Stiamo chiusi nella nostra casetta tra la giungla, piantagioni di albero della gomma e piantagioni di palma da olio. Fuori una pioggia torrenziale ci crea qualche preoccupazione per il proseguo del viaggio. Sta arrivando il ciclone Pabuk, che in queste ore sta investendo le isole del golfo del Siam, ma si sta velocemente spostando nella nostra direzione. Abbiamo la televisione accesa. Più o meno tutti i canali trasmettono edizioni speciali dedicate alla tempesta, la più devastante degli ultimi trent’anni. Le immagini satellitari e le previsioni indicano come si sta spostando il ciclone.
Nella stanza di fianco un ciclista tedesco, in viaggio per mezzo mondo con la sua bici, sta cercando un riparo.
La mattina ci siamo svegliati alla stessa ora. È ancora buio. I nostri vicini sembra che stessero aspettando con impazienza il momento in cui ci saremmo svegliati. Dopo un minuto scarso dall’istante in cui accendiamo la luce, la nonna bussa alla porta. Ha delle uova in mano e sembra ci voglia chiedere se ne vogliamo. Noi rispondiamo con un “si” seguito da un sorriso, senza sapere bene a cosa abbiamo detto si. Ricompare dopo un po’ con quattro uova fritte per noi. Ottimo inizio.
Il tempo non promette niente di buono e la signora cerca prima di mimarci la pioggia e poi fa delle brutte facce per dirci che è spaventata. Ci fa un po’ sorridere, intanto ringraziamo e sorridiamo e ce ne saliamo in sella.
Andiamo a vedere il piccolo porticciolo del villaggio di pescatori, dove tutti sono indaffarati nei propri mestieri. Stanno mettendo a seccare le seppie. Imbocchiamo poi la stradina che ci conduce alla strada principale, che ci accompagnerà per tutta la giornata con con i suoi faticosi saliscendi. Per tutta la mattina siamo accompagnati da una noiosa pioggerellina, fine ed insistente. La strada è monotona, se non fosse per gli animali che pascolano ai suoi lati e la moltitudine di piante fiorite che addobbano il paesaggio come se fosse una occasione speciale.
Una stazione di servizio ci offre riparo per uno scroscio particolarmente violento. Ne approfittiamo per fare una sosta un po’ più lunga e mangiare qualcosa.
Riprendiamo il nostro viaggio, senza fermarci più fino a pranzo. Dopo aver pedalato tutta la mattina sotto la pioggia ci vuole qualcosa di caldo per contrastare l’umidità che abbiamo addosso.
Dopo poco imbocchiamo una strada che diventa subito sterrata. Ai lati piantagioni di alberi della gomma, con la corteccia incisa obliquamente e una ciotola a raccoglierne il lattice che serve per la produzione del caucciù.
Noi ci fermiamo ad ammirare da vicino questa pianta che ci incuriosisce e che non è endemica del sud est asiatico, ma originaria delle foreste amazzoniche. Dudu raccoglie una pallina di lattice come un vero esploratore.
Proseguendo il nostro percorso verso il posto dove trascorreremo la notte una piccola scimmia legata ad un albero attira la nostra attenzione. Ci dispiace vedere una scimmietta legata, invece che libera nel suo ambiente naturale. Cerchiamo di darle qualcosa da mangiare, ma fa la timida. Si gira mettendosi il dito in bocca e mostrandoci il sedere. Con un po’ di pazienza Dudu inizia a conquistare la sua fiducia. Prima le mette un pezzo di croccante sull’albero; la scimmietta ci pensa un po’, poi lo prende le lo mangia.
Successivamente Dudu rimane fermo con un pezzo di croccante in mano; un attimo di studio e poi lei glielo prende dalla mano. Infine la scimmietta scende dall’albero, e, prima va ad abbracciare Dudu, e poi gli sale in braccio come fosse un bambino. Dudu è emozionantissimo, tanto che non vorrebbe più andare via.
Inizia a piovere di nuovo, dobbiamo muoverci. Fortunatamente la camera che abbiamo preso in affitto è distante soltanto due chilometri.
Alla struttura, che dispone di poche camere, ci attende un signore che ci dice subito, in un inglese stentato, ma comprensibile, che sta arrivando il ciclone, pertanto è meglio se lasciamo le bici e attendiamo qualche giorno che passi. Come qualche giorno?
Ci sistemiamo nelle camere e avvisiamo il vicino ristorante che ceneremo lì per le sei e quarantacinque. Senza clienti avrebbe chiuso e noi saremmo rimasti senza cena.
Intanto arriva un nuovo ospite del resort. È un ciclista berlinese di trent’anni, Samuel. Biondissimo, magrissimo, capelli e barba lunghissimi, ma una faccia pulita che esprime simpatia. È fuori da otto mesi ed ha percorso gli Stati Uniti, dal Canada al Messico, con la sua bici, attraversando Idaho, Utah e Arizona in fuoristrada per poi spostarsi nel sud-est asiatico dove ha percorso il Vietnam, il Laos e ora è qui in Thailandia. È arrivato al resort per ripararsi dal ciclone, perché dorme prevalentemente in tenda.
Lo invitiamo ad unirsi con noi a cena e lui accetta volentieri. Parliamo di viaggi e di biciclette, di esperienze e delle prossime mete. La serata scorre piacevolmente. Poi è ora di andare a dormire.
Non sappiamo se domattina potremo partire; dobbiamo monitorare l’andamento del ciclone e vedere che tempo farà. La voglia di fare la tappa sui pedali è tanta, ma non faremo cose stupide. Prima di tutto la sicurezza. Domattina decideremo.
Comments
1 commentoGiovannella
Gen 6, 2019Che sanitari!!!!