Santiago de Compostela. Diciassette tappe di sveglie atroci, fatica, caldo, freddo, sudore per arrivare qui, davanti alla tomba dell’apostolo Giacomo. Si può credere o non credere. Si può fare il cammino per motivi religiosi, personali, o turistici, ma è difficile rimanere insensibili e non emozionarsi quando si arriva alla cattedrale di Santiago.
Siamo partiti un’ora prima dell’alba. L’ultimo giorno doveva essere speciale. Una pedalata nel bosco al buio, aspettando di vedere albeggiare. Non eravamo soli. I sentieri erano già percorsi da pellegrini ansiosi di arrivare alla meta di prima mattina. Una sosta a Lavacolla, dove i pellegrini usavano lavarsi e lavare i propri vestiti nel ruscello per arrivare a Santiago puliti. Qui si lascia un biglietto con un pensiero, una preghiera, un desiderio e se ne prende uno a caso da portare a Santiago affinché venga ascoltato. Poi via, a seguire i pellegrini verso Santiago.
Ultima salita del monte Gozo e poi giù in discesa fino a Santiago. Emozionante veder spuntare le guglie della cattedrale tra le case. Siamo davvero vicini. La piazza della cattedrale colma di gente. Chi canta, chi piange, chi si abbraccia. Tutti ripercorrono mentalmente il viaggio è i sacrifici fatti per essere li.
Un saluto e un abbraccio ad alcuni pellegrini che abbiamo incontrato e con i quali abbiamo condiviso una camera, una sosta, una cena e via a prendere la meritata Compostela. Tutti ordinati in fila a scambiarsi impressioni sul viaggio aspettando il proprio turno per vedere compilare la propria Compostela.
Una visita alla cattedrale, un giro della città e poi all’alloggio per pellegrini a prepararsi per domani. L’alloggio è un vecchio convento, spartano ma pieno di fascino. Giusto il tempo di gustare il sapore del risultato raggiunto che si deve pensare alla prossima tappa.
L‘avventura non è ancora finita. Ci aspettano ancora tre giorni di pedalate per raggiungere prima Muxia e poi Finisterre. Cena in compagnia di compagni di viaggio e nanna.
Notte a tutti.