Siamo a Koh Yao Noi, un’isola nella baia di Phang Nga a metà strada tra Phuket e Krabi. Un’isola risparmiata dal turismo di massa, abitata per la maggior parte da discendenti dei Sea Gypsy, nomadi del mare, di religione musulmana. Qui lo stile di vita è quello di una volta, e i residenti difendono l’isola dalla cementificazione, preferendo dedicarsi alla pesca e dall’agricoltura. L’isola è ricca di villaggi di pescatori lungo le coste, mentre nell’interno distese di piantagioni di riso, cocco, papaia, mango, ananas e albero della gomma caratterizzano il paesaggio.
Ci svegliamo con una certa calma, dato che l’unica barca che da Phang Nga porta a Koh Yao Noi è all’una del pomeriggio e il porticciolo è distante appena nove chilometri. Colazione, un po’ di compiti per i bimbi e un po’ di lavoro per noi. Per le dieci siamo in sella e prima delle undici al molo per fare i biglietti. Nessuna biglietteria, viene però chiamato un tizio che dopo dieci minuti è li. Contrattiamo il costo di un passaggio, onestamente caro, e lo seguiamo fino alla sua barca. Noi in bici, il Miche comodamente sul cassone del pick-up.
Due ore da aspettare, ma almeno siamo sicuri di avere il posto.
Una vecchia barca costruita in legno e corde impregnate di cera ci aspetta attraccata tra le mangrovie. Siamo i soli occidentali. Qualcuno ride a vedere imbarcare le nostre bici, tra generi di conforto, e capre, qualcuno forse ci prende in giro, ma a noi non importa.
Un’ora e mezzo di navigazione in uno scenario unico tra decine di isolette che si alzano a picco dal mare per centinaia i metri. Cerchiamo di memorizzare il più possibile di questi paesaggi, che probabilmente non vedremo mai più, sentendoci allo stesso tempo piccoli in confronto a tanta maestosità.
Arriviamo a Koh Yao Noi. Siamo gli ultimi a sbarcare insieme alle nostre bici. Il nostro resort è a circa cinque chilometri. Pochi turisti.
Nell’isola sono numerosi i buceri rinoceronte, grandi uccelli con una specie di corno sopra il becco, scimmie e pitoni.
Una brutta caduta del Miche ci fa temere il peggio per la sua mano, ma fortunatamente solo un bel livido e tanta paura.
Pedaliamo con il verde della giungla da una parte e l’azzurro del mare dall’altra. La strada è piacevole con qualche saliscendi non impegnativo.
Arriviamo al resort. Il proprietario ci mostra dei bungalow spartani. Sono in legno con bagno all’esterno; tutto si addice all’ambiente in cui siamo. Ci spogliamo e andiamo sulla spiaggia, una lingua di sabbia tra le mangrovie, per un bagno rinfrescante. Entrando in acqua, dopo pochi metri, la sabbia diventa melma e fare il bagno non è il massimo.
Meglio una doccia, ed a seguire un massaggio si gruppo con olio di cocco nel vicino centro massaggi; probabilmente è l’ultimo prima di partire.
Una cena thai piuttosto veloce e poi in camera perché Dudu deve fare ancora tanti compiti e deve studiare.
Domani lasceremo l’isola per tornare sulla terraferma a nord di Krabi.
Comments
1 commentoGiovannella
Gen 11, 2019Che bei posti….fuori dal mondo!