell’UNESCO per la ricchezza di specie che lo popolano.
Il nome di quest’isola era originariamente in finlandese Mustasalo, ma visto che nell’arcipelago il 63% dei circa 220000 residenti parla svedese, sotto tale influenza, il nome cambiò in Mossala. L’isola copre un’area di 7,19 chilometri quadrati e ha una popolazione di 68 persone. Un grande resort, che offre dalle piazzole per tende e caravan, alle cabin, ai cottage fino alle ville, praticamente domina un’intera parte dell’isola.
Ci svegliamo a Uusikaupunki. Fuori una pioggia intensa e penetrante. Non sono goccioloni, ma si tratta di una pioggia continua, fitta, che bagna. L’umidità arriva subito alle ossa. Vorremmo aspettare un po’, ma sarebbe un esercizio inutile. Oggi sarà tutto il giorno così.
Carichiamo le bici e partiamo. La strada verso Taivassalo, l’unica piccola cittadina che incontreremo oggi, attraversa campagne e foreste; alcuni cartelli segnalano il pericolo di attraversamento alci. Piove intensamente e un forte vento tende a spingerci verso il centro della carreggiata. Una sosta sotto una grande quercia ci permette di riscaldarci un attimo viso e mani, indossare guanti in goretex e fare uno spuntino a base di cioccolato e frutta secca.
Ripartiamo, sempre sotto la pioggia. A Taivassalo c’è l’unico supermercato, per altro poco fornito, che incontreremo nella giornata. Arriviamo bagnati come pulcini. Facciamo un pranzo veloce a base di tramezzini e umidità e una spesa per cena e colazione.
Siamo infreddoliti, tanto che ci viene il dubbio se proseguire o fermarci e ripartire con condizioni meteo migliori. Ci facciamo coraggio e decidiamo di ripartire in direzione del traghetto che ci porterà sulla prima isola.
Attraversiamo un ponte in cui la pioggia e il vento non ci consentono di alzare la testa. Finalmente arriviamo sul piccolo molo; ci mettiamo in fila insieme a decine di auto e camper.
Cerchiamo di capire come funzionano i traghetti, ma è scritto tutto rigorosamente in finlandese e svedese. Una signora che viaggia in camper in compagnia di un’amica si avvicina a noi. È sulla sessantina, i capelli di un rosso acceso ed un simpatico viso paffuto. Ci spiega che tutti i traghetti sono gratuiti eccetto uno, inoltre le biciclette entrano ed escono per ultime.
Arriva il traghetto. Una chiatta gialla. Ha il posto soltanto per i mezzi; nessuna poltroncina né sedia. Ci imbarchiamo e in poco più di dieci minuti siamo dall’altra parte.
Ogni isola è come un enorme scoglio emerso dal mare, conquistata dalla vegetazione nel corso dei millenni. Non esiste un isola piatta. Appena sbarcati c’è subito da salire per poi scendere fino al molo dal quale prenderemo il traghetto successivo.
Una volta attraversata l’isola è la volta di imbarcarsi sul secondo traghetto. L’unico a pagamento. Dodici euro per ciascuna bicicletta, conducente compreso. Siamo infreddoliti e bagnati. Fortunatamente questo traghetto ha un piccolissimo bar self service al coperto. Il bar Antonia si trova nel primo dei quattro ponti. È circa quattro metri quadrati, ha due tavolinetti con due sgabelli ciascuno e un bancone fornito di cibo, snack , bevande fredde e calde. Una scatolina sul banco serve per raccogliere i soldi della merce consumata. Ci ripariamo nel piccolo bar. Quarantacinque minuti di viaggio che ci consentono di riscaldarci prima di uscire di nuovo nella bufera.
Altri chilometri di pioggia ed arriviamo al molo in tempo per l’ultimo traghetto della giornata che ci porta a Mossala.
La reception del Mossala Island Resort è a poche centinaia di metri da noi. Una ragazza bionda con l’uniforme del resort ci accoglie con l’atteggiamento di chi vorrebbe essere in ben altro luogo piuttosto che al lavoro. Prendiamo una cabin poiché la necessità di passare la notte in un posto caldo è forte.
Il resort si trova all’interno del parco naturale. Un percorso conduce su una collina sulla cui sommità è stata innalzata una torre in legno dalla quale si ha una vista a 360 gradi sull’arcipelago. Saliamo a piedi sulla collina e poi sulla torre. Il panorama è mozzafiato; gli unici rumori sono i suoni della natura. Un momento che ci riconcilia con il mondo.
Torniamo nella nostra cabin. Una minestra calda immagazzinata nella nostra cambusa e preparata nella mini cucina ci riscalda. Ora possiamo andare a dormire nella speranza di una giornata di sole.