In sei giorni abbiamo conquistato e siamo stati conquistati dalla Polonia, con la sua natura, i suoi colori e i suoi profumi. Una nazione ordinata e pulita, dove non abbiamo mai avuto la sensazione di dover temere per noi stessi o per le nostre cose. La sua popolazione, a parte alcune persone piacevoli conosciute nel nostro percorso, non ci è sembrata molto empatica con noi, ma piuttosto ostile e scorbutica, forse perché non hanno molto a che fare con i turisti. Tuttavia il nostro verdetto unanime rimane che è una nazione da scoprire. Una bella sorpresa.
Ci svegliamo in tenda dopo una nottata di tuoni e fulmini. Ha piovuto incessantemente e ci siamo svegliati più volte, preoccupati per quello che potrà riservarci la giornata.
Al risveglio non piove quasi più. Facciamo colazione, carichiamo le bici, indossiamo la maglia termica e la giacca antipioggia pronti a percorrere gli ultimi chilometri di Polonia.
Pedaliamo lungo una strada tra boschi e laghi; un cartello ci informa che siamo sulla Eurovelo 11.
Le Eurovelo sono una rete di 15 lunghissimi itinerari ciclistici che attraversano tutta l’Europa. L’Eurovelo 11, detta anche strada dell’Europa dell’est è lunga 5964 chilometri e unisce Capo Nord ad Atene.
Intanto attraversiamo una grande foresta di abeti rossi. Guardando dentro la foresta si rimane ipnotizzati dallo scorrere di questi tronchi alti oltre trenta metri. Nell’aria un forte e piacevole odore di resina.
Usciamo dalla foresta, il panorama, bellissimo, ci confonde. Per tipologia di alberi e vegetazione sembra di essere in montagna, invece siamo al livello del mare. Quel che cambia rispetto all’Italia è la latitudine.
Percorriamo un tratto di strada statale, quella che porta dritta al confine, che si trova ad una ventina di chilometri. Il traffico è sensibile e grandi autoarticolati, che trasportano tronchi di alberi, ci sfrecciano accanto. Un susseguirsi di saliscendi impegnativi e un vento forte e contrario rendono piuttosto complicato l’avanzare. Il Miche è visibilmente in crisi; fortunatamente c’è un paesino di frontiera a otto chilometri da noi. Un pranzo caldo con zuppe e cotoletta di maiale per me e Micky, hamburger per i bimbi e un gelato per tutti, ripristina le forze e alza il morale.
Siamo pronti a riprendere il viaggio. Una strana chiesa sembra la casa della famiglia Addams, mentre un’anziana signora si germe a conversare con noi, che rispondiamo sorridendo non comprendendo una sola parola.
Mancano sedici chilometri al confine, che percorriamo quasi interamente in sterrato. Intorno a noi il solito panorama di laghi e foreste, che ora sembra scontato, ma riesce ancora ad emozionarci e sorprenderci. Le “ondine”, una serie interminabile di piccoli dossi di sabbia dura e compatta, che percorrono orizzontalmente la strada, ci fanno sussultare e rendono il procedere faticoso.
Arriviamo al confine, lungo la strada sterrata. Per come stiamo viaggiando è il modo migliore di attraversarlo. Nel bosco. La natura è la padrona incontrastata.
Un paletto in cemento indica la fine della Polonia e l’inizio della Lituania. Un metro dopo un cartello ci avvisa che siamo nella repubblica di Lituania e uno striscione ci da il benvenuto nella terra dei fiumi e dei laghi.
In Lituania cambia l’orario, quindi dobbiamo spostare le lancette dell’orologio un’ora avanti. Foto di rito e relax, dopodiché ripartiamo.
Da svariati chilometri avanziamo soli nel bosco, proseguendo verso la nostra fine tappa, Veisiejai. Giriamo in un viottolo; l’erba è alta e la pioggia della notte ha reso difficile pedalare. Proseguiamo un pezzo a piedi. Fortunatamente nel giro di un paio di chilometri il viottolo si apre in una stradella più larga. Pedaliamo su sterrato per altri quindici chilometri, fino quasi dentro al nostro paese.
Finalmente l’asfalto. Arriviamo in paese. La bici di Micky rompe la catena. Procediamo a piedi fino al primo supermercato, così mentre io riparo la bici, il resto della ciurma provvede a fare la spesa.
Complice il cambio di ora si è fatto decisamente tardi e dobbiamo trovare un posto dove piantare la tenda. Chiediamo a delle ragazze fuori da un piccolo locale. Ci dicono che possiamo piantare la tenda dove vogliamo e che il paese è sicuro. Telefonano ad un loro amico che ci raggiunge in bicicletta.
Malvas è il direttore del centro informazioni turistiche locale. Ci dice che il paese è sicuro e che possiamo campeggiare liberamente. Non ci sono animali pericolosi, ed i lupi si tengono alla larga dall’uomo. Ci informa che a due chilometri di distanza, in un parco naturale, in riva ad un lago, c’è un area privata dove con 10 euro si può usufruire di elettricità e servizi. Perfetto!
Ci accompagna per un tratto, poi ci da indicazioni. È un paradiso. Solo noi, due anziani locali e una coppia di tedeschi.
Inizia a calare il buio, Micky e Dudu piantano la tenda sotto un enorme albero di betulla, io provvedo a preparare la cena.
Uova al formaggio, frutta e un dolce alle ciliegie, dolcissimo.
Dopo settantotto chilometri, di cui almeno trenta di sterrato, più o meno complicato, siamo stanchissimi. Speriamo di riposare bene.
Comments
1 commentoTommaso
Ago 23, 2019La corsa degli uomini più lenti….😂😂😂😂